Il vangelo di oggi, terzo giorno del vangelo di Giovanni, ci mostra gli atteggiamenti essenziali e centrali per la vita della persona umana. Cercare, stare in casa, vedere, dire sono verbi e movimenti che dicono il dinamismo dell’uomo che è sempre in cerca della sua casa; che ha sempre nostalgia della sua patria, della casa natale; che cerca sempre di cogliere come si può arrivare a casa.
Siamo in relazione col Battista che testimonia chi lui è e testimonia chi è l’Agnello Gesù che toglie il peccato del mondo. Il passo naturale, seguente, è quello di volgersi a Gesù. Il volgersi dei due di Giovanni a Gesù è dato dall’occasione di sapere dove abita, per stare di casa con lui, per fermarsi da Lui. La sequela lungo tutto il vangelo di Giovanni, ci porta ad una casa. Gesù ci invita a seguirlo nel suo cammino fino alla casa, fino alla casa del Padre dove abita l’amore. Mediante l’amore possiamo scorgere le tracce di Gesù camminante verso la casa del Padre dove troviamo dimora e dove finalmente la Madre prende dimora in noi. Venite e vedete si concretizza nell’esperienza di essere, di divenire e riscoprirsi figli.
Noi sappiamo dimorare veramente solo dove siamo amati, per questo la casa dell’Uno e Trino è l’affetto per noi. L’andare a questa casa dopo che Giovanni ha indicato l’Agnello e l’Agnello ha donato l’invito “venite e vedete”, è l’inizio della catena di testimoni che non ha fine e che diventa invito perché l’altro possa avere anche lui, da me invitato, l’incontro diretto col Figlio di Dio, con l’Agnello, col Dio con noi.
Quando noi parliamo non facciamo altro, volenti o nolenti, che manifestare quello che è dentro di noi. Parlare è via per mostrare ciò che abbiamo dentro, è togliere il velo che vela la nostra interiorità; il parlare è rivelatore e svela la verità contenuta in noi. Un padre che dà in escandescenze davanti a tutti i bimbi di una scuola che stanno festeggiando il Natale davanti al presepe da loro preparato, perché c’è anche una barca con alcuni lumini, rivela tutta la sua povertà e la sua incapacità a cogliere il senso del Natale, della solidarietà e della festa dei bimbi. È pieno di risentimento verso la vita e non può che riversarlo contro i morti in mare prima e contro i bimbi e le maestre poi. Parlare ci porta a gettare fuori quello che abbiamo dentro. Se dentro non c’è nulla, getterà fuori il nulla e il suo parlare diventerà trappola, una menzogna che fa cadere nel nulla e scatena una violenza impensabile.
Se Dio con la Parola ha fatto il mondo, l’uomo con la parola fa la storia e la cultura, sperando che non sia tutto figlio della menzogna per acquistare potere. La parola che indica me e mi getta nell’altro mi rende capace di una verità che ho esperito e non di qualcosa che ho solo chiacchierato. La parola detta e comunicata, indica me, indica te, indica un’esperienza; la parola mi rende testimone della verità che sono, diversamente il dire è solo menzogna, quella menzogna che è il delitto più grave che vi sia. È tale perché se con la Parola Dio diventa Creatore, con la menzogna l’uomo diventa distruttore, inquinatore, disumanizzatore, uccisore di ogni umanità. Se il Creatore con la Parola ha fatto tutto dal nulla, con la menzogna l’umano fa tornare tutto al nulla. Ogni relazione, con la menzogna, viene chiusa, si perde di vista la fiducia, la comunione diventa cosa obsoleta, ciò che prende piede è la divisione, la rivalità, la lotta. Il peggiore ha sempre prevalenza con la conseguente distruzione del mondo che media, per natura sua, le relazioni.
Dal dire dipende l’esistere. L’uomo che non ha alcuna specie, come invece gli animali nella Genesi, è tale perché della specie della Parola che ascolta. L’uomo è come Dio. Dio è Parola: l’uomo Parola a immagine e somiglianza di Dio, se dice la verità, se è verità, collabora alla creazione, se dice menzogna distrugge la creazione, ha bisogno continuamente del nemico e di un nemico da incolpare della propria malevolenza e povertà di vita.
Così viene distrutta ogni possibilità di comunione e quindi di condivisione, di relazione. All’origine di ogni esperienza c’è questo dire e dire in verità. Pensiamo all’esperienza di un bimbo: cosa è un bimbo se non gli diciamo niente? Così i rapporti fra le persone sono basati sul dire, ma se il nostro dire è un “parlare di niente” i nostri rapporti non potranno che essere vuoti. Tutto quello che facciamo, quello che studiamo, quello che realizziamo, è basato sul dire. Questo dire è punto di partenza e punto di arrivo di ogni esperienza. A noi lasciarci riempire e ricreare questa mattina dalla Parola creatrice per potere ritornare ad essere creatori di vita oggi, con la nostra Parola che non sia parola vuota ma Parola creatrice e donatrice di vita e di esperienza.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
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Abbiamo trovato il Messia.