p. Maurizio Botta – Lui! Il ritorno del re?

1991

Gesù non è lo smidollato dallo sguardo dolce raffigurato su certi santini devozionali! Gesù grida, si indigna, ha la forza fisica per far uscire pecore e buoi dal tempio, ribaltare tavoli pieni di monete. Gesù dice cose durissime a costo di portare su di sé il peso della solitudine e dell’incomprensione.

Gesù accusa i farisei di essere vipere, ipocriti. Gesù sceglie e rimprovera. Gesù prega, perdona, accoglie. Gesù non risponde a tutte le domande e non ha paura di deludere. Gesù sta anche in silenzio e quando parla dice cose non immediatamente comprensibili.

Gesù Cristo non cambia rispetto a quello del Vangelo. Rispetto a quello che dovrebbe essere per risultare gradevole a ogni palato moderno, inesorabilmente diverso.

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Ai lettori

Cari amici,
il piccolo libro che avete tra le mani nasce dalla realtà.
Non è stato scritto a tavolino per essere venduto.
È nato dalla preghiera di un sacerdote che ha cercato nel rapporto con Dio le parole per annunciare il Vangelo durante la Santa Messa predicando a una comunità vera fatta di bambini, di genitori, di anziani, di adolescenti e di giovani come voi.
La parola Vangelo, però, è solo un contenitore: vuol dire “buona notizia” e a me interessa il contenuto di questa buona notizia.
Il contenuto non è un insegnamento, non sono dei valori. Il contenuto è una persona vivente, anzi così Vivente, mentre scrivo, che nulla esiste né può sussistere senza di Lui.
Lui è Gesù Cristo. Lui è la sola buona notizia, prima delle cose che dice.
E il suo nome, Gesù, di cui molti cristiani occidentali si vergognano, è nel titolo di ogni meditazione di questo libro.
Il mio unico desiderio è che possiate incontrare Lui Vivente, quello vero, perché lui ha detto di essere “lo stesso ieri, oggi e sempre”. Il pensiero e la volontà di Gesù non cambiano. Gesù pensa e vuole in questo istante quello che voleva e pensava quando ha insegnato.
Le possibilità sono quindi due: o io sono matto perché credo in una persona inesistente e immaginaria, oppure la sua pretesa folle era vera e quindi Lui è così Vivente che l’incontro con Lui è l’incontro della vita.
Vi benedico con affetto.

Domenica di Pasqua 2018
Padre Maurizio

Il vero volto di Gesù

Gesù è diverso – Gv 2,13-25

3Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. 18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. 23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Gesù grida. Gesù si indigna. Gesù ha la forza fisica per compiere un gesto profetico veemente: far uscire pecore e buoi dal tempio, ribaltare tavoli pieni di monete. Gesù porta su di sé il peso della solitudine e dell’incomprensione. Gesù dice cose durissime ai farisei, prende le distanze da loro senza ammorbidimenti verbali e gridando li accusa di essere vipere, ipocriti, figli del demonio. Gesù sceglie. Gesù rimprovera. Gesù ordina. Gesù si circonda anche di uomini focosi come gli zeloti disposti a usare la spada per scacciare i romani. Pietro di spada ne possedeva una e all’arresto di Gesù la usò tagliando un orecchio. Gesù è virile. Gesù fa la faccia dura come la pietra andando incontro alla croce. Gesù piange per un amico morto. Gesù prega anche da solo nella notte. Gesù subisce una quantità di colpi capace di ammazzare un uomo robusto. Il telo della Sindone ce lo svela atletico. Gesù non ha paura di rimanere solo. Gesù non risponde a tutte le domande. Gesù non ha paura di deludere. Gesù sta in silenzio. Gesù canta. Gesù è semplice. Gesù dice cose non immediatamente comprensibili. Gesù è intelligente. Gesù è un grande camminatore. Gesù scaccia i demoni.

L’amore e la misericordia di Dio emergono da tutti i lineamenti ben definiti del vero volto di Cristo che il Vangelo ci consegna. Terribile farne un fantoccio senza volto con uno smile per bocca e due bottoni al posto degli occhi. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo, quello vero. E chi conosce tutte le parole del Vangelo sa che Gesù è veramente così.

Ho usato il presente perché lo Spirito Santo realizza in noi, che siamo le membra del suo vero corpo, questo stesso Cristo. L’imperativo di Gesù è quello di seguirlo, di imitarlo, fino ad amare come lui ama. Non è né automatico, né spontaneo, né immediato appartenere a Gesù come discepoli. Gesù, in particolare, vuole conformare noi suoi pastori a lui unico pastore. La frase diffusissima: «Eh… Gesù è Gesù, ma noi siamo noi…», sembrerebbe ovvia e innocua, ma non ce n’è un’altra che ci allontani di più dalla sua volontà. Parole solo apparentemente umili, ma così intrise di orgoglio da annullare la volontà di Cristo.

Gesù Cristo rimanendo lo stesso ieri, oggi e per sempre, non cambia rispetto a quello vero del Vangelo. Rispetto a quello che dovrebbe essere per risultare gradevole a ogni palato moderno, inesorabilmente diverso.

Gesù è bello – Gv 10,11-18

11«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

A chi parla Gesù? È inutile, a volte dannoso, iniziare considerazioni se non si definisce a chi il maestro stia parlando. Gesù ha appena guarito un uomo cieco dalla nascita in giorno di sabato innescando un’aspra discussione con i farisei. Queste le ultime battute: «“È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”. Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘Noi vediamo’, il vostro peccato rimane”» (Gv 9,40-41).

Per sostenere questa discussione in cui è coinvolto, Gesù presenta se stesso prima come la porta del recinto delle pecore e poi come «il pastore, quello bello» e non semplicemente come «un buon pastore». La bellezza che promana da colui che è veramente pastore di Dio è in Gesù assoluta e definitiva. Una bellezza differente da quella fisica. La bellezza fisica o quella di un oggetto innesca in noi l’impulso ad afferrare. La bellezza fisica ha un potere che come un fluido costringe gli altri ad avvicinarsi e a ruotare intorno. A pagare per avere. La bellezza buona di chi è veramente pastore di Dio si prende cura, non scappa. La vita la dà, non la prende. Ma, Gesù, ed è significativo, non si limita a descrivere in positivo le sue caratteristiche, impietosamente mette sotto un faro potente la bruttezza del mercenario. Gesù accusa i farisei che erano riferimento religioso assoluto, di fare come il mercenario. Ricorda a questi pseudo-pastori l’ABC: Israele non vi appartiene! Voi vedendo il lupo abbandonate gli uomini e le donne di Israele, fuggite lasciandoli in balia dei suoi denti! E tutto questo perché non vi importa di loro! A voi importa solo di voi stessi! Siete brutti. Per gli ideologi religiosi gli uomini sono soltanto un oggetto che essi possiedono e sfruttano. Queste parole di Gesù vanno a illuminare quale sia la cecità religiosa dei leader religiosi di Israele e come benzina sul fuoco si riaccende la disputa: «Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole. Molti di loro dicevano: “È indemoniato ed è fuori di sé; perché state ad ascoltarlo?”».

Questa parola accade oggi. Non c’è bellezza per noi sacerdoti senza unione al «Pastore, quello Bello», non c’è bellezza eterna e vera se non agiamo per dare la vita e per difendere. Non c’è bellezza vera se in Cristo non ci facciamo mordere al posto di qualcuno più debole. Perché qualcuno più debole possa vivere. Non siamo belli se non ci sacrifichiamo, se non uniamo la vita al «Pastore, quello Bello» che è anche agnello.

Gesù e Pilato – Gv 18,33-38

3Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

Pilato è ovunque. È in noi, nel collega di lavoro, nel figlio, nella moglie e nel marito. Di più. Pilato lo ritroviamo, lo dico con dolore, in suore e in sacerdoti. Anche in vescovi. Chi ammetterebbe esplicitamente di vergognarsi di Cristo? Eppure è vergogna di lui il disagio per la sua pretesa evidente di essere la verità assoluta. Pretesa che egli ebbe fino all’ultimo. Anche davanti al potente governatore alla cui volontà la sua vita era appesa come a un filo. Non disse solo ai suoi discepoli: «Io sono la via, la verità e la vita», ma ricordò anche allo scettico Pilato: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

In Europa vaghe radici valoriali comunitarie crollano perché ideologiche. Possono “tellingarci” tutte le storie che vogliono. Le radici cristiane che la Costituzione europea ha ripudiato ci avrebbero protetto di più. Attenzione, non si parla qui nemmeno del ripudio di Cristo come verità assoluta, ma del rifiuto del riconoscimento pubblico minimo che noi storicamente veniamo da lì. Perfino nella Chiesa c’è chi mette in dubbio l’unicità di Gesù come salvatore, tanto che non si pensava potesse arrivare un giorno in cui sarebbe stato necessario ribadire, in un documento come la Dominus Jesus, questa verità fondante.

Cristo dice di essere re di verità e aggiunge: «Il mio regno non è di questo mondo» e «il mio regno non è di quaggiù». Potremmo concludere che la verità semplicemente non sarebbe di questa terra? La verità come realtà “dell’altro mondo”, “esclusivamente di lassù”. L’unica vera buona notizia, l’unico vangelo, è invece che questo regno celeste di verità vuole penetrare nella storia e crescere anche in mezzo a noi. Ognuno di noi può liberamente diventare suddito di Cristo, re di verità. Gesù si è affaticato in molte parabole, usando varie immagini, per descrivere come. La verità non si afferma né con la violenza né con la potenza. Né per potenza militare, né per potenza comunicativa o mediatica. Il regno del re della verità non è una storia da raccontare, ma una volontà personale da offrire. La mia. La tua, di te che leggi. Uno a uno. Libertà offerta non una volta per tutte, ma sempre più spesso, a seconda di quanto è serio il cammino spirituale, fino ad arrivare a ogni respiro.

Che sia così. Venga il tuo regno. Maranatha. Vieni Signore Gesù.

Scegliere Gesù come re – Mc 4,26-34

26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». 30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il regno di Dio è una realtà storica, è la regalità di Dio presente e che cresce nella storia. Con la prima micro-parabola Gesù illumina questo aspetto: il regno è «di Dio». Come in natura, dove il dinamismo insito nel seme non dipende dal contadino, tutto avviene nel segreto e come avvenga, il contadino stesso non lo sa, allo stesso modo, il dinamismo interno al regno di Dio non dipende dall’uomo. L’uomo come il contadino non conosce. L’uomo non sa il segreto del seme del regno di Dio, i tempi della sua programmazione nascosta, la sua vitalità inaspettata, il suo dinamismo.

Questa verità è una correzione severa per chi pensa solo in termini di causa ed effetto, dove tutto dipenderebbe dalle pressioni umane, dalle strategie politiche degli uomini. Quanti battezzati pensano anche la Chiesa, in termini esclusivamente umani e politici, fatti di condizionamenti economici, di comunicati, di campagne pubblicitarie, di accordi, di meeting, di lobby e complotti vari. Costoro con lo sguardo arrogante di chi si sente maturo rispetto ai miracoli di Dio, riducono le possibilità di Dio alle sole possibilità umane, diventando atei di fatto.

Prendiamo ora in mano il libro della creazione.

Uno zigote, è grande circa 0,1 mm. Un decimo di millimetro. All’interno di 1 cm ci sono quindi 100 zigoti. Dal 0,1 mm di quel giorno ai 190 cm di oggi sono diventato 19.000 volte più grande. è come se da 1,90 m diventassi alto più di quattro volte l’Everest (36.100 m). Il seme di senape ha la grandezza di poco più di 1 millimetro. La pianta di senape arriva a superare i 3 metri di altezza. Dalla morte di un seme difficile da vedere, osserviamo nascere e crescere con i nostri occhi una pianta 3000 volte più grande.

Come in natura la crescita e lo sviluppo di questi semi quasi invisibili è straordinaria e stupefacente, allo stesso modo, con il passare dei secoli, il regno di Dio cresce con una vitalità che lo porta a diventare realtà storica decisiva. Il regno di Dio stupisce. La vitalità è di origine divina, non è questione di politica umana. La sua crescita, se si pensa alla quasi invisibilità degli inizi, lascia a bocca aperta. Questo l’aspetto illuminato dalla seconda parabola.

Questa realtà «più piccola» cresce e sta attraversando i secoli. E se siamo qui a leggere è perché il Regno di Dio ci ha raggiunti, ma un cristiano che non è veramente di Cristo, che non gli vuole appartenere, che non si preoccupa di avere Cristo per re, rimarrà secco, infecondo, triste, inquieto, insipido, senza forza lievitante, non consolerà mai, non stupirà mai.

Senza Gesù – Gv 15,26-27; 16,12-15

26 «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio».

12«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

«Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5). La pesantezza di questo «nulla», uscito dalle labbra di Cristo, non può essere nascosta con sorrisi di plastica. Molto preteschi. Occorre riconoscerlo. La visione cristiana della vita parte da un pessimismo antropologico sulle possibilità dell’uomo. La Chiesa continua a celebrare la sua fede cantando la sequenza di Pentecoste, ricordando che senza la forza dello Spirito di Cristo «nulla è nell’uomo, nulla senza colpa».

San Paolo ci ricorda poi che questo «nulla» senza Cristo e senza il suo Spirito non è neutro, ma cupo e malvagio. Attivo di opere tenebrose. Per l’apostolo delle genti queste opere sono «ben note» e ne fa l’elenco. «Sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere» (Gal 5,19-20).

Traduciamo, per non prenderci in giro, in lingua corrente questo elenco. Perché, almeno, facendo degli esempi siano «ben note» anche a chi legge nel 2018. Fare sedute spiritiche, leggere e farsi leggere le carte, andare dai maghi, usare amuleti, sniffare cocaina, andare a prostitute, fare gli scambi di coppia, nutrirsi di pornografia senza opporre alcuna resistenza, ubriacarsi, partecipare a festini con orge, vivere senza contrastare l’invidia, la litigiosità, la propria ira, le proprie gelosie. Vivere perennemente in guerra contro tutto e contro tutti. Queste opere sono il nulla mortifero a cui conduce l’assenza di Dio. All’elenco seguono gli avvertimenti.

«Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio» (Gal 5,21), «Poiché se vivete secondo la carne, voi morirete» (Rm 8,13).

Tutte queste azioni sono nulla e morte. Chi asseconda tutto questo non può avere Dio per re, non può avere Cristo come Signore che regna su di lui. La speranza rifiorisce dalle parole che seguono, ma che senza la gravità di quelle precedenti finiscono per diventare buone notizie irrilevanti.

«Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne» (Gal 5,16-17). «Se con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete. Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14).

Buona notizia è scoprire che il fatto di sentire questi desideri malvagi in noi non è una colpa. Un’intensa vita spirituale, di richiesta mendicante dello Spirito di Dio, non spegne questa tensione verso le opere mortifere della carne. Lo Spirito Santo porta solo a non soddisfare questi desideri. Buona notizia è che Gesù, vivente alla destra del Padre intercede per noi, come mediatore e garante della perenne effusione dello Spirito, per farci diventare figli di Dio. Buona notizia è che lo Spirito Santo, che ci riveste di potenza dall’alto, è promesso dal Padre e dato a tutti quelli che lo implorano.

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