p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 3 Marzo 2020

Questo non è mio Padre! Quel Padre che se ne sta lontano, non mi interessa. Non mi interessa neppure un Padre invadente che continua a trattarci da incapaci e che, per questo, deve continuamente dirci cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo essere. Non mi interessa un Padre che non vuole la mia libertà. Non mi interessa un Padre che non accetta che io possa sbagliare. Non mi interessa un Padre che non sia disposto al perdono, come non mi interessa un Padre che non chieda a me di essere come Lui, perdono vivente.

Mi interessa un Padre che ogni giorno riattizzi il fuoco della vita. Quel fuoco che io rischio di soffocare sotto la cenere, Lui lo riattizza soffiando via cenere e ponendo legna nuova su quel fuoco vitale.

Riconoscere la sua volontà di fuoco vitale è riconoscere questo come dono di fraternità. La sua volontà è cosa da ricercare insieme, non è cosa data una volta per sempre e non è neppure cosa da preti o da gente che comanda. Discernere insieme ai fratelli la Tua volontà è dono di fraternità ed è, di conseguenza, riconoscimento del tuo essere Padre. Discernimento senza riconoscimento della tua Maternità Paterna, non è discernimento.

Per questo il Padre nostro è da pregare insieme, se non vogliamo che sia una formula fra le tante, dette come un mantra autoreferenziale. Non siamo interessati a moltiplicare parole, come non siamo interessati a moltiplicare Padre Nostro detto e ridetto; siamo interessati a lasciarci toccare dal fuoco del Padre perché l’acqua viva della Madre ci lavi e ci purifichi rimettendoci in cammino insieme.

Per questo ti chiediamo il perdono perché il pane quotidiano noi lo facciamo ammuffire nelle nostre riserve e nei nostri disumani accumuli; dacci il nostro Pane, dacci cioè il tuo perdono perché siamo ladri nei confronti della vita dei fratelli. Il nostro peccato è il continuo provocare morti di fame dei nostri bambini. Tutti i bambini sono nostri, che noi lo vogliamo oppure no.

Grati nel ricevere il pane e grati nel condividerlo, sapendo che il pane è ciò di cui continuamente abbiamo bisogno per vivere. È cibo per il corpo ed è cibo per la vita: se lo accumuliamo uccidiamo la fraternità e condanniamo i nostri fratelli alla morte per fame e per asfissia. Per questo, o Padre, perdonaci! Moltiplicare le parole nella preghiera è moltiplicare l’accumulo: anziché vivere la relazione, che non ha bisogno di tante chiacchiere anche se le chiamiamo preghiere, noi vogliamo accumulare grazie su grazie, miracoli su miracoli, comunioni su comunioni, per avere di più, rimanendo di meno, continuando ad essere come prima. Non ci lasciamo toccare dal Padre che è santo e santificato dal nostro essere figli, lo vogliamo solo disponibile alle nostre necessità trasformando il nostro essere figli in meretricio, commercio di beni. Per questo chiediamo il pane essenziale, perché non cediamo alla tentazione di ciò che essenziale non è distruggendo questa nostra terra anziché viverla come Madre.

Per questo chiediamo perdono perché il fuoco sia ravvivato e perché diventiamo anche noi come Lui: gente che perdona. “Non dovevi anche tu avere compassione del tuo compagno, così come io ho avuto compassione di te?”, ci dice il Padre? Questo è il fuoco di cui necessitiamo, questo è il pane quotidiano senza il quale la nostra vita diventa un inferno.

La tentazione è sempre quella, quella di uccidere ogni fraternità con le nostre paturnie figlie del grande Divisore. La prima tentazione è quella di volere distruggere la tentazione: azione impossibile oltre che disumana. Senza tentazione non ci si salva, dicevano i padri del deserto. La tentazione è cosa essenziale per la nostra umanità. Ciò che importa è che noi torniamo a vedere e a riconoscere ciò che è bello e bene distinguendolo da ciò che bello e bene non è. Nessuno lo può fare al posto mio ma lo possiamo fare insieme. Per questo è essenziale pregare insieme da fratelli il Padre Nostro. Accettare di vivere la bellezza della tentazione è avere cura della vita e della nostra umanità, attraversarla facendo ritorno e continuando a pregare che Lui ci accompagni nella nostra libertà. Attraversarla intuendo la via e scegliendo la via del Padre che ci dona il pane quotidiano non quello eterno da accumulare. Così possiamo vivere insieme la bellezza del trascinarci fuori, tenendoci per mano, dalle perversità in cui ci perdiamo, tra cui, in primis, la mania dell’accumulo che uccide la condivisione fraterna di figli.

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