Il capitolo sesto di Giovanni è tutto incentrato sull’eucaristia come luogo di vita. Abbiamo visto il dono del pane che Gesù fa sul lago di Tiberiade. La gente si è saziata e sono avanzate dodici ceste piene che sono segno del sovrappiù da accogliere, non da accumulare. La gente va alla ricerca di Gesù perché vuole del pane. Gesù spiega loro che l’importante non è il pane, ma il senso che il Pane ha. Il senso consiste nel vivere il Pane, nel vivere ogni pane come Pane. Gesù prese il pane e lo benedisse, meglio benedisse il Padre, facendolo diventare motivo e momento di condivisione con i fratelli.
L’attore principale di questo movimento eucaristico non siamo noi ma il Padre che abbraccia ognuno di noi e ci chiama a sé. La chiamata è cosa concreta: ci dona il Pane di vita perché la nostra vita possa divenire, grazie alla sua metabolizzazione, Pane per i fratelli. Il Pane è strumento di vita. Nel momento in cui noi lo accumuliamo, anziché condividerlo, la nostra barca si appesantisce e diviene cosa difficile da fare navigare. Il Pane è nutrimento per potere camminare, nel momento in cui diventa strumento di falsa sicurezza per le nostre paure e insicurezze, ci appesantisce. Lo zaino diventa troppo grande e troppo pesante e il nostro camminare riceve un fermo che paghiamo caramente con la tristezza della nostra vita.
La sapienza che i piccoli comprendono è questa: il Pane condiviso. Se Dio Madre ci fa rinascere ogni giorno a vita nuova grazie allo Spirito e l’acqua diventa sostentamento per le nostre persone disidratate di amore, il Pane diventa energia e sostentamento perché il nostro esistere ritrovi senso di vita nell’abbraccio vitale del Padre nostro che è tutto nostro.
“E tutti saranno istruiti da Dio”, non perché andremo a scuola o a catechismo, ma perché, lasciandoci abbracciare da Lui che ogni giorno ci cerca, saremo inondati dalla sua vita di amore che ci rende vitali e amanti.
Il Pane è via di comunione, come l’eucaristia celebrata in chiesa raggiunge il suo apice nella comunione. In questo periodo, purtroppo non ci sono le condizioni per poterla celebrare in chiesa e questo fa emergere una sacramentalità più esistenziale, una possibilità di celebrare nelle nostre case la comunione di vita. Noi stessi infatti siamo il pane da spezzare per rendere la vita l’apice dell’eucaristia quotidiana in ogni ambiente dove noi ci ritroviamo a vivere. Il Padre ci istruisce con il suo abbraccio. Non c’è bisogno di spiegazioni, anche se hanno una loro importanza. La vita passa da Vita a vita, non da intellettualizzazione a intellettualizzazione.
È il pane che è simbolo e strumento di vita che noi siamo sempre tentati di svuotare di senso, rendendolo nostro idolo, vale a dire cosa da accumulare e possedere. Lo riduciamo a semplice bisogno, mentre invece è strumento di senso di vita.
La vita è ben altro! La vita è relazione d’amore che il Padre ci dona e che noi siamo chiamati a condividere coi fratelli. Quei fratelli che sono figli come me. Questa è già vita eterna, quella vita eterna che Gesù ci vuole comunicare.
La Parola e il Pane non è né chiacchiera né cosa da accumulare in dispensa. La Parola e il Pane sono cosa unica, meglio persona unica. Siamo noi! Mangiare il corpo, il pane, significa conoscere il Padre, vale a dire amarlo lasciandoci amare da Lui, facendo l’amore con Lui.
Il Padre, non il mio io, è il centro di tutto questo movimento vitale. Così veniamo liberati dalle nostre schiavitù, dalla nostra “mania” di cercare il nostro ego. Così ritroviamo la via e la bellezza di camminare su questa via.
Mangiarlo significa conoscerlo per assimilarlo per diventare come Lui, capaci di amare come siamo amati.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
FONTE: Scuola Apostolica
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