Il Vangelo di questa Domenica contiene ancora una volta una parabola di Gesù. Quella di oggi è la parabola del re che fa un banchetto di nozze e, giunto il momento, manda a chiamare gli invitati. Al loro rifiuto, si indigna; decide di sostituire gli invitati della prima ora con altri, dicendo: “Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.
Anche questa parabola, come molte altre che abbiamo già incontrate, ha anzitutto un’applicazione storica precisa. Gli invitati di diritto erano gli ebrei che avevano atteso per secoli l’avvento del regno messianico (il banchetto nuziale), mentre gli invitati trovati ai crocicchi sono gli esclusi di un tempo (pubblicani, peccatori) e soprattutto i convertiti dal paganesimo. Sono quelli che altrove il Vangelo presenta come gli operai dell’ultima ora.
Ma lasciamo da parte, questa volta, il senso storico immediato della parabola e cerchiamo di cogliere il suo nucleo perennemente attuale. Vorrei concentrare l’attenzione sui motivi per cui quei primi invitati rifiutano di venire al banchetto. Matteo dice che essi “non si curarono” dell’invito e “andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari”. Qui si vede l’utilità della sinossi evangelica di cui abbiamo parlato una volta, cioè l’utilità di leggere i tre Vangeli uno di fianco all’altro, integrando l’uno con l’altro. Il Vangelo di Luca infatti, su questo punto, è più dettagliato e presenta così le motivazioni del rifiuto:
“Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo;
ti prego, considerami giustificato.
Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli;
ti prego, considerami giustificato.
Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire” (Luca 14, 18-20).
Cos’hanno in comune questi personaggi? Tutti e tre hanno qualcosa di urgente da fare, qualcosa che non può aspettare, che reclama subito la loro presenza. E cosa rappresenta invece il banchetto nuziale? Esso indica i beni messianici, la partecipazione alla salvezza recata da Cristo, quindi la possibilità di vivere in eterno. Il banchetto rappresenta dunque la cosa importante nella vita, anzi l’unica cosa importante, perché, “che giova all’uomo guadagnare anche il mondo intero se poi perde la sua anima?”
È chiaro allora in che consiste l’errore commesso dagli invitati; consiste nel tralasciare l’importante per l’urgente, l’essenziale per il contingente! Ora questo è un rischio così diffuso e così insidioso (non solo, vedremo, sul piano religioso, ma anche su quello puramente umano), che vale la pena riflettervi sopra un poco.
Anzitutto, appunto, sul piano religioso. Tralasciare l’importante per l’urgente, sul piano spirituale, significa rimandare continuamente il compimento dei doveri religiosi, perché ogni volta si presenta qualcosa di urgente da fare. È Domenica ed è ora di andare alla Messa, ma c’è da fare quella visita, quel lavoretto in giardino, il pranzo da preparare. La Messa può aspettare, il pranzo no; allora si rimanda la Messa e ci si mette intorno ai fornelli.
Per altri, questo avviene per la preghiera. Sentono che dovrebbero dedicare con calma del tempo alla preghiera; ma si ricordano che c’è quella faccenda da sbrigare, quella telefonata da fare e così rinviano, rinviano. Il guaio è che di cose urgenti, o supposte tali, ne abbiamo sempre a decine da fare, e così finiamo per rimandare sistematicamente il compimento dei doveri spirituali per le preoccupazioni materiali.
Il Vangelo ci offre un bell’esempio al riguardo. Un giorno Gesù fece visita agli amici di Betania. Maria capisce subito qual è la cosa importante da fare: stare con Gesù, ascoltarlo, fargli compagnia, non sciupare un’occasione così preziosa. Marta invece si lascia “prendere dalle molte faccende” di casa e anzi si lamenta che la sorella l’ha lasciata sola. Conosciamo la risposta di Cristo:
“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta” (Luca 10 41-42).
Una sola è la cosa assolutamente importante e necessaria nella vita: guadagnare Dio e, con lui, la vita eterna; trascurare questo per piccole faccende, per quanto urgenti, è stoltezza, è fallire tutto. Nella vita si può fallire in molti modi: come marito o come moglie, come padre o come madre, come uomo d’affari, come artista…Ma sono tutti fallimenti relativi. Uno può essere un fallito in tutti questi campi ed essere una persona degnissima di stima. Vi sono stati dei santi che nella vita furono un fallimento unico. Non così quando si perde Dio. Qui il fallimento è radicale, senza appello. È un fallire lo scopo stesso per cui si è al mondo.
Kierkegaard che, oltre ad essere uno dei più grandi filosofi della storia, era anche un grande credente, diceva: “Esistono certamente pene e disgrazie terribili in questo mondo, vite del tutto sprecate. Io stesso ne ho conosciuto diversi casi da vicino. Ma veramente sprecata è solo la vita di colui che la lascia passare, ingannato dalle gioie di quaggiù e correndo dietro ora a questa ora a quella preoccupazione. Senza mai rendersi conto che esiste un Dio e che lui, proprio lui, sta davanti a questo Dio. Mi sembra di poter piangere per un’eternità al pensiero che esiste al mondo questa miseria”.
Giacché ci sono, voglio citare un altro detto di questo filosofo. A proposito del rinviare sistematicamente il compimento delle buone risoluzioni, egli fa il caso di un uomo che ha la passione del gioco. La coscienza gli fa capire che deve smettere, che sta rovinando se stesso e la famiglia. Allora lui, convinto, cosa fa? Si ferma e con aria compunta dichiara solennemente: “Faccio voto solenne e sacro di non giocare mai più in vita mia, mai più, mai più! Questa sera, Signore, sarà l’ultima”.
È chiaro che non ha combinato un bel niente! Di questo passo continuerà a giocare tutta la vita, dicendo ogni volta a se stesso: “Questa sera sarà l’ultima, questa sera sarà l’ultima”. Quello che si dice del vizio del gioco, vale anche per ogni altro vizio. “Faccio voto solenne e sacro di non bere più, di non drogarmi più, di non vedere più spettacoli pornografici…Questa sera sarà l’ultima”. Non abbiamo combinato un bel niente. Diciamo semmai il contrario: “Se proprio non posso vivere senza giocare, senza drogarmi, o senza bere, bene: lo farò per tutto il resto della vita. Ma questa sera no!”.
Ho detto che il pericolo di tralasciare l’importante per l’urgente è presente anche nell’ambito umano, nella vita di tutti i giorni, e vorrei, prima di terminare, accennare anche a questo. Per un uomo è certamente importantissimo dedicare del tempo alla famiglia, a stare con i figli, dialogare con essi se sono grandi, giocarci se sono piccoli. Ma ecco che all’ultimo momento si presentano sempre cose urgenti da sbrigare in ufficio, straordinari da fare sul lavoro, e si rimanda a un’altra volta, finendo per tornare a casa troppo tardi e troppo stanchi per pensare ad altro.
Per un uomo o una donna è cosa importantissima andare ogni tanto a far visita all’anziano genitore che vive solo in casa o in qualche ospizio. Per chiunque è cosa importantissima far visita a un conoscente malato per mostragli il proprio sostegno e rendergli forse qualche servizio pratico. Ma non è urgente, se rimandi, apparentemente non casca il mondo, forse nessuno se ne accorge. E così si rinvia.
La stessa cosa si realizza anche nella cura della propria salute che è anch’essa tra le cose importanti. Il medico, o semplicemente il tuo fisico, ti avverte che devi riguardarti, devi prendere un periodo di riposo, evitare quel tipo di stress…Tu rispondi: sì, sì, lo farò senz’altro, appena avrò portato termine quel lavoro, quando avrò sistemato la casa, quando avrò estinto tutti i debiti…Finché ci si accorge che è troppo tardi. Ecco dove sta l’insidia: si passa la vita a rincorrere le mille piccole faccende da sbrigare e non si trova mai tempo per le cose che incidono davvero sui rapporti umani e possono fare la vera gioia (e, trascurate, la vera tristezza) nella vita.
Così vediamo come il Vangelo, indirettamente, è anche scuola di vita; ci insegna a stabilire delle priorità, a tendere all’essenziale. In una parola, a non perdere l’importante per l’urgente, come successe agli invitati della nostra parabola. Ma non posso tacere un’ultima applicazione. Il banchetto di cui parla la parabola si rinnova ogni Domenica nella Chiesa. È il banchetto eucaristico. Vediamo di non essere di quelli che hanno preso moglie e perciò…; hanno comprato cinque paia di buoi (o una nuova auto) e perciò…; devono andare allo stadio, o sono andati a letto tardi, e perciò…
Fonte: il sito di p. Raniero
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Fonte della fotografia: https://www.incamm.com/2019/12/padre-raniero-cantalamessa-prima.html