Mi ispira iniziare la nostra riflessione con un detto di Metastasio, un prete filosofo vissuto a cavallo tra il 1.600 e il 1.700. Dice il Metastasio:
“Se a ciascun l’interno affanno
Si leggesse in fronte scritto
Quanti mai, che invidia fanno
Ci farebbero pietà!”
Comincio questa nostra riflessione con questo detto perché, mi pare, possa esprimere molto bene la cecità con cui noi ci relazioniamo con la vita.
Tale cecità richiede un esterno ineccepibile, un’esteriorità perfetta. Tutto deve essere a modo, tutto deve essere per bene, tutto a posto se non vogliamo avere guai di ogni genere e origine.
E all’interno? Quanti mai che invidia fanno ci farebbero pietà, se vedessimo l’interno affanno nostro oltre che dell’altro.
Quando stiamo parlando con qualcuno, se questo qualcuno leggesse i nostri pensieri come si sentiremmo e cosa accadrebbe? Se i pensieri che ho fossero trasparenti, che accadrebbe? Cosa accadrebbe se i tuoi pensieri fossero trasparenti quando vai per strada, o quando tratti con le persone allo sportello di qualsiasi genere, quando bevi il cappuccino con le amiche, quando bevi una birra al bar?
Il Signore ci dice che quando l’interno sarà come l’esterno, il Regno di Dio sarà in mezzo a noi. Fino a che l’esterno sarà ineccepibile noi saremo schiavi dell’immagine. Soprattutto quando questa immagine è nostra preoccupazione averla bella e farla vedere bene, mentre all’interno vi è rapina e intemperanza.
L’esterno è tentativo di accalappiare l’altro, di averlo in mano per servirsene a proprio piacimento. Accalappiarlo con qualsiasi mezzo per avere consenso, per avere voti, per avere la clap, per avere capacità di vendita.
L’esterno può essere ineccepibile e più è ineccepibile e meglio ti riesce l’operazione di accalappiare l’altro e di vendere il tuo prodotto. Forse è tempo che non ci accontentiamo più di accusare i farisei e gli scribi, razza oramai defunta. È tempo di cominciare a capire che lo scriba e il fariseo sono annidati nel nostro cuore, magari anche in modo più perfezionato e sofisticato.
È l’interno del bicchiere della nostra esistenza che è importante sia pulito, se vogliamo bere l’acqua viva che sgorga dal cuore di Cristo, senza inquinarla o sporcarla.
Gesù se la prende con il legalismo che si perde in cose minute, rituali, dimentico dell’essenziale che è la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Legalismo che uccide l’anima della legge che è l’amore. Se le nostre osservanze sono finalizzate ad osservare norma e regola e non sono dettate dall’amore, diventano cose dedicate al mio tornaconto. Le nostre osservanze non dettate dall’amore sono salvaguardia dell’esteriorità: un bel bicchiere pulito all’esterno ma sporco dentro dove devi berci. Sepolcri imbiancati, dirà Gesù in altro passo del vangelo.
Il problema non è osservare la legge del bene, ma non farlo per proprio tornaconto salvando solo le apparenze. È importante osservare la giustizia, quella del Padre misericordioso non quella dei nostri tribunali; è importante essere padroni delle nostre azioni, e non essere gente via con la bandiera, che non si sa dove sia; è importante anche avere delle norme facendo sì che diventino sempre più legge del cuore, legge non scritta, norme che sento mie e che diventano una cosa conosciuta col cuore e vissuta con tutto me stesso.
L’invito del vangelo non è dunque un invito ad essere ciechi, vale a dire gente senza norma, gente che vive come se una cosa o una scelta valesse l’altra. Il fan tutti così ha prodotto più vittime della legge stessa.
Non si tratta di non essere attenti a nulla, di pensare che “a posto io a posto tutti”, cosa teorizzata e spesso concretizzata. No si tratta invece, semplicemente, di avere il coraggio di mettere al centro del nostro esistere e del nostro agire la giustizia di Dio che è amore. Una delle caratteristiche di questo amore è la disponibilità a perderci anziché a guadagnarci, mettendo al centro non noi stessi ma il bene dell’altro, il bene comune, il bene dell’umanità.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
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Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23, 23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito!».
Parola del Signore