Dopo che le discussioni tra Gesù e i rappresentanti del popolo si sono concluse, Gesù interroga i suoi ascoltatori su una questione tipicamente ebraica, affrontata in un modo tipicamente medio orientale, non certo secondo la nostra sensibilità . Noi siamo fondamentalmente indifferenti di fronte a una tale questione. Questione che non riusciamo nemmeno a capire. Non ha senso per noi porci tali domande.
Sappiamo che l’attesa della venuta del figlio di Davide stava passando sempre più da un’attesa politica ad una attesa religiosa. La comunità cristiana delle origini, a cui Marco fa riferimento nello scrivere il suo vangelo, porta al suo pieno sviluppo il cogliere la figura del figlio di Davide.
Ciò che attrae la nostra attenzione è il fatto che sempre più, nel vangelo di Marco, si sviluppa l’identità di Gesù. Cresce giorno dopo giorno la coscienza di chi Lui è. Matura senza fretta, in modo inesorabile.
Gesù, la cui fine dichiarata è sempre più vicina: deve morire; la sua condanna a morte è sempre più impellente. Quest’uomo sempre più si presenta, in pratica più che in teoria, come Colui che serve. Lui ha come compito precipuo quello di liberare noi prigionieri e di riscattare il povero. Quest’uomo, Gesù di Nazareth, è il Messia e qualcosa di più: è il Figlio di Dio, è il Signore della storia, il Kyrios.
Se ben guardiamo e capiamo, questa realtà del Messia, capovolge ogni nostra coscienza religiosa. Il sospetto che pervade gli ambienti religiosi su quest’uomo, che spesso nulla ha a che vedere con la fede, è chiaro. Con quale autorità Lui parla? Con quale autorità si inserisce nella dinamica della Legge scalzandola? Non rispetta la religiosità farisaica e fa saltare la credenza dei sadducei sulla inesistenza della risurrezione. Definisce il popolo Ebraico come colui che uccide i profeti e il Figlio di Dio, come colui dalle cui mani sarà tolta la vigna del Regno che sarà consegnata ai pagani.
Quest’uomo che dona la vita per servire il prossimo, cosa dice alla nostra vita? Quest’uomo è tolto di mezzo perché la signoria di Dio va tolta di mezzo, lasciando spazio e posto a quella fitta schiera di detrattori che vogliono comandare, mezzibusti ridicoli che si presentano come salvatori dentro e fuori la chiesa, dentro e fuori la società civile, dentro e fuori l’alta finanza. Questi personaggi sono da sempre stati presi, sia dentro come fuori la chiesa, troppo sul serio.
In una realtà idolatra come è la nostra realtà moderna, riuscire a cogliere la provocazione della domanda di Gesù è vitale. Gesù è il Figlio di Davide ma Gesù Messia è il Signore di Davide che non sottostà ad alcuna dinastia e non obbedisce al re santo e peccatore. Gesù obbedisce al Padre perché continuamente con l’orecchio in ascolto del suo cuore.
Gesù è l’atteso che si presenta in modo inaspettato. Viene da noi e sembra porsi contro di noi. È figlio di Davide ma suo Signore. Ci supera e ci si oppone. Non lo riconosciamo come logica conclusione delle nostre speranze. Anche noi come i suoi contemporanei, non lo riconosciamo né come figlio di Davide né tantomeno come Figlio di Dio.
Semplicemente perché lui è figlio di Davide e Figlio di Dio non secondo le nostre attese, ma secondo quella umanità che scaturisce dal cuore del Padre grazie al costato trafitto del Figlio in croce. E a noi tutto questo rimane sul gozzo.
Eppure Lui è Signore perché fa di noi una cosa nuova, inattesa. È il suo bello ma è, allo stesso tempo, la sua drammaticità .
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM