p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 27 Marzo 2022

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Gesù ha appena detto quanto è difficile essere suo discepolo. Tutti i pubblicani e i peccatori vanno da lui, mentre i farisei e gli scribi – i giusti e i sapienti! – brontolano contro di lui.

Per convertirli alla misericordia, Gesù racconta loro questa parabola in tre parti. Il ritornello è la gioia alla quale Dio invita tutti quando trova il figlio perduto. Chi non accetta come fratello il peccatore, non accetta l’amore «gratuito» del Padre e non è figlio.

È come il fratello maggiore: si arrabbia e non riconosce né il padre né il fratello. Resta fuori dal banchetto dell’amore, affogato nella sua giustizia.

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Questa parabola è «il vangelo nel vangelo»: Dio ci ama non perché siamo buoni, ma perché siamo suoi figli. Per questo, da cattivi, possiamo diventare buoni.

Questo testo è chiamato il Vangelo nel Vangelo! Se perdessimo tutto il Vangelo e restasse solo questa pagina, sapendo di cosa parla, capiremmo chi è Dio e chi siamo noi! Non è la conversione del peccatore che non ha bisogno di convertirsi, ma è la conversione del giusto che è chiamato a convertirsi dalla sua giustizia alla misericordia.

Noi siamo convinti che Dio ci salvi perché siamo bravi, perché osserviamo la legge. Noi osserviamo la legge, bisogna andare a messa, fare questo e quest’altro, altrimenti Dio ci punisce. Così si dice e così si pensa.

A questo Dio il minore si ribella, il maggiore lo serve da schiavo. I due fratelli rappresentano in realtà una stessa cosa. I fratelli sono uguali: entrambi hanno la stessa falsa immagine di Dio, sia per chi fa il bravo religioso sia chi si ribella.

Satana suggerisce a tutti che Dio è padrone di tutto, che è legislatore, che è giudice, che ti vede anche dentro, che è boia, che ti condanna alla morte eterna se non fai la legge che Lui ha stabilito! L’ateo, o il ribelle, cosa fa? Nega questa visione di Dio che le religioni affermano: se Lui è così io voglio la mia libertà e fare una vita umana, non da schiavo. Siamo chiamati a cogliere che il Vangelo ci presenti l’uscita sia dall’ateismo sia dalla religione!

Dalla legge, dal servilismo per arrivare alla libertà dei figli di Dio e alla religione dell’amore, la cui legge è l’amore che è legge a se stesso e alla libertà. Questa conversione dura tutta la vita. Gesù nel Vangelo non riuscì a convertire nessun fariseo, solo dopo morto ci riesce con uno: Paolo.

Il pericolo costante del cristiano è quello di dimenticarsi del Vangelo e dire: osservo le norme, così sono a posto. I due fratelli fanno lo stesso errore, hanno l’immagine sbagliata di Dio e Gesù morirà in croce, perché presenta questo Dio di questa parabola: un Dio che è Padre, che in realtà è Madre.

In questo brano si nomina dodici volte “Padre”. Lo chiama padre il cronista, prima comincia con “un uomo” e poi si capisce che è padre; lo chiama padre il minore, poi lo chiamano padre anche tutti gli altri servi e gli schiavi; il fratello maggiore non lo chiama mai padre. Lo chiamerà padre quando capirà che questo tuo figlio, il disgraziato, è suo fratello. Ma non chiamerà neanche il fratello come fratello, lo chiamerà: “questo figlio tuo”.

“Questo figlio tuo, costui”. Il problema è del Padre nella relazione con i figli e dei figli nella relazione col Padre: qui i figli hanno relazioni ben precise col Padre. Il minore dice: “è impossibile vivere, mi ribello e faccio quello che mi pare e piace”. Il maggiore dice: “è impossibile vivere, ma presto creperà e resterà tutto mio, se se ne va anche il fratello tocca tutto a me.”

Se il primo sceglie la strategia della libertà e del piacere, il secondo sceglie quella del dovere, del fare tutto a modo: così può restare a casa per l’eredità. Loro pensano così del Padre; il Padre/Madre di loro cosa pensa? Esattamente un’altra cosa: lascia andare via il minore tranquillo, vorrebbe che andasse via anche il maggiore.

Il maggiore non vuole entrare, perché il Padre fa festa e accoglie il minore tranquillo, senza fare alcun rimprovero. Il maggiore si arrabbia e il padre deve uscire di casa: con il minore non è uscito di casa, se non quando l’ha visto arrivare. Con questo deve uscire. Non si dice se poi è tornato a casa, perché questo non vuole entrare al banchetto che dice salvezza, che è amore gratuito del Padre.

Il brano vorrebbe essere la rivelazione a entrambi i figli che il Padre non è come loro pensano, ma è un’altra cosa. Dio non è come lo pensiamo noi, è esattamente il contrario: non è il Dio della legge, delle religioni che gli atei negano, ma quel Dio che è amore e libertà e misericordia assoluta. Lui non è l’antagonista dell’uomo, ma tutt’altro.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM