C’è da rimanere incantati di fronte a questo oceano di meraviglia che è il Prologo del vangelo di Giovanni. Rimanere a bocca aperta dice il mio cogliere e non cogliere allo stesso tempo. Rimanere a bocca aperta mi dice quanta bellezza stiamo contemplando e, allo stesso tempo, quanta bellezza ci sfugge di mano, rimane per noi ombreggiata nel mistero non tanto perché non si possa capire, quanto invece perché io ancora non riesco a capire. Per comprendere anche solo una piccola parte di questa meraviglia bisogna lasciare che l’amore del Padre giunga a noi nello Spirito perché possiamo riinnamorarci del Verbo ogni volta che accogliamo nell’attesa questo passo di Buona Notizia che la dice lunga sulla nostra condizione.
Vorrei soffermarmi quest’oggi sul versetto 14, dove si dice che “il Verbo si fece carne”.
Dio è uomo! Non uomo divino ed etereo. Dio è uomo reale e concreto. A parte la fatica che facciamo nel cogliere che Dio si è fatto uomo, c’è da chiederci che cosa ne possiamo fare di un Dio del genere. Noi vogliamo un Dio forte, a cosa mi serve un Dio debole? Noi vogliamo un Dio che ci risolva le nostre magagne: a cosa mi serve un Dio che diventa Lui pure parte della nostra debolezza? Noi vogliamo un Dio vincente: figuriamoci, questo nostro Dio ha addirittura la faccia tosta di passare per l’esperienza della morte e della morte di croce.
Gesù, Verbo di Dio fatto carne, è ogni fragilità, debolezza e limite; è l’essere anche lui per la morte. È proprio la sua carne ad essere la gloria di Dio, perché l’uomo vivente, così come è, è la gloria del Padre. Non c’è altra gloria per un padre e una madre, che il vivere del proprio figlio.
Così la carne di Gesù diviene per noi scandalo. In fondo non ci interessa un Dio che si fa carne, uomo. Che cosa vuoi farne. Noi vorremmo un Dio potente che tenga dalla nostra parte, un Dio che confermi che noi siamo i buoni e ci sostenga nell’opera di pulizia mondiale di chi non è dei nostri e dunque è dei cattivi. Per quanto tempo noi ci siamo sentiti i buoni, noi occidentali, mentre i Russi erano i cattivi. Appena è caduto il muro ci siamo accorti di quante nefandezze noi occidentali eravamo responsabili, tanto quanto i Russi, se non di più.
La carne di Gesù, che tanto ci scandalizza, è quella di Dio, della Parola Creatrice, della Sapienza rivelata ai piccoli che ci rende figli. Sono i piccoli che colgono la bellezza dell’essere figli del Padre. Noi che siamo abituati a pensare la Parola in contrapposizione alla Carne, rimaniamo basiti di fronte a questa vera sapienza di Dio. Siamo invitati a fare un passo avanti per cogliere che ogni carne viene dalla Parola, Parola che a sua volta è vita e luce di ogni carne.
La Parola diviene carne: è un fatto, è qualcosa che accade, è un divenire, è un essere fatto. È la rivoluzione di Dio per noi. Dio, infatti, comunica in modo diverso. Cambia il modo con cui Dio comunica con noi perché ciò che da sempre era, è. Divenne carne, divenne uomo, partecipe in pieno di quello che noi siamo.
Rimaniamo a bocca aperta di fronte a questo avvenimento un po’ perché il dubbio del non avere un Dio che fa miracoli ci annebbia la vista e fa sì che la paura faccia novanta. Ma rimaniamo anche a bocca aperta perché Dio che ci ha fatti a sua immagine si fa a nostra stessa carne, vuole stare con noi. Roba da rimanere a bocca aperta perché non siamo più soli. È vero non abbiamo più l’Onnipotente, ma abbiamo un compagno di viaggio, un amico, che non ci lascia soli. Non siamo più soli, la Trinità in Gesù ciccia come la nostra, abita in mezzo a noi ed è come noi.
L’esperienza che siamo chiamati a sperimentare è quella dell’amore, sapendo che l’amore o trova o rende simili. Dio è amore e chi ama si dona totalmente, come Lui fa grazie alla nostra carne, al nostro corpo. Senza corpo il suo amore rischierebbe, in tutta la sua divinità, di essere un po’ etereo. Nel divenire carne il dono di Dio è completo e definitivo.
Basta con la mania di volere disumanizzare la nostra carne svestendoci della nostra umanità. La nostra carne è e la sua umanizzazione è il luogo più alto della nostra fede, perché lì Dio è venuto ad abitare. Non in apparenza, non prendendosi un vestito e mettendosi una maschera per assomigliare a noi, ma divenendo corpo, carne, ciccia, bisogno, sentimento, desiderio, sofferenza, capacità di camminare e di lavorare, tenerezza di amore per l’umanità.
Contempliamo la gloria del Verbo che si fa carne guardandoci allo specchio e guardando ogni nostro fratello che vive con noi, che cresce nella sua umanità, che diventa parte di questo oceano vitale che è fede incarnata.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI
Il Verbo si fece carne.