Maria sta all’esterno del sepolcro. Dopo la seconda notte di angoscia, Maria è uscita ed è tornata al sepolcro, dove avevano deposto Gesù. Pietro e Giovanni erano tornati a casa, Maria torna al sepolcro con un intuito tutto femminile.
Al sepolcro piange di nuovo. Atteggiamento inutile che non riporta alla vita l’amato Gesù. Gli occhi non lo possono vedere, ma il cuore continua a cercarlo senza trovarlo. Il sepolcro, l’ultimo ricordo, l’ultimo pensiero che ritorna al cuore. Il sepolcro: l’ultimo luogo del vuoto e del desiderio allo stesso tempo.
Il sepolcro: il luogo dove il seme caduto in terra è morto ed è stato sepolto sparendo dalla nostra vista, dalla vista di Maria. Maria piange e con le sue lacrime irrora quel seme caduto in terra. Dio Padre, grazie alle lacrime di Maria, fa germogliare quel seme caduto in terra e morto. Quel seme che morendo germoglia e trova vita grazie alle lacrime irroranti di Maria. Maria piange e non sa che quelle lacrime, quelle lacrime che sgorgano dal cuore affranto mentre il mondo se la ride per avere consegnato alla morte l’ennesimo giusto, fanno rinascere la vita e che, fra poco, diventeranno lacrime di gioia. Lacrime che riconoscono la voce: “Maria”. E alla Parola detta dal Maestro rispondono: “Rabbunì”.
Il sepolcro sembra ormai essere la casa di Maria. Al sepolcro finisce ogni ricerca e può vivere solo l’attesa, resa viva dalle lacrime. Oltre al sepolcro vuoto, oltre alla morte della morte, con gli occhi pieni di lacrime e il cuore vuoto di tristezza, non c’è più nulla da cercare. Almeno così sembrerebbe.
Maria rimane fuori dal sepolcro. È vuoto non gli interessa entrare. È triste e non sa che la sua tristezza si tramuterà in gioia. Dopo avere visto Gesù in croce ora non lo vede più: più tristezza disperata di questa non ce ne è per una che ama.
Le sue lacrime, lo ripeto, sono acque natali che dal Natale ci portano alla Pasqua di risurrezione. Da lì viene fuori l’Amato. Ci sono delle cose che riescono a vedere solo gli occhi che hanno pianto. Il seme caduto in terra deve morire per potere germogliare. Il seme della Parola che è il Cristo seminato dal Padre grazie alle lacrime di Maria che sono Spirito Santo d’amore, muore e germoglia e comincia a portare frutto: “Maria”. Lui è il Pastore Bello che conosce le sue pecore per nome e che dalle pecore è riconosciuto grazie alla sua voce.
Le lacrime di Gesù avevano irrorato il sepolcro di Lazzaro e avevano donato vita. Le lacrime di Maria diventano dono di risurrezione. Come? Non lo so e neppure mi interessa sapere il come, so solo che così è!
Lei è in lutto per la sua assenza e piange. Come i Giudei di fronte alle lacrime di Gesù per Lazzaro morto, dicevano “Vedi come lo amava”; così possiamo dire noi di Maria: “vedi come lo amava!”.
Le lacrime di Maria, come quelle di Gesù, mi ripeto, irrigano la terra e la fanno germogliare, fanno germogliare l’amico, fanno germogliare l’Amato. È l’amore che muore dove non è corrisposto ma vive dove è amato. Anche di fronte ad un sepolcro visto vuoto ma animato nel giardino.
È nel nome, in quel nome che dice tutta la nostalgia di una storia che la memoria si riaccende: aveva detto loro che sarebbe risuscitato. Era l’alba triste e senza vita e Lui la chiamò, Lui mi chiama. Sembrava un uomo come tanti altri, ma quella voce, quella voce diceva l’universo di amore del Padre, quella voce non era la voce di uno qualunque.
Le lacrime bacianti il sepolcro, ripuliscono e sciacquano gli occhi così che la Presenza oggi, non ieri e neppure domani, sia di nuovo presenza di vita e di amore. Un germoglio primaverile che parla di una vita che non muore più, una vita che dopo la morte invernale della croce risorge a vita nuova, quella vita primaverile che parla da sé.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM