p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 28 Giugno 2021

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Cosa c’è di più bello del dono di una tana, poco importa che sia un posto grande o piccolo, ricco o povero, un posto dove comunque ritroviamo pace e sicurezza? La tana è la nostra casa, la tana sono le nostre conquiste, la tana siamo noi, quella tana che il Figlio dell’uomo non ha, quel cuscino nella tana sul quale il Figlio dell’uomo non può poggiare il suo capo per riposare.

La tana e il cuscino: nostri novelli idoli. Se vogliamo seguire il Signore Gesù questa è la “rivoluzione”: dobbiamo essere disposti a non avere tana, né cuscino. L’annuncio di liberazione di questa buona novella nella società romana e giudaica ai tempi di Gesù, risuonava rivoluzionaria e dunque degna di morte. Come si fa ad annunciare e proporre di vivere senza tana e cuscino a una generazione che basava sullo sfruttamento schiavizzante degli uomini il proprio benessere e riteneva degno di dignità la ricchezza accumulata? Direi che nella situazione dei contemporanei di Gesù possiamo rispecchiare noi stessi, le nostre idealità, le nostre scelte, un buon lavoro, un conto in banca, una bella casa, un buon convento, un’autonomia economica, una bella chiesa ristrutturata sembrano essere gli idoli della nostra fede. A noi e a questi nostri idoli, Gesù oggi annuncia la buona notizia: senza tana e senza cuscino.

È la scommessa della povertà che tanto ci disturba e tanto ci attrae. Gesù ha abbandonato ogni tana e ogni sicurezza morendo in croce per noi. Gli era rimasto solo il perizoma che era lo stesso straccetto che si era tenuto nell’ultima cena, quando deposto le vesti lavò i piedi ai discepoli. Non è un simbolo di pudore quello straccetto ma è un simbolo di servizio fino alla morte e alla morte di croce. È morto senza casa e senza amici per questo è stato vincente nella buona notizia, nella sapienza del Padre.

La povertà che tanto ci attrae e tanto ci sconvolge è una via di libertà dalla tristezza dell’accumulo, da quel male che siamo chiamati ad attraversare che tutto inghiotte e devasta paralizzandoci nella sua malvagità. Dunque, l’invito è semplice: fuori da ogni nido e da ogni tana. La povertà del fuori da ogni idolo e da ogni tana è via che ci aiuta a riscoprire e a riporre fiducia nel Padre che nella povertà ci rigenera oggi con i suoi figli. Se dunque la povertà è nostra madre, Dio è nostro Padre. La vita non dipende dalle cose ma da lei e Lui.

La libertà delle cose non è soprattutto rinuncia quanto invece il dono di Gesù a noi suoi fratelli. Lui, uomo libero, ci dona la sua libertà. La sua povertà che riceve tutta dal Padre è l’unico giudizio liberatorio sul mondo. Solo questo rimane criterio di riconoscimento della sua presenza nel mondo. Ed è per questo che nel povero siamo salvati e giudicati ed è per questo che al di là di ogni sensata mediazione e diplomazia, diciamo con Papa Francesco che l’uccisione di centinaia di migliaia di persone di qualsiasi nazionalità, ha un solo termine per essere definito ed è genocidio.

È tempo di accorgerci che la sequela del Signore incontra in noi momenti di entusiasmo e momenti in cui tutto sembra tornare alle origini. Teniamo presente che la sequela del Signore, questo è certo, non può essere dipendente dai successi o da nostri semplici bisogni.

Gesù è circondato da folle che chiedono e ottengono guarigione, e questo provoca l’entusiasmo dello scriba che vuole seguirlo. Come la richiesta di uno dei discepoli di seppellire morti viene stigmatizzata da Gesù come cosa secondaria, cosa tiepida. Non certo brutta e negativa.

La sequela non può essere cosa da messa della domenica che ormai rischia di diventare un surplus per i più, oppure un dovere da portare a termine in fretta per altri, prete permettendo. La schiavitù della messa della domenica non crea sequela, crea solo doverismo da assolvere il più in fretta possibile. Ma soprattutto anziché divenire un incontro di amore atteso, rischia sempre più di diventare il centro di una fede che si spegne appena fuori dalla chiesa.

La sequela è qualcosa di provocata da un incontro. Non nasce sequela per un momento di entusiasmo di fronte alla notorietà del maestro. Anzi, questo può essere un impedimento alla nascita di una sequela vera. Ciò che vale è che ci lasciamo toccare dentro da una realtà che è povera e sfiora continuamente con una carezza la croce.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM