Guai a te Corazìn, guai a te Betsàida! Guai a te, guai a me.
L’invito che il vangelo oggi fa risuonare in me è quello di guardare me. Troppo facile sfuggire a questo sguardo prendendomela con le miriadi di problemi che esistono a questo mondo. Troppo facile trovare un difetto del prossimo da potere criticare.
Troppo facile ed inutile. Sì, è inutile prendersela con altri, colpevoli o meno che siano. Non serve a nulla se non a distogliere lo sguardo da se stessi e intraprendere, oggi come ieri e ieri come domani, con rinnovato desiderio, il cammino della conversione. Non più poppanti ma bambini per il regno, rinati come tali nell’età adulta. Bambini come il nostro maestro che è il più grande nel Regno dei cieli.
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L’atteggiamento che il vangelo mi suggerisce oggi è uno: ascolta! Ascolta con attenzione, ascolta con tutto te stesso. Ascolta ciò che il Signore ti comunica, ascolta ciò che il Signore agisce in te e intorno a te. Ascolta il respiro del mondo e della creazione, ascolta il respiro della tua città. Ascolta l’affanno del tuo vicino. Ascolta, non giudicare.
Il mio cuore ogni giorno si indurisce e diventa sempre meno capace di ascolto. Il mio cuore si indurisce se ogni giorno non ritorno ad addolcirlo con l’ascolto di Gesù Parola vivente. Solo Lui sa sciogliere le durezze del mio cuore, che mi rendono più sordo e più cieco di Corazìn e di Betsàida messe insieme.
Ascoltare o non ascoltare non è cosa secondaria. Ascoltare o non ascoltare è questione di vita o di morte. Ascoltare ci permette di crescere come persone. Altra attenzione meriterebbe, poi, il come ascoltare.
Ascoltare senza indurire il nostro cuore, ed ascoltare la voce del Signore. Il nostro cuore è indurito dalle nostre preoccupazioni. Il nostro cuore è indurito da ciò che in noi non va e continuiamo ad occultare e a nascondere. Il nostro cuore è indurito da tutto quello che la nostra ansia ci porta a volere afferrare con bramosia come questione di vita o di morte. Normalmente sono cose piccole e con poco valore. Cose che però in noi, intimoriti dalle nostre stesse paure, diventano pervasive e talmente grandi da non lasciare più spazio ad alcuna parola di saggezza.
“Non abbiamo ascoltato la voce del Signore, nostro Dio, secondo tutte le parole dei profeti che egli ci ha mandato, ma ciascuno di noi ha seguito le perverse inclinazioni del suo cuore, ha servito gli dei stranieri e ha fatto ciò che è male agli occhi del Signore, nostro Dio”, dice il profeta Baruc.
È la sordità alla Parola che può risuonare in noi con tutta la sua forza suadente che può muovere il cuore verso vie di vita. È la sordità che proviene dal grido straziante dei nostri bisogni e delle nostre problematiche personali e sociali, che ci porta ad avere un cuore e una mente talmente pieni, da non esservi più spazio per un po’ di umanità.
E il nostro grido diventa un grido di disperazione, un grido disumano, il grido, l’urlo di Munch Edvard.
Guai a te Giovanni, guai a te Francesco, se non reimpari ogni giorno ad ascoltare il Signore che parla alle profondità del tuo cuore. Guai a te. La disumanità prende ogni giorno il sopravvento se non ritorni in te con un cuore attento ed in ascolto.
Guai a te se ogni giorno se non ti fai questo favore. È un favore che facciamo a noi stessi, non certo a Dio.
Ascoltare per comprendere, ascoltare per discernere, ascoltare per scegliere, ascoltare per fare spazio, ascoltare per fare pulizia, ascoltare per potere ritrovare il gusto dell’obbedienza al bello che ogni giorno il Signore ci dona e ci propone. Ascoltare per cogliere i nostri errori ed offrirli come olocausto al Signore e all’umanità. Ascoltare per cogliere i nostri peccati e offrirli, con il nostro lavoro, sull’altare della vita perché il Signore, grazie allo Spirito, li trasformi in corpo e sangue di Cristo, offerto come cibo e come bevanda di vita all’umanità.
Un ascolto che può diventare messa sul mondo, messa nel mondo, messa per il mondo.
Ascoltate oggi la voce del Signore, non indurite il vostro cuore.
Shemà Israel! Shemà uomo dell’oggi!
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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