In una giornata di sabato viene descritto il movimento che porta Gesù a Cafarnao, nella sinagoga, gli uomini là presenti e tra loro un uomo abitato da uno spirito impuro che Gesù raggiunge con la sua parola efficace.
Questo brano ci presenta il primo “gesto di potenza” attuato da Gesù nel vangelo di Marco. Si tratta di un esorcismo, della guarigione di un uomo alienato “posseduto da uno spirito impuro”. Un uomo sofferente di disturbi psichici, afflitto da mali che si manifestavano in modo bizzarro, violento, anomalo, e per questo attribuiti a spiriti maligni. In realtà, il male che affligge quell’uomo (che frequentava regolarmente la sinagoga, luogo santo), ha anche una valenza spirituale.
Lui conosce Gesù: lo confessa “Io so chi tu sei: il santo di Dio”. Ma Gesù non vuole avere nulla a che fare con lui. La diabolicità dell’atteggiamento è lì: confessa rettamente la fede quest’uomo, ma non si coinvolge nella sequela di Cristo fino alla fine. In fondo la confessione autentica di fede deve avvenire sotto la croce, con un concreto cammino di sequela fino alla fine, fino allo scandalo della croce.
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Gesù aveva già chiamato a seguirlo due coppie di fratelli, ora scatta la potenza terapeutica dei gesti di Gesù. Tutto questo illustra l’affermazione di Gesù che inaugura la sua predicazione: “Il Regno di Dio è vicino”.
Il Regno di Dio si è fatto vicinissimo alla terra dell’uomo nella persona di Gesù: alcuni uomini, abbandonando tutto per seguirlo, hanno riconosciuto l’urgenza dell’ora facendosi testimoni della vicinanza del Regno. Oggi questa vicinanza è narrata dalla guarigione dell’uomo posseduto. Avendo personalmente conosciuto i meccanismi della tentazione nella lotta con Satana nella solitudine del deserto, ora Gesù può combattere e vincere il male dell’uomo, il male che intacca l’integrità della persona, il male del mondo. Ciò che colpisce è che Gesù non ha mai mostrato alcun interesse teorico di fronte al demoniaco: a Gesù non interessa il mondo del male ma il male del mondo.
La parola di Gesù è liberatrice: restituisce l’uomo a se stesso liberandolo dalla divisione che lo lacera e dai fantasmi che lo tormentano. È parola autorevole perché grazie ad essa si manifesta la potenza di Dio. È parola autorevole perché testimonia rivelando l’unità profonda della persona di Gesù, del suo parlare e del suo agire.
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Raggiunta e sanata l’interiorità dell’uomo alienato, ecco che inizia un processo inverso che dallo spirito impuro va all’uomo da cui esce, poi al gruppo di uomini presenti in sinagoga e infine a tutta la Galilea. Il racconto è simbolico: ciò che si manifesta nella sinagoga di Cafarnao è destinato a diffondersi in tutta la Galilea.
Gesù entra di sabato in sinagoga e si mette a insegnare. Gesù insegna “la via di Dio”, la via che è il cammino che Gesù compie. Il suo insegnamento suscita stupore perché è autorevole: “non come gli scribi”. La fede della gente intuisce la diversa qualità dell’insegnamento di Gesù rispetto a quello degli scribi: non si tratta di un sapere libresco, né di un sapere ricevuto da un maestro ma da Dio.
La sua autorità non riguarda solo la parola ma anche i suoi gesti. La reazione dei presenti nella sinagoga che definiscono la guarigione dell’uomo posseduto come “insegnamento nuovo con autorità”, mostra che Gesù insegna anche con i gesti, con gli atti di cura. Da subito Gesù manifesta la sua autorità che è autorità connessa alla novità della sua persona. Siamo di fronte alla novità messianica, la novità di Gesù che portò ogni novità portando se stesso.
L’autorità di Gesù è nel suo essere totalmente finalizzata alla vita e al bene delle persone. Non è un’autorità che accresce chi la pronuncia, è per far crescere l’altro: è autorità di servizio, non di potere. Questa è la “via di Dio” che Gesù insegna vivendo.
L’episodio mostra anche la sofferenza che la guarigione costa a quell’uomo: “straziandolo e gridando forte, lo spirito uscì da lui”.
Se spiritualmente l’impurità è divisione interiore tra confessione di fede e coinvolgimento reale con Gesù nel cammino verso la croce, Gesù interpella la nostra vita di fede ricordandoci che la vocazione cristiana ci incammina in un itinerario di unificazione della nostra persona davanti a Dio, agli altri e a noi stessi.
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