La Legge, fondamentalmente, propone il bene e condanna il male. I profeti richiamano l’importanza della sua osservanza.
Sappiamo bene quale è il compimento della Legge: il dono della propria vita per gli altri. Non c’è altro senso al nostro esistere. Eppure sappiamo bene quanto poco attrezzati siamo nel compiere la Legge. Quanto facilmente chiamiamo bene ciò che è male o che è bene apparente. Quanto sia facile, lo sappiamo bene, giustificare il male perché come si fa a non rispondere al male col male?
Quanto siamo bravi, piuttosto che accogliere l’invito al perdono, a ribadire la necessità di farla pagare perché non si può farla passare liscia, sia ai criminali come al mio prossimo che sbaglia con me: non c’è differenza tra corruzione ed errore e preferiamo condannare il peccatore giustificando il peccato.
Il compimento della Legge è il rovesciamento di tutto ciò: è condanna del peccato, non del peccatore; è perdono disponibili a rimetterci fino alla morte vissuta col perdono sulle labbra per coloro che ci uccidono, perché sprofondati nella loro ignoranza.
L’ignoranza, che è nostra, è questa: non credere che il male lo si vinca con il bene; l’essere convinti che più accumuliamo male e più possiamo sconfiggere il male. Sprofondati nella nostra saccenteria non abbiamo altra via di scampo che l’autodistruzione.
La Legge è impossibile compierla: non ce la faremo mai. Eppure Gesù è venuto a portarla a compimento e il più grande compimento è quello di mostrarci la via della possibilità del compiere la Legge osservandola e insegnandola.
Non è più tempo dell’impossibilità di osservare la Legge, è tempo della compiutezza perché viviamo ormai nel kairòs, nel tempo compiuto nel quale la Legge è stata portata a compimento.
Gesù è il primo che compie ogni giustizia, per questo il Padre dice di ascoltarlo. Lui, Verbo fatto carne, dona corpo alla Legge e ai Profeti: senza di Lui restano lettera morta, promessa inevasa, bei testi di sapienza che diventano condanna e non salvezza, indicatori della via incapaci a donare un minimo di motivazione e di cuore perché quanto dicono possa essere vissuto.
Il compimento del perdono e dell’accoglienza ad oltranza dell’altro sono ciò che Gesù ha vissuto ed è venuto a donarci.
Gesù compie la volontà del Padre amando i fratelli. L’amore non trascura neppure il minimo dettaglio che per noi sarebbe cosa trascurabile. Un amore che manifesta tutta la sua grandezza nel compimento, vale a dire nelle attenzioni pur minime che a noi sembrano secondarie e banali.
Solo chi ama può vedere le norme come possibili, semplicemente perché le norme stesse sono trascese e viste e lette e vissute da un punto di vista più alto e più significativo. Il compimento sta nel far sì che le norme spariscano nel mare dell’amore.
Non è vero che le norme non abbiano più senso, è vero che hanno senso solo alla luce della croce del dono di sé nel quale mare scompaiono, si sciolgono come una bambola di sale divenendo mare salato. Viste in sé possono avere senso ma servono solo a divenire condanna e giudizio, viste nel mare dell’amore di Dio acquistano la loro vera dimensione e ritrovano il loro vero significato che non è più di condanna dell’uomo ma evidenziazione della grandezza misericordiosa del Padre.
Chi non ama non può che cogliere le norme come impossibilità a viverle o come occasione di trasgressione. Chi ama compie liberamente tutto ma non in forza della Legge, che forza non ha, ma grazie all’amore donatoci dal Padre nel Cristo incarnato soffiato in noi dallo Spirito Santo d’amore.
In fondo possiamo cogliere come la legge di per sé è solo fonte di morte e di peccato. Cogliendo che la legge proibisce e vieta, possiamo comprendere come il Signore dona.
Se la legge indica la direzione il Signore cammina in quella direzione.
È importante sapere da che parte cominciare la salita del monte ma è altrettanto importante avere la forza, il desiderio e il coraggio per salire quel monte.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM