p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 30 Maggio 2023

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Ognuno di noi si organizza la propria vita scegliendo le proprie priorità e perseguendo uno scopo che gli pare essere quello che a lui sta più a cuore.

Ed ecco che qualcuno si cerca una moglie e su di lei poggia tutte le sue speranze; qualcuno si cerca un marito e pensa e crede a questa scelta come alla scelta della sua vita; qualcuno punta tutto sulla carriera, qualcuno sulla casa, qualcuno sulla famiglia, qualcuno sul divertimento. Sono tutte realtà finite che prima o poi manifestano il loro limite perché il marito si imborghesisce e perde di ogni creatività nella coppia; la moglie delusa per non essere riuscita a raddrizzare, come era sicura di poter fare, il marito si ritira e si chiude sempre più; i figli se ne vanno per i fatti loro; la carriera si presenta a noi con dei fallimenti…

Sono tutte realtà, queste, che fanno parte della nostra esistenza: tutto dipende dall’importanza che noi diamo a queste realtà. Sono per noi realtà ultime o sono realtà penultime? Noi siamo chiamati ad amare fino in fondo nostra moglie, nostro marito, i nostri figli, il nostro lavoro ma non facendo diventare degli idoli queste persone e realtà. Dio deve rimanere al suo posto perché rimanendo al suo posto noi possiamo trovare la forza e la motivazione per affrontare le realtà che ci si parano davanti.

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Il vangelo di quest’oggi, è un ulteriore richiamo alla necessità di vita della povertà. La povertà intesa come un lasciare tutto per seguire Gesù mettendolo al primo posto: solo in lui può riposare il nostro animo inquieto. Un animo che è sempre alla ricerca di un significato di vita che noi però cerchiamo nelle creature anziché nel creatore. È come se una madre o un padre cercassero il significato della loro unione nei figli anziché nell’altro/a, sarebbe un’aberrazione.

Il nostro animo è assetato di infinito e l’unico infinito è Dio: unico modo per fare spazio a Dio per dare senso a quello che viviamo è quello di lasciare tutto.

Lasciare tutto nel senso di abbandonare tutto quello che è superfluo e ci porta a legarci sempre più alle cose dimenticandoci del nostro Dio. Senza questo abbandono la sequela è atrofizzata e bloccata, non può essere realizzata. È necessario farsi poveri se si vuole ricevere la vita al seguito di Gesù; se ci si vuole mettere alla sua sequela.

Questo vangelo ci invita a constatare che all’uomo, proprio a causa dell’attaccamento ai beni materiali, è praticamente impossibile cogliere le nuove possibilità di vita che Dio prospetta nell’incontro con Gesù. Se infatti il nostro cuore e la nostra mente sono presi da altro non possono lasciarsi coinvolgere da un’altra realtà, anche se questa darebbe senso e significato a tutto il resto del nostro vivere.

Uno non può servire a Dio e a Mammona, o amerà l’uno e odierà l’altra, o odierà l’uno e amerà l’altra. Il nostro cuore è monogamo.

Questa realtà evidenzia la difficoltà di questa scelta e in particolare la difficoltà di questa scelta per ognuno di noi. Noi che viviamo in questa società che ha fatto del ben-avere lo scopo della sua esistenza, senza il quale non può vivere e sussistere, andrebbe a rotoli.

È una delle scommesse più centrali per il cristiano al giorno d’oggi. Una volta non poteva essere una gran scommessa per gran parte della gente che era povera. Ma oggi! Oggi, sì! Non c’è alcuna risposta preconfezionata. Siamo chiamati a scoprirla giorno per giorno sapendo che mai questa realtà darà significato al nostro vivere.

Questo mette in risalto l’assoluta necessità di rivolgersi a Dio per essere convertiti, perché tutto è possibile presso Dio. Nella scelta della povertà noi diciamo un sì a Gesù, e questo è un sì detto a Dio per ricevere il dono della vita. La logica del regno ci porta alla donazione di noi stessi, mentre la logica dell’uomo mondano ci porta a ricercare solo l’interesse. Se noi vogliamo cercare di comprendere le profondità delle logiche del regno di Dio, la povertà è una via di libertà interiore ed esteriore ineguagliabile. Madonna povertà è fonte di una fantasia di vita che noi nemmeno ci immaginiamo.

La povertà proposta all’uomo da Gesù porta in sé la rinuncia al Dio di questo mondo. Non è una povertà stoica o cinica: sarebbe un altro idolo farisaico! È una povertà di chi dà tutto ai poveri. Non è una povertà che ha come fine una libertà reale o morale da qualcosa, ma è una povertà che mira ad una libertà per qualcos’altro, per una solidarietà. Tutto questo è ancora una semplice premessa all’aspetto essenziale della stessa povertà: povertà per seguire Cristo. È in lui che la nostra libertà si realizza e diventa libertà liberata in tutte le sue potenzialità, nel dono stesso della vita.

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