“Perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”. Questa affermazione di Gesù risuona in modo importante dentro di me perché evidenzia un atteggiamento vitale per la nostra esistenza.
È chiaro che per tentare di comprendere questo atteggiamento di Gesù, questa scelta di vita di Gesù, è essenziale che sgombriamo il campo da ogni pregiudizio che ha accompagnato la nostra formazione cristiana. Obbedire al Padre non significa dire di sì. L’obbedienza al Padre non può essere un atteggiamento infantile: non può che essere un atteggiamento adulto. L’obbedienza al Padre va riscoperta come una bellezza di vita, come un di più di vita, non come una cosa che bisogna fare sperando di dare gradimento al capo, che è il Padre, così da avere poi benefici e vantaggi.
Una domanda mi sovviene: perché Gesù deve obbedire al Padre e non deve fare la sua volontà? Ma chi è questo Gesù che ci viene presentato da Giovanni nel suo vangelo? Non è il Gesù che da sempre abbiamo conosciuto? Non è il Gesù perfetto che ci è sempre stato presentato? Gesù che vive una bella lotta continua con i suoi contemporanei che non capiscono ciò che dice e non accettano ciò che fa, fraintendendolo? Gesù che ha scelto dei discepoli che sembrano i più tonti che il mercato potesse offrire, non ci dà una bella immagine di sé in quanto conoscitore dei cuori e in quanto a capacità di comprendere chi ha davanti.
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Ma c’è di più: questo Gesù, di fronte a tanta incomprensione e a tanto rifiuto, quali sentimenti poteva portare dentro in sé? Se Gesù era uomo, e non falsamente tale come molti vorrebbero fare credere, non può non avere avuto sentimenti di delusione e di rabbia, sentimenti di risentimento e di aggressività, di fronte a tutto questo movimento di contrarietà.
La sua risposta è una risposta che va oltre, che trascende. È una risposta che manifesta tutto il suo attaccamento al punto di partenza: al perché sono disceso dal cielo. Sono disceso per fare la volontà del Padre e la volontà del Padre è una sola “che io non perda nulla di quanto mi ha dato”; io che “sono venuto nel mondo non per condannare ma per salvare il mondo”. Fare la volontà del Padre non è una scelta tecnica o moralistica, fare la volontà del Padre è una scelta vitale.
Credo che mettere al centro della nostra esistenza la volontà del Padre, sia mettere al centro la sua volontà di bene perché possa divenire nostra. Non possiamo non fare i conti con i nostri reali sentimenti di risentimento e di rabbia, di delusione e di quant’altro. Fare i conti coi nostri reali sentimenti, entrare in contatto con loro significa fare un’opera vitale di verità dove il dare il suo vero nome, ci porta a prendere non solo coscienza ma a prendere in mano questi sentimenti e a metterli a confronto con i nostri desideri di bene che il Padre, con la sua volontà di amore, alimenta.
Fare la volontà di Colui che ci ha mandati è metterci in gioco come si è messo in gioco Gesù. Chi fa la verità viene a me e con me andiamo al Padre. La verità, che nasce anche dal dare un nome a nostri nuovi o vecchi sentimenti e risentimenti, è questa: che tutto si salvi, che tutto diventi vita, che chiunque vede e incontra il Figlio “abbia la vita eterna” e sia risuscitato.
La risurrezione è cosa dell’oggi. La risurrezione è cosa quotidiana. La risurrezione avviene ogni volta che entriamo in contatto con la volontà del Padre nella verità del nostro essere. La risurrezione avviene ogni volta che, come Gesù, prendiamo i nostri sentimenti e risentimenti e li lasciamo inondare dalla volontà di amore del Padre che vuole che tutto e tutti siano salvi. Anche noi, come Gesù, siamo chiamati a non perdere nulla e nessuno di quanto e di coloro che ci sono stati dati, di coloro che incontriamo sul nostro cammino.
Fare la volontà del Padre significa, allora, credere che tutto è grazia. Che ogni momento della nostra vita, bello o brutto poco importa, sia un momento vitale per camminare sulla via della Vita. Così l’amore del Padre nel Figlio che ci inonda di Spirito, fa sì che la nostra storia sia attraversata da questa presenza vitale e positiva, che cambia il nostro tessuto esistenziale. Non più comodamente e drammaticamente schiavi del nostro vissuto, ma felicemente aperti e liberi verso il nostro futuro in un oggi di risurrezione che è sempre dono.
Così ogni cosa che ci capita non saremo tentati di leggerla alla luce dei nostri bisogni di conferma e di gratificazione, ma la leggeremo alla luce della volontà di bene del Padre. Quando nel nostro cuore c’è pace e quella cosa che chiamiamo amore, tutto cambia e tutto è letto e vissuto in un modo totalmente nuovo, in un modo che è il modo del Padre.
È come il pane che è l’elemento che mette insieme tutti gli elementi primordiali: la terra da cui spunta grano, l’acqua che serve per impastare la farina, l’aria che fa lievitare la pasta e il fuoco che provvede la cottura. Il pane, volontà del Padre, unisce tutti questi elementi della natura e nulla evitando, nulla scartando, tutto diventa cibo per la vita, per la persona, per le nostre scelte vitali. Ci nutre ed entra in quanto amore nella nostra esistenza e nelle scelte della nostra esistenza.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM