Gesù dice: Io sono il pane disceso dal cielo! I Giudei dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “sono disceso dal cielo?”.
È cosa quotidiana che noi utilizziamo ciò che sappiamo e che vediamo per confermare un nostro pensiero, una nostra convinzione.
“Quarantacinque anni, gli occhiali da sole sempre sul naso, Omero viene chiamato come supplente di Scienze in una classe che affronterà gli esami di maturità. Una classe-ghetto, in cui sono stati confinati i casi disperati della scuola. La sfida sembra impossibile per lui, che è diventato cieco e non sa se sarà mai più capace di insegnare, e forse persino di vivere. Non potendo vedere i volti degli alunni, inventa un nuovo modo di fare l’appello, convinto che per salvare il mondo occorra salvare ogni nome, anche se a portarlo sono una ragazza che nasconde una ferita inconfessabile, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che entra in contatto con gli altri solo da dietro uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che sogna di diventare come Rocky… Nessuno li vedeva, eppure il professore che non ci vede ce la fa”.
Omero non vede, è cieco eppure vede oltre. I ragazzi che vedono non riconoscono chi hanno davanti. Solo quando lui si toglierà gli occhiali scuri vedranno che non vede.
La sua cecità diventa motivo per non fare più nulla prima, e per cercare di fare di nuovo poi. Era insegnante e da cieco ritorna a fare l’insegnante. Lui non vedente vede. Loro che vedono in realtà non vedono.
I Giudei conoscono tutto di Gesù eppure non sanno. Usano il loro sapere per confermare il loro non sapere. Sono interessati a nascondere il loro non vedere che si manifesta come paura della realtà. Sono costretti a non fare il salto di bontà passando da ciò che conoscono ad una attenzione di amore. Continuano a pensare a cosa dovrebbero fare per fare la volontà di Dio per potere fare ben altro salvandosi da ogni richiesta di essere vivi. Sentono una sofferenza di chi loro sono, sentono una delusione, sanno che non sono disponibili a vivere tutto: per questo cercano un modo per non sentire, per potere coprire. L’importante non è chi io sono ma come appaio. L’importante è sapere tutto di Gesù come delle persone che conosciamo ma l’importante è non farsi ingannare di questo o meglio usare tutto questo per confermare una nostra negatività di pensiero su di loro.
Di Lui conosciamo tutto come può dire Io Sono disceso dal cielo?
Il nostro vedere è falsato come falsato rischia di essere il nostro parlare. Sia vedere come la parola sono cose che utilizziamo per confermare quello che ci interessa, non quello che ci permette di essere via di vita vera, scoperta, non nascosta, manifesta non tramata dietro una non via che sia accettabile.
Il cieco non vede, manifesta se stesso, dice ciò che è per lui importante, si fa vedere cieco dopo avere parlato e dopo avere accarezzato il volto dei ragazzi per comprendere ciò che pensano e ciò che sono.
Così chi crede ha la vita, come chi crede dice vita, come chi crede diventa pane di vita.
Credo sia importante che noi possiamo avere un occhio per cercare l’energia per la vostra vita. Fare questo è imparare a riconoscere il fatto che vi sono fonti di energia che pare te la diano e invece te la succhiano!
A causa di questa necessità di verità noi manifestiamo come spesso facciamo una vita stressante; a causa di questa noi ci impegniamo a riposarci e alla fine anche quello che dovrebbe essere un riposo è uno stress!
Essere parola accolta e detta, essere sguardo vissuto come dono, vivere il pane come condivisione e presa a cuore di ciò che abbiamo e della fame che soffriamo, credo sia un bel modo di lasciarsi disturbare dalla vita, dagli altri, da Lui non per essere schiacciati ma per condividere.
In fondo, credo, non si tratti di essere gente imperturbabile, ma gente che accoglie il turbamento che è la realtà che avviciniamo e ci avvicina ogni giorno. Una realtà di domanda che tocca i nostri occhi e la nostra parola. È gente che non si ferma a ciò che conosce ma passa oltre entrando in una dimensione di conoscenza che è di amore.
In fondo la chiamata che ci fa il Pane di vita è sempre quella di essere gente che accoglie la vita, sia quella accettabile come quella inaccettabile. Ci si può ribellare, si può spingere via ciò che inaccettabile non è, si può scappare per prendere aria. Ma al di là di tutto ciò che importa è che noi ci ribelliamo all’inaccettabile.
Accettare il non vedere, accettare l’inascoltabilità, accettare la parola, accettare una sana carezza: l’accettazione di tutto ciò ci porta a non cedere alla tentazione di sapere tutto per poterci difendere e non accogliere la realtà. L’accettazione è ritornare a vivere la contemplazione anche se ciechi, ad accogliere la Parola anche se non comprensibile, a mangiare il Pane riconoscendo la nostra fame. Il tutto cogliendo la chiamata a cogliere col cuore e ad accogliere ciò che ci viene donato vivendolo come dono da donare così, senza aspettarsi nulla indietro ma semplicemente perché cosa bella e sana, sana secondo Dio, sana secondo l’Amore.
Non ci interessa più la legge, ci interessa la vita dove la Vita ogni giorno si incarna.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM