p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 6 Febbraio 2022

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La scena del vangelo di oggi si svolge al mattino, quando i pescatori ritirano le reti e cominciano a riassettarle. Siamo a riva: le folle si riversano su Gesù che sta ritto in piedi fino a quando si siede sulla barca.  “Gesù sta lì seduto e insegnava”. Dopo aver parlato, la Parola serve per liberare dal male, manifesta a Pietro l’invito che è:  “prendi il largo e gettate le reti”. Andate a pescare al largo. Non si deve aver paura di entrare nel mondo: il mare è il simbolo del mondo, del male, della perversità, dove si affoga per paura. No, Pietro, “vai al largo e getta le reti”.

“Calare le reti” è l’invito di Gesù molto bello, che è dato a dei pescatori. La risposta dei pescatori avrebbe potuto essere di pensare al suo mestiere, visto che era falegname. Tra le altre cose si pesca di notte e invece era già mattina. L’ordine che Gesù dà a Pietro è abbastanza offensivo. Dice Pietro a Gesù: “rispettami, io sono pescatore e me ne intendo, non ho pescato nulla tutta la notte, dove vuoi che vada di giorno, di giorno non si pesca”. Perché per noi è sensato solo quello che ci riesce di fare. Cosa era riuscito di fare a quei pescatori? Nulla. Pescarono nulla. Un pescatore che pesca nulla è un pescatore fallito nel suo mestiere e corrisponde all’uomo che non riesce a uscire dal male. È un uomo fallito. Quindi alla fine l’unica cosa che ci è possibile è il nulla e con molta fatica: fatichiamo tutta la notte.

Ma “sulla tua parola calerò le reti”. Il problema non è la nostra capacità, ma accogliere la Parola, come Maria. Tutti i nostri tentativi son sterili fino a quando si basano sulle nostre inchieste. Gli apostoli non pescano nulla con la loro bravura, ma solo con l’obbedienza alla Parola: come per Maria “avvenga a me secondo la tua parola”. È così che si concepisce Dio nel mondo: l’impossibile diventa possibile sia per Maria, sia per noi. La nostra sterilità, come quella dei discepoli che non pescano nulla, diventa fecondità quando ascoltiamo la Parola. La chiamata di Maria, in fondo, è la stessa di Pietro ed è la chiamata di ogni discepolo.

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Nell’obbedienza alla Parola, Maria concepisce il Figlio di Dio; nell’obbedienza al Signore Gesù, Pietro scopre la potenza di colui che realizza ciò che è.

Il problema non è che siamo più o meno bravi, più o meno esperti: è se ascoltiamo oggi la sua Parola. Dall’inizio alla fine è così. I discepoli se non ascoltano la Parola non pescano nulla, se l’ascoltano pescano. Maria ha detto per prima “avvenga a me secondo la tua Parola”. I discepoli sono chiamati a questa fecondità e ciascuno di noi riesce quando diciamo quello che ha detto Maria. “Sulla tua parola calerò le reti”. È molto bello questo calar le reti perché l’evangelizzazione è paragonata alle reti. Le reti sono fatte di connessioni dove raccogli e dove tiri fuori dall’acqua: i pesci muoiono, mentre gli uomini vivono. Sono quelle parole che ti tirano fuori dall’abisso e dalla stupidità in cui anneghi, che ti portano a salvezza. Per questo possiamo dire che la fecondità è proporzionata all’accoglienza, all’ascolto della Parola.

Loro descrivono la sovrabbondanza del risultato, impensato e improbabile in pieno giorno: ciò che è impossibile, avviene attraverso l’ascolto della Parola, oggi.

È la stessa parola che si applica a Maria. “Concepirai nel ventre e partorirai un figlio e lo chiamerai Gesù”. Perché si usa la stessa parola? Qui gli uomini concepiscono i pesci, vale a dire i fratelli.

È bella questa parola “concepire”. Il pescare in realtà è un concepire l’altro. Ogni altro è figlio di Dio. Io stesso divento figlio, facendomi fratello suo. Nella missione non si fa altro che la missione di Maria di concepire il figlio.

Simon Pietro, vedendo questa pesca, cade alle ginocchia di Gesù. E gli dice “Esci via da me”, perché percepisce la distanza rispetto a Gesù: “sono un uomo peccatore”. Non ricorda che Gesù aveva detto “Son venuto, non per i giusti, ma per i peccatori”. È come il medico che è per gli ammalati, non per i sani. “Esci via da me sono un peccatore!”.

Pietro dice a Gesù di uscire, come Gesù diceva al diavolo di uscire da lui. È un po’ come dica “mi disturbi, tu sei il santo, io no, io sono peccatore, vai via”. “Cosa hai a che fare con me?”. Pietro alla fine si scoprirà peccatore e capirà, quando rinnegherà Gesù, che Gesù non lo rinnega, allora capirà chi è il Signore. Il Signore è amore assoluto. Lo si capisce proprio nel perdono. Capirà Pietro che anche lui è amato in modo assoluto: potrà testimoniare la fede proprio in quanto peccatore.

È tempo di comprendere che io non sono chiamato perché faccio delle pesche bellissime e sono bravo. Io sono chiamato perché la mia pesca è infeconda e io sono peccatore e la mia infecondità è luogo di benedizione. Il mio peccato è il luogo di perdono e di grazia, dove conosco chi è il Signore e conosco chi sono io, amato da Lui che ha dato la vita per me. La mia infecondità passa se ascolto la Parola.

“Non temere”: ogni giorno non temere. Qui c’è la chiamata. Proprio da ora che ti sei scoperto peccatore, peccatore salvato, pescato e amato e chiamato, farai altrettanto con gli altri: pescherai uomini per la vita, per conservarli in vita, perché l’uomo nell’acqua muore.

“E seguirono lui”. Adesso comincia il cammino, il cammino del Figlio che va incontro ai fratelli.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM