Lasciando risuonare dentro di me il vangelo di quest’oggi, ho sentito fortemente il richiamo di una domanda: ma chi sono questi operai? Questi operai chiamati e mandati, questi operai per cui pregare? Chi dobbiamo chiedere che il Signore mandi?
La risposta da sempre ovvia: preti frati e suore, mi è parsa veramente una risposta semplicistica. Mi è risuonata invece un’altra risposta che trovo nel brano di vangelo di quest’oggi: coloro che sono agnelli e che come agnelli vanno nudi donando pace e mangiando il cibo che viene loro donato.
Non so perché, ma ho sentito questa risposta come una risposta fisica, oltre che spirituale. Ho sentito falsa la risposta che sono coloro che predicano, sono coloro che tengono in mano le redini della chiesa e della comunità cristiana. Anche quelli, ma quelli solo se sono innanzitutto questi.
La discriminante non è il sacramento dell’ordine, quella è una discriminante importante ma strutturale. Ma questa struttura senza spirito è cosa vuota, è campana senza batacchio, è eucaristia senza banchetto, è riconciliazione senza perdono.
L’attenzione fisica ad andare come agnelli è un’attenzione non solo al cuore, ma anche al proprio corpo. Attenzione a come siamo vestiti e a come ci presentiamo. Non siamo predicatori del vangelo perché ci presentiamo mal vestiti o trasandati, per una sorta di povertà che poi povertà non è. La nostra, che è la religione dell’incarnazione, abbiamo rischiato di ridurla a mero spirito, uno spirito disincarnato e dunque inesistente, svolazzante, non umano.
Andate e portate pace e mangiate quanto vi donano da mangiare. L’annunciatore, colui che è agnello e non lupo, è colui che va ogni volta che esce di casa, è colei che dona pace ad ogni incontro, sono coloro che si manifestano fisicamente all’altro e che con l’altro fanno eucaristia mangiando di quanto gli viene messo davanti.
Non abbiamo più tempo per l’incontro, mi diceva un prete ieri. Abbiamo stravolto il nostro essere, mi viene da dire. L’incontro è ciò che ci caratterizza come umani e come comunità, se perdiamo questo perdiamo il nostro volto di designati e di inviati. Se perdiamo l’incontro perdiamo la nostra fisicità. Se perdiamo l’incontro rischiamo di ridurci a solo spirito. Se perdiamo l’incontro perdiamo la nostra capacità di piacere perché in compagnia e non in solitudine. Se perdiamo l’incontro perdiamo il senso dell’essere belli dentro e fuori, come lode a Dio e come mediazione di incontro col fratello e con la sorella. Se perdiamo l’incontro, e dunque la nostra fisicità, lo spirito magari svolazzerà bene ma non si incarnerà mai.
Fisicamente poveri e nudi, fisicamente agnelli di pace, fisicamente agnelli di Dio che tolgono il peccato del mondo non cedendo alla tentazione del richiamo ad essere lupi.
Andate, andate nudi, andate in pace portando pace, andate belli dentro e fuori perché il volto è specchio dell’anima e l’anima o si incarna in un volto, in un corpo, o non è; andate e fate eucaristia mangiando di quanto vi viene messo davanti e donando la buona novella.
Riscoprirci ogni giorno belli dentro e fuori, curando il mio e l’altrui corpo e spirito, curando i malati e donando pace è essere operai mandati, mandati secondo la vocazione di ciascuno di noi.
Un corpo, uno spirito e un Soffio che viene dall’alto, sono i tre volti dell’operaio, del sottoscritto che esce di casa per incontrare e per curare e per mangiare. Un corpo e uno spirito a volte appesantiti dalla fatica della vita, ma sempre alimentati dal Soffio che ci spinge verso la libertà che nasce dall’essere abitati dall’Alto.
Questo è l’operaio designato e inviato per cui prego ogni giorno, questa è l’operaia che dona pace e che crea comunione eucaristica intorno ad una mensa per cui anche oggi sono chiamato a pregare. Questo è l’operaio e l’operaia che il Signore oggi designa in me e in ognuno di noi. Questo fisicamente è l’operaio che il Signore designa, quell’operaio che dice con tutta la sua persona: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM