Il cuore dei discepoli è turbato. Cosa sta avvenendo, nel tempo dell’ultima cena? I discepoli sono turbati perché smarriti a causa della partenza di Gesù, annunciata. Ciò che vivono, in questa situazione di timore, è il turbamento e un senso di orfanezza. Il Signore se ne va, ma cosa sarà di noi quando Lui se ne sarà andato?
Una domanda che dovrebbe sempre accompagnarci: che cosa possiamo fare nel nostro tempo in cui l’attesa del suo ritorno sembra essere cosa lontana dalla sua partenza? Essere intanto, coscienti della sua partenza, che se accolta e non solo problematizzata, è cosa essenziale da vivere con una comprensione profonda. Il centro di questa coscienza è dato dal riconoscere che Gesù, uomo che ama, non è assente. Il suo andare dà inizio ad una nuova presenza che si concretizza nel volerci bene. Questo diventa un invito a vivere la stessa dimensione nella nostra relazione di ogni giorno.
Accogliere questa presenza è accogliere Lui che continua a prendere posto in noi. Con modalità diverse. Ciò che rimane centrale, in questo essere in Lui e Lui in noi, è la relazione. Una relazione fatta di cure, aperta alle premure nei nostri confronti, una relazione che non abbandona la tenerezza per noi. Rimanere in sua sequela è rimanere in questa relazione di vita, nella vita di ogni giorno.
Lui, donando a noi il suo Spirito di amore, non ci abbandona: continua a vivere in noi e a far sì che noi possiamo vivere in Lui. Anche la sua morte non è la fine di un bel sogno. È invece un compimento in cui far nascere in noi una fecondità di vita filiale e fraterna.
La partenza di Gesù, come della persona amata, lascia un vuoto interiore che rischiamo di riempire di surrogati. Comprendere Gesù nel suo essere, significa cogliere il suo essere via, verità e vita. Vale a dire cogliere che la via di relazioni è una, ciò che sono numerose sono le deviazioni. Così la verità esige continuamente ricerca, sapendo che la menzogna germina continuamente e spontaneamente. Non siamo chiamati a scandalizzarci per questo, quanto invece ad essere coscienti. Così possiamo vedere che la vita cresce con lentezza e in questa crescita possiamo cogliere come la morte può avvenire all’improvviso, provocata da qualunque stoltezza. Non è cosa da negare ma da vivere.
Queste vie e queste difficoltà sono cose nostre interiori da una parte ma, allo stesso tempo, sono anche elementi esteriori. L’ambiente ostile non aiuta a camminare sulla retta via, non ci spinge a cercare la verità, non è automatico nel far crescere e promuovere la vita. Ciò che avviene è che chi mette in questione la sincerità dell’ambiente venga messo in questione dall’ambiente stesso e, magari, colpevolizzato come cosa malvagia e negante della verità.
Siamo chiamati a preoccuparci della partenza quotidiana di Gesù? Sì, se siamo onesti! Ma allo stesso tempo siamo chiamati a cogliere il fatto che la sua partenza è un bene perché grazie ad essa viene a noi lo Spirito che ci fa vivere in questo mondo, in questa realtà, l’amore con il quale Lui ci ha amati. La sua partenza non è dunque abbandono ma è invito amante alla crescita nella nostra relazione con la vita.
La partenza di Gesù ci apre alla nostra storia di umani che camminiamo sulla via. Non siamo chiamati ad essere turbati – “non sia turbato il vostro cuore” – ma a vivere quella conoscenza della verità che ci fa capire la partenza di Gesù come compimento della sua opera di amore.
Lui che parte perché ci ama, è come colui che ama e parte lasciando libero spazio a coloro che ha messo al mondo. Lasciare lì qualcosa e andare via come atto di amore e di libertà, cosa non da imporre ma da vivere come dono.
In fondo possiamo cogliere come il credere sia conoscere, sapere e vedere come l’andarsene di Gesù sia un precederci e un prepararci un posto. Non è un abbandono, ma ignorando dove Lui vada può essere una scusa malvagia che ci porta ad essere smarriti perché non sappiamo dove andare. Percepire questo, sapere questo, è comprendere che Gesù ci porta al Padre, non alla Legge. Questo è dato semplicemente dal fatto che Lui ci rivela la verità che Dio è Padre e noi siamo suoi figli.
Gesù non ci abbandona e non ci lascia soli. Il suo andare è atto di amore dove il vuoto per la sua partenza da noi, è colmato dalla sua presenza in noi. Aderire a Lui è atto di fiducia dove la paura è realtà superata.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM