È la scommessa della vita quella di accettare l’invito del Signore a partecipare al suo banchetto.
La scommessa non è basata sui nostri beni e sulle nostre forze. La scommessa è data dalla nostra capacità di amore e di incontro con il Signore.
La torre della nostra vita chiede un investimento che non può essere né banale né di piccola cosa. Non si costruisce una torre vitale con la spontaneità di quello che mi viene in testa o con il fare quello che mi capita oppure, peggio ancora, con il rincorrere le nostre cose quotidiane.
La torre la si costruisce con perseveranza e con una perseveranza nel gestire la nostra interiorità facendola crescere. Non possiamo dissipare le nostre forze se vogliamo vincere questa guerra.
La nostra capacità di amore è povera ed è limitata. Ma questo ancora non conta. Ciò che conta è che questa capacità di amore – due spiccioli gettati nel tesoro del tempio dalla povera vedova, tutto quello che aveva per vivere – sia ben orientata e concentrata.
Non possiamo accogliere l’invito al banchetto della vita se non siamo disposti a rinunciare alla priorità dei nostri affari, dei nostri affetti, dei nostri campi e dei nostri buoi.
La scommessa dell’amore chiede priorità, niente può sovra-passare questa scommessa. L’invito al banchetto della vita chiede una povertà di cuore e di preoccupazioni. Non posso passare la mia giornata e la mia settimana a pensare a tutto meno che alla mia relazione di amore con la vita e con Dio e accontentarmi di una messa stiracchiata dove un prete sproloquia alla belle meglio e io aspetto solo che tutto finisca e che il prete non la tiri troppo per le lunghe.
Non possiamo continuare a trattarci così male. Il Signore ci invita oggi a trattarci umanamente, con verità.
Le faccende della vita sono appunto faccende e come tali vanno trattate, non si può metterle al primo posto. Non si può semplicemente perché queste faccende non danno vita, ma succhiano vita. Al centro del nostro cuore, in cima ai nostri desideri, come priorità delle nostre scelte o c’è la relazione di amore con Dio e con la vita, oppure non riusciremo mai a costruire la torre o a vincere la guerra.
Se mettiamo da poveri al centro della nostra esistenza la maturazione di umanità e di cuore e, di conseguenza, di fede saremo attenti e disponibili ad accettare l’invito alla festa che ci viene dal Signore. Diversamente saremo distratti dalle mille cose, magari anche utili, ma che non possono darmi vita. Cose che mi usano e poi mi lasciano sul ciglio della strada mezzo morto, succhiato da tutte le mie energie, le mie capacità di amore.
Per questo non posso amare nulla più del Signore della Vita, neanche la mia parentela. Non posso mettere in secondo piano la mia croce, vale a dire la mia capacità di donare la mia vita. Se metto in secondo piano la mia croce, questo è un suicidio annunciato. Gli effetti sulla mia vita, sulla società, sulla chiesa, saranno devastanti. Gli effetti, sono sotto i nostri occhi ogni giorno: è una battaglia persa in partenza.
Amare Dio e il prossimo come e più di noi stessi è la nostra salvezza, è l’unica via per una umanità vera e per una interezza di fede unica.
Solo così costruiremo la torre; solo così saremo pronti a partecipare al banchetto della vita anche se ciechi, storpi e zoppi; solo così potremo vincere la battaglia della vita e dell’amore.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM