p. Raniero Cantalamessa โ€“ Prima Predica di Avvento 2018 โ€“ 7 Dicembre 2018

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Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater, alla presenza del Santo Padre Francesco, il Predicatore della Casa Pontificia, P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Avvento sul tema: โ€œLโ€™anima mia ha sete del Dio viventeโ€ (Salmo 42, 2).

Padre Raniero Cantalamessa tiene la prima predica di Avvento alla presenza del Papa

Lโ€™anima mia ha sete del Dio vivente

Santo Padre, Venerabili Padri, fratelli e sorelle, nella Chiesa siamo cosรฌ incalzati da compiti da assolvere,  problemi da affrontare, sfide a cui rispondere, che rischiamo di perdere di vista, o lasciare come sullo sfondo, il โ€œporro unum necessariumโ€ del Vangelo, e cioรจ il nostro rapporto personale con Dio. Oltre tutto, sappiamo per esperienza che un rapporto personale autentico con Dio รจ la prima condizione per affrontare tutte le situazioni e i problemi che si presentano, senza perdere la pace e la pazienza.

Ho pensato perciรฒ di lasciare da parte, in queste prediche di Avvento, ogni riferimento a problemi di attualitร . Cercheremo di fare quello  che santa Angela da Foligno raccomandava ai suoi figli spirituali: โ€œraccoglierci in unitร  e inabissare la nostra anima nellโ€™infinito che รจ Dioโ€[1]. Fare un bagno mattutino di fede, prima di iniziare la giornata di lavoro.

Il tema di queste prediche di Avvento  (e, se Dio lo vorrร , anche della Quaresima) sarร  il versetto del Salmo: โ€œLโ€™anima mia ha sete del Dio viventeโ€ (Sal 42, 2). Gli uomini del nostro tempo si appassionano a cercare segnali dellโ€™esistenza di esseri viventi e intelligenti su altri pianeti. รˆ una ricerca legittima e comprensibile anche se tanto incerta. Pochi perรฒ cercano e studiano segnali dellโ€™Essere vivente che ha creato lโ€™universo, che รจ entrato in esso, nella sua storia, e vive in esso. โ€œIn lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamoโ€ (Atti 17, 28) e non ce ne accorgiamo. Abbiamo il Vivente reale in mezzo a noi e lo trascuriamo per cercare esseri viventi ipotetici che, nel migliore dei casi, potrebbero fare ben poco per noi, certo non salvarci dalla morte.

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Quante volte siamo costretti a dire a Dio, con santโ€™Agostino: โ€œTu eri con me, ma io non ero con teโ€[2]. Al contrario di noi, infatti, il  Dio vivente ci cerca, non fa altro dalla creazione del mondo. Continua a dire: โ€œAdamo, dove sei?โ€ (Gen 3,9). Noi ci proponiamo di captare i segnali di questo Dio vivente, di rispondere al suo appello, di โ€œbussare alla sua portaโ€, per entrare in un contatto nuovo, vivo, con lui.

Ci appoggiamo sulla parola di Gesรน: โ€œCercate  e troverete, bussate e vi sarร  apertoโ€ (Mt 7,7). Quando si leggono queste parole, si pensa immediatamente che Gesรน prometta di darci tutte le cose che gli chiediamo, e rimaniamo perplessi perchรฉ vediamo che questo raramente si realizza. Egli perรฒ intendeva dire soprattutto una cosa: โ€œCercatemi e mi troverete, bussate e vi aprirรฒโ€. Promette di dare se stesso, al di lร  delle cose spicciole che gli chiediamo, e questa promessa รจ sempre infallibilmente mantenuta. Chi lo cerca, lo trova; a chi bussa, lui apre e una volta trovato lui, tutto il resto passa in seconda linea.

Lโ€™anima che ha sete del Dio vivente lo troverร  infallibilmente e con lui e in lui troverร  tutto, come ci ricordano le parole di Santa Teresa dโ€™Avila:  โ€œNulla ti turbi, nulla ti spaventi; tutto passa, Dio non cambia; la pazienza ottiene tutto; chi possiede Dio non manca di nulla. Solo Dio bastaโ€. Con questi sentimenti iniziamo il nostro cammino di ricerca del volto di   Dio vivente.

Tornare alle cose!

La Bibbia รจ punteggiata di testi che parlano di Dio come del โ€œviventeโ€.  โ€œEgli รจ il Dio viventeโ€, dice Geremia (Ger 10,10); โ€œIo sono il viventeโ€, dice Dio stesso in Ezechiele (Ez 33,11). In uno dei salmi piรน belli del salterio, scritto durante lโ€™esilio, lโ€™orante esclama: โ€œLโ€™anima mia ha sete di Dio, del Dio viventeโ€ (Sal 42,2). E ancora: โ€œIl mio cuore e la mia carne esultano nel Dio viventeโ€ (Sal 84, 3). Pietro, a Cesarea di Filippo, proclama Gesรบ โ€œFiglio del  Dio viventeโ€ (Mt 16, 16).

Si tratta evidentemente di una metafora tratta dallโ€™esperienza umana. Israele si รจ rassegnato a usarla per distinguere il suo Dio dagli idoli  delle genti che sono divinitร  โ€œmorteโ€. In contrasto con essi, il Dio della Bibbia รจ โ€œun Dio che respiraโ€ e il suo respiro o soffio (ruah) รจ lo Spirito Santo.

Dopo il lungo predominio dellโ€™idealismo e il trionfo dellโ€™โ€ideaโ€, in tempi a noi piรน vicini, anche il pensiero secolare ha avvertito il bisogno di un ritorno alla โ€œrealtร โ€ e lโ€™ha espresso nel grido programmatico: โ€œTornare alle cose!โ€ [3]. Cioรจ: non fermarsi alle formulazioni date della realtร , alle teorie costruitevi sopra, a ciรฒ che comunemente si pensa intorno ad essa, ma puntare direttamente alla realtร  stessa che sta alla base di tutto; rimuovere i vari strati di terra riportata e scoprire la roccia sottostante.

Dobbiamo applicare questo programma anche allโ€™ambito della fede. Della fede, infatti, san Tommaso dโ€™Aquino ha scritto che โ€œnon termina alle enunciazioni, ma alle coseโ€ [4]. Quando si tratta della โ€œcosaโ€ suprema nellโ€™ambito della fede, cioรจ di  Dio, โ€œtornare alle coseโ€, significa tornare al Dio vivente; sfondare, per cosรฌ dire, il terribile muro dellโ€™idea che ci siamo fatti di lui e correre, come a braccia aperte, incontro a Dio in persona. Scoprire che Dio non รจ unโ€™astrazione, ma una realtร ; che tra le nostre idee di  Dio e il  Dio vivo cโ€™รจ la stessa differenza che tra un cielo dipinto su un foglio di carta e il cielo vero.

Il programma: โ€œTornare alle cose!โ€ ha avuto unโ€™applicazione giustamente famosa: quella che ha portato alla scoperta che le coseโ€ฆesistono. Vale la pena rileggere la pagina famosa di Sartre:

โ€œEro al giardino pubblico. La radice del castagno sโ€™affondava nella terra, proprio sotto la mia panchina. Non mi ricordavo piรน che era una radice. Le parole erano scomparse, con esse, il significato delle cose, i modi del loro uso, i tenui segni di riconoscimento che gli uomini hanno tracciato sulla loro superficie. Ero seduto, un poโ€™ chino, a testa bassa, solo, di fronte a quella massa nera e nodosa, del tutto brutta, che mi faceva paura. E poi ho avuto un lampo dโ€™illuminazione. Ne ho avuto il fiato mozzo. Mai prima di questi ultimi tempi, avevo presentito ciรฒ che vuol dire โ€˜esistereโ€™. Ero come gli altri, come quelli che passeggiano in riva al mare nei loro abiti primaverili. Dicevo come loro: โ€˜Il mare รจ verde; quel punto bianco, lassรน, รจ un gabbianoโ€™, ma non sentivo che ciรฒ esisteva, che il gabbiano era un gabbiano-esistente; di solito lโ€™esistenza si nasconde. รˆ lรฌ attorno a noi, รจ noi, non si puรฒ dire due parole senza parlare di essa e, infine, non la si toccaโ€ฆE poi, ecco: dโ€™un tratto, era lรฌ, chiaro come il giorno: lโ€™esistenza sโ€™era improvvisamente svelataโ€[5].

Il filosofo che ha fatto questa โ€œscopertaโ€ si dichiarava ateo, perciรฒ non รจ andato oltre la costatazione che io esisto, che il mondo esiste, che le cose esistono. Noi perรฒ possiamo partire da questa esperienza e farne il trampolino di lancio per la scoperta di un altro Esistente, la scintilla che rende possibile unโ€™altra illuminazione. Quello che รจ stato possibile con la radice di castagno, perchรฉ non dovrebbe infatti essere possibile con Dio? รˆ forse Dio, per la mente dellโ€™uomo, meno reale di quanto la radice di castagno lo sia per il suo occhio? I Padri non esitavano a mettere a servizio della fede le intuizioni di veritร  presenti nei filosofi pagani, anche di quelli la cui autoritร  veniva volentieri addotta contro i cristiani. Noi dobbiamo imitarli e fare lo stesso nel nostro tempo.

Cosa possiamo dunque ritenere della โ€œilluminazioneโ€ di quel filosofo? Nessuna applicazione diretta, o di contenuto, ma solo una indiretta e di metodo. Letto con una certa disposizione dโ€™animo favorita dalla grazia, quel racconto sembra fatto apposta per scuoterci dallโ€™abitudine, per suscitare in noi dapprima il sospetto, poi la certezza che esiste una conoscenza di Dio che ancora ci รจ ignota. Che, forse, prima dโ€™ora, neppure noi abbiamo mai intuito cosa vuole dire che Dio โ€œesisteโ€, che egli รจ un Dio-esistente, o, come dice la Bibbia, un Dio-vivente. Che abbiamo dunque un compito davanti a noi, una scoperta da fare: scoprire che Dio  โ€œcโ€™รจโ€, tanto da averne, anche noi, per un istante, il fiato mozzo! Sarebbe lโ€™avventura della vita.

Ci aiuta a capire di che si tratta lโ€™esperienza di certi convertiti, ai quali lโ€™esistenza di  Dio si รจ rivelata improvvisamente, a un certo punto della vita, dopo averla tenacemente ignorata o negata.

Uno di essi รจ stato il giornalista francese Andrรจ Frossard, morto il 2 Febbraio del 1995. Cosรฌ egli descrive la sua vita prima della conversione:

โ€œDio non esisteva. La sua immagine, le immagini in sostanza che evocano lโ€™ esistenza sua o di quella che potrebbe esserne detta la discendenza storica: i santi, i profeti, gli eroi della Bibbia, non figuravano affatto in casa nostra. Nessuno ci parlava di lui. Eravamo degli atei perfetti, di quelli che non si pongono piรน interrogativi sul loro ateismo. Gli ultimi anticlericali che si scagliavano ancora contro la religione nelle riunioni pubbliche ci parevano patetici ed un poโ€™ ridicoli, quali lo sarebbero degli storici che si impegnassero a confutare la favola di Cappuccetto Rossoโ€.

In una giornata dโ€™estate, stanco di aspettare lโ€™amico con cui aveva un appuntamento, il giovane Frossard entra nella chiesa vicina, osserva la sua architettura e guarda le persone che vi pregano. Ed ecco come egli narra ciรฒ che accadde:

โ€œDapprima mi vengono suggerite queste parole: โ€œVita Spiritualeโ€. Non dette, e neppure formate da me stesso: sentite come se fossero pronunciate accanto a me sottovoce da una persona che veda ciรฒ che io non vedo ancora. Lโ€™ultima sillaba di questo preludio sussurrato raggiunge appena in me il filo della coscienza, che comincia la valanga a rovescio. [โ€ฆ] Come descriverlo con queste povere parole? Un altro mondo dโ€™uno splendore e dโ€™ una densitร  che rimandano di colpo il nostro tra le ombre fragili dei sogni realizzabili. Questo mondo,  รจ la realtร , la veritร : la vedo dalla sponda oscura su cui sono ancora trattenuto. Cโ€™ รจ un ordine nellโ€™ universo, ed alla sommitร , al di lร  di questo velo di nebbia risplendente, lโ€™ evidenza di Dio, lโ€™evidenza fatta presenza e lโ€™evidenza fatta persona di colui che un istante  prima avrei negato [โ€ฆ] La sua irruzione straripante, totale, sโ€™ accompagna con una gioia che non รจ altro che lโ€™ esultanza del salvatoโ€

Uscito di chiesa, il suo amico, vedendo che qualcosa รจ accaduto, gli domanda: โ€œChe ti succede? โ€“ โ€œ Risponde: โ€œSono cattolicoโ€, e, come se temessi di non essere stato sufficientemente esplicito, aggiunsi โ€œapostolico e romanoโ€.

Lโ€™espressione che nella nostra lingua meglio esprime questo avvenimento รจ: accorgerci di Dio. โ€œAccorgersiโ€  indica  un improvviso aprirsi degli occhi, un soprassalto della coscienza, per cui cominciamo a vedere qualcosa che era lรฌ anche prima, ma che  non vedevamo.

Proviamo a rileggere, sullโ€™onda dellโ€™ โ€œilluminazioneโ€ descritta da Sartre, lโ€™episodio del roveto ardente. Ci servirร , tra lโ€™altro, per costatare come anche il moderno pensiero โ€œesistenzialeโ€ ci puรฒ aiutare a scoprire, nella Bibbia, qualcosa di nuovo, che il pensiero antico, tutto orientato in senso ontologico, pur con tutta la sua ricchezza, non era in grado di cogliere.

La pagina della Bibbia che narra del roveto ardente (Es 3, 1 ss.) รจ essa stessa un roveto ardente. Brucia, ma non si consuma. A distanza di millenni non ha perso nulla del suo potere di veicolare il senso del divino. Essa mostra, meglio di ogni discorso, cosa succede quando si incontra davvero il Dio vivente. โ€œMosรจ pensรฒ: โ€˜Voglio avvicinarmiโ€ฆโ€™โ€. Ancora pensa e vuole. รˆ padrone di sรฉ; รจ lui che conduce (o crede di condurre) il gioco. Ma ecco che il divino irrompe con il suo essere e impone la sua legge. โ€œMosรจ, Mosรจ! Non avvicinarti. Io sono il Dio di tuo padreโ€. Tutto รจ improvvisamente cambiato. Mosรจ diventa di colpo docile, remissivo. โ€œEccomi!โ€, risponde e si vela il viso, come i Serafini si coprivano gli occhi con le ali (cf. Is 6, 2). Il โ€˜numinosoโ€™ รจ nellโ€™aria. Mosรจ entra nel mistero.

In questa atmosfera Dio rivela il suo nome: โ€œIo sono colui che sonoโ€. Trapiantata sul terreno culturale ellenistico, giร  con i Settanta, questa parola era stata interpretata come una definizione di ciรฒ che Dio รจ, lโ€™Essere assoluto, come unโ€™affermazione della sua essenza piรน profonda. Ma una  tale interpretazione, dicono oggi gli esegeti, รจ โ€œdel tutto estranea al modo di pensare dellโ€™Antico Testamentoโ€. La frase significa piuttosto: โ€œIo sono colui che ci sono; o piรน semplicemente ancora: โ€œIo ci sono (o Io ci sarรฒ) per voi!โ€[6]. Si tratta di unโ€™affermazione concreta, non astratta;  si riferisce piรน allโ€™esistenza di Dio che non alla sua essenza, piรน al suo โ€œesserciโ€, che non a โ€œche cosa รจโ€. Non siamo lontani dallโ€™ โ€œIo vivoโ€, โ€œIo sono il viventeโ€, che Dio pronuncia in altre parti della Bibbia.

Quel giorno dunque Mosรจ scoprรฌ una cosa semplicissima, ma capace di mettere in moto e sostenere tutto il processo di liberazione che seguirร . Scoprรฌ che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe esiste, cโ€™รจ, รจ una realtร  presente e operante nella storia, uno su cui si puรฒ contare. Questo era, del resto, quello che Mosรจ aveva bisogno di sapere in quel momento, non unโ€™astratta definizione di Dio.

Cโ€™รจ qualcosa che accomuna lโ€™esperienza del filosofo davanti alla radice del castagno e quella di Mosรจ davanti al roveto ardente. Entrambi scoprono il mistero dellโ€™essere: il primo, lโ€™essere delle cose, il secondo lโ€™Essere di Dio. Ma mentre scoprire che Dio esiste รจ fonte di coraggio e di gioia, scoprire solo che le cose esistono non produce, a detta di quello stesso filosofo, che  โ€œnauseaโ€.

Dio, sentimento di una presenza

Cosa significa e come si definisce il Dio vivente? Per un momento ho coltivato il proposito di rispondere a questa domanda, tracciando un profilo del Dio vivente, a partire dalla Bibbia, ma poi ho visto che sarebbe stata una grande stoltezza. Voler descrivere il Dio vivente, tracciarne un profilo, sia pure fondandosi sulla Bibbia, รจ ricadere nel tentativo di ridurre il Dio vivente a idea del Dio vivente.

Quello che possiamo fare, anche nei confronti del Dio vivente, รจ oltrepassare โ€œi tenui segni di riconoscimento che gli uomini hanno tracciato sulla sua superficieโ€, rompere i piccoli gusci delle nostre idee di Dio, o i โ€œvasetti di alabastroโ€ in cui lo teniamo racchiuso, in modo che il suo profumo si espanda e โ€œriempia la casaโ€. Ci รจ maestro in questo  santโ€™Agostino.  Il santo ci ha lasciato una specie di metodo per elevarci con il cuore e la mente al Dio vivo e vero. Esso consiste nel ripetere a noi stessi, dopo ogni riflessione su Dio: โ€œMa Dio non รจ questo, ma Dio non รจ questo!โ€. Pensa alla terra, pensa al cielo, pensa agli angeli o a qualsiasi cosa o persona; pensa, infine, a quello che tu stesso pensi di Dio, e ogni volta ripeti: โ€œSรฌ, ma Dio non รจ questo, Dio non รจ questo!โ€. โ€œCerca sopra di noiโ€, rispondono, una ad una, tutte le creature interrogate [7]. Dobbiamo credere in un Dio che รจ al di lร  del Dio in cui crediamo!

Il Dio vivente, in quanto vivente, lo si puรฒ intuire vagamente, averne una specie di sentore o pre-sentimento. Si puรฒ suscitarne il desiderio, la  nostalgia. Di piรน no. Non si puรฒ racchiudere la vita in unโ€™idea. Per questo si puรฒ avere di lui piรน facilmente il sentimento, o il sentore, che non lโ€™idea, poichรฉ lโ€™idea circoscrive la persona, mentre il sentimento ne rivela la presenza, lasciandola nella sua interezza e indeterminazione. San Gregorio Nisseno parla della piรน alta forma di conoscenza di Dio come di un โ€œsentimento di presenzaโ€ [8].

Il divino รจ una categoria assolutamente diversa da ogni altra, che non puรฒ essere definita, ma solo accennata; se ne puรฒ parlare solo per analogie e per contrapposti. Unโ€™ immagine che nella Bibbia ci parla cosรฌ di Dio รจ quella della roccia. Pochi titoli biblici sono capaci di creare in noi un sentimento cosรฌ vivo di Dio -soprattutto di ciรฒ che Dio รจ per noi- quanto questo del Dio-roccia.  Cerchiamo anche noi di succhiare, come dice la Scrittura, โ€œmiele dalla rocciaโ€ (cf.  Dt 32, 13).

Piรน che un semplice titolo, roccia  appare, nella Bibbia, come una specie di nome personale di Dio, tanto da essere scritto, a volte, con la lettera maiuscola. โ€œEgli รจ la Roccia, perfetta รจ lโ€™opera suaโ€ (Dt 32, 4); โ€œIl Signore รจ una roccia eternaโ€ (Is 26, 4). Ma perchรฉ questa immagine non ci incuta spavento e soggezione per la durezza e lโ€™impenetrabilitร  che evoca, ecco che la Bibbia aggiunge subito unโ€™altra veritร : egli รจ la โ€œnostraโ€ roccia, la โ€œmiaโ€ roccia. Cioรจ una roccia per noi, non contro di noi. โ€œIl Signore รจ la mia rocciaโ€ (Sal 18,3), la โ€œroccia della mia difesaโ€ (Sal 31, 4), la โ€œroccia della nostra salvezzaโ€ (Sal 95,1).

I primi traduttori della Bibbia, i Settanta, si sono spaventati davanti a unโ€™immagine cosรฌ materiale di Dio che sembrava abbassarlo e hanno sistematicamente sostituito il concreto โ€œrocciaโ€ con astratti, quali โ€œforzaโ€, โ€œrifugioโ€, โ€œsalvezzaโ€. Ma giustamente tutte le traduzioni moderne hanno restituito a Dio il titolo originale di roccia.

Roccia non รจ un titolo astratto; non dice soltanto cosโ€™รจ Dio, ma anche cosa dobbiamo essere noi. La roccia รจ fatta per essere scalata, per cercarvi rifugio, non solo per essere contemplata da lontano. La roccia attira, appassiona.  Se Dio รจ roccia, lโ€™uomo deve diventare un โ€œrocciatoreโ€. Gesรน diceva: โ€œImparate dal padrone di casaโ€; โ€œGuardate i pescatoriโ€; san Giacomo continua dicendo: โ€œGuardate gli agricoltoriโ€. Noi possiamo aggiungere: โ€œGuardate i rocciatori!โ€. Se cala la notte o viene una bufera, non commettono lโ€™imprudenza di tentare di scendere, ma ancora di piรน si stringono alla roccia e aspettano che passi la bufera.

Lโ€™insistenza della Bibbia sul Dio-roccia ha come scopo quello di infondere nella creatura fiducia, scacciando dal suo cuore le paure. โ€œNon temiamo se trema la terra , se crollano i monti nel fondo del mareโ€, dice un salmo; e il motivo che si adduce รจ: โ€œNostra roccaforte รจ il Dio di Giacobbeโ€ (Sal 46, 3.8).

Dio cโ€™รจ e tanto basta!

Il primo biografo di san Francesco dโ€™Assisi, Tommaso da Celano, descrive un momento di buio e quasi di sconforto che il santo visse verso la fine della sua vita, a causa delle deviazioni che vedeva intorno a sรฉ dal primitivo stile di vita dei suoi frati.

Essendo turbato โ€“scrive โ€“ per i cattivi esempi, e avendo fatto ricorso un giorno, cosรฌ amareggiato, alla preghiera, si sentรฌ apostrofato a questo modo dal Signore: โ€œPerchรฉ tu, omiciattolo, ti turbi? Forse io ti ho stabilito pastore del mio Ordine in modo tale che tu dimenticassi che io ne rimango il patrono principale?  [โ€ฆ] Non turbarti dunque, ma attendi alla tua salvezza perchรฉ se lโ€™Ordine si riducesse anche a soli tre frati, rimarrร  il mio aiuto sempre stabile โ€œ.[9]

Lo studioso francescano francese P. Eloi Leclerc, che meglio di tutti ha illustrato questa fase tormentata della vita di Francesco, dice che il Santo fu cosรฌ rianimato dalle parole di Cristo che andava ripetendo tra sรฉ una esclamazione: โ€œDieu est, et cela suffitโ€.  Francesco, Dio cโ€™รจ e tanto basta!  Dio cโ€™รจ e tanto basta! โ€ [10].

Impariamo a ripetere anche noi queste semplici parole quando, nella Chiesa o nella nostra vita, ci troviamo in situazioni simili a quelle di Francesco. Dio cโ€™รจ e tanto basta!

[1] S. Angela da Foligno, Istruzioni III,  Ed. Quaracchi 1985, p. 474.

[2] S. Agostino, Confessioni, X, 27.

[3] โ€œZu den Sachen selbstโ€œ: รจ il programma della Scuola fenomenologica di Husserl.

[4] S. Tommaso dโ€™Aquino, S.Th. II-IIae, q.1,a. 2, 2.

[5] J.-P. Sartre, La nausea, Mondadori, Milano 1984, pp.193 s.

[6] Cf. G. von Rad, Theologie des Alten Testaments, I, Monaco 1966, p.194.

[7] S. Agostino,  Commento al Salmo 85, 12 (CCL 39, p. 1136); cf. anche Confessioni, X, 6, 9.

[8] S. Gregorio Nisseno, In Cant. XI,5,2 (PG 44, 1001).

[9] Celano, Vita seconda CXVII, 158 (Fonti Francescane, nr. 742).

[10] Eloi Leclerc, Sagesse dโ€™un Pauvre, Editions Franciscaines, Paris 1959, pp. 75-78.

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