Padre Massimo Granieri ha scritto un articolo per l’Osservatore Romano per ricordare la scomparsa odierna di Franco Battiato.
Dal suo profilo Facebook:
Il mio ricordo del maestro appena pubblicato per l’Osservatore Romano. Vi giuro che ho le lacrime agli occhi, un nodo alla gola che non va via. L’ho scritto appena sveglio e di pancia, consegnato senza nemmeno rileggerlo, ma il distacco era necessario… Ho solo tolto un po’ di polvere all’opera di Franco.
Non è un caso che conservi la sua discografia accanto a quella di Bowie. La chiamo “orfanezza musicale”. E chissà per quale scherzo del destino, proprio oggi mi è arrivato via posta da un collezionista il vinile di “Sulle corde di Aries”, il suo capolavoro. Ora ho tutto di Battiato, ma lui è andato via, consegnandosi all’Eterno. L’inarrivabile.
Il testo seguente è parte dell’articolo che potete leggere qui.
«È la medesima realtà il vivo e il morto, il desto e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli, e quelli di nuovo mutando son questi».
Un passo di Eraclito di Efeso introduce un disco di Franco Battiato ascoltato dopo aver letto la notizia della sua morte. L’album è L’imboscata, nella traccia Di Passaggio la vita muta in nuove dimensioni. Nella stessa canzone c’è un’altra citazione in greco antico, un estratto degli Epigrammi di Callimaco riguardo il suicidio di Cleombroto d’Ambracia, seguace di Platone. Un tema molto caro a Battiato quello dell’immortalità dell’anima e della reincarnazione che lo spinsero nel recinto del cristianesimo.
Interpretò la risurrezione dei corpi dopo la morte annunciata nei Vangeli, come in Testamento in cui impasta la verità del Risorto (confusa con la reincarnazione) con versi del ventiseiesimo canto dell’Inferno di Dante. Nella canzone la distanza dal mistero dell’Incarnazione diventa siderale: «Peccato che io non sappia volare / Ma le oscure cadute nel buio mi hanno insegnato a risalire / Noi non siamo mai morti, e non siamo mai nati».
Il maestro Battiato, morto il 18 maggio, aveva la percezione del divino e della sua eterna assenza. Il testo de L’esistenza di Dio si chiude con dei versi chiarissimi: «La teologia vi invita / Anzi vi impone d’immaginare / Una pietra infinita».
Un Dio pietrificato nel suo silenzio lo affascinava, alcune canzoni ricordano la notte oscura descritta da san Giovanni della Croce. Se l’aridità spirituale, il senso dell’abbandono toccarono la vita del mistico, Battiato pensava al passaggio fugace di Dio nel nostro mondo. Fu capace di farci sperimentare quel senso di aridità e di vuoto che rimane addosso quando siamo visitati e in apparenza abbandonati dal Signore: «Sia Lode, Lode all’Inviolato / Arido è l’inferno / Sterile la sua via / Quanti miracoli, disegni e ispirazioni / E poi la sofferenza che ti rende cieco / Nelle cadute c’è il perché della Sua Assenza» (Lode all’Inviolato).
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Nella foto: Modena, 28 luglio 2011, “Un patriots to arms”, concerto di Franco Battiato – Fonte