p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 26 Febbraio 2023

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Il vangelo di quest’oggi mette davanti a noi come essenziale l’amore del prossimo. Un amore non promesso ma vissuto nella quotidianità ogni volta che ci si presenti l’occasione, nelle piccole come nelle grandi cose.

Questo amore al prossimo si esprime laddove il prossimo manifesta la sua povertà nella sua nudità, nella sua fame, nelle sue schiavitù.

Sono le situazioni in cui noi maggiormente ci soffermiamo a giudicare negativamente il prossimo anziché a soccorrerlo.

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Noi giudichiamo chi è schiavo e carcerato come un delinquente; noi giudichiamo chi ha fame come un lazzarone; noi giudichiamo chi è nudo come un indecente.

Il Signore ci invita a vedere proprio in queste povertà un povero, un uomo, un fratello, un povero Lazzaro, che ha bisogno della nostra attenzione anziché del nostro disprezzo.

Ma cosa vuole dire amare nel nostro quotidiano queste persone che incrociamo sulle nostre strade, che stanno alla nostra porta e delle quali manco ci accorgiamo?

Ci viene in aiuto il libro del Levitico (19, 1-2. 11-18): ci dona alcune concretizzazioni di questa attenzione e amore del prossimo.

L’autore del Levitico ci invita a non essere menzogneri per i nostri interessi, a danno degli altri. Siamo chiamati a non giurare il falso per ottenere privilegi e compensi: i ricchi ne trovano continuamente di persone come queste.

Il prossimo non va oppresso e neppure spogliato di ciò che è suo. Non si può giocare con l’altro e con quanto egli si è guadagnato con dure fatiche. È giusto che chi ha lavorato riceva la sua busta paga integra e puntuale perché uno che vive del suo lavoro e non è un nababbo, non può lasciare la sua famiglia senza sostentamento.

Il sordo e il cieco non vanno disprezzati e non bisogna mettere un inciampo sul loro cammino: vanno aiutati a sbrigare quelle faccende di tutti i giorni, anche burocratiche, che da soli non riuscirebbero a sbrigare.

L’onestà nel giudizio e nei tribunali è cosa da ricercare continuamente, oggi ancor più. Ormai sappiamo che la giustizia è data a chi ha più soldi e può permettersi gli avvocati più bravi. Il potente è colui che riceve preferenze mentre il povero viene trattato con parzialità e superficialità.

Questo avviene anche nel campo sanitario: se sei qualcuno ricevi attenzione: se sei una vecchietta sola no! Se puoi pagare domani trovi il posto, diversamente no, aspetti dei mesi anche se è urgente!

Non andrai in giro a spargere calunnie. Un prete ad una persona che si era confessata di maldicenza, come penitenza gli aveva dato di prendere una gallina e di, camminando per strada, spennarla. Fatta questa penitenza il prete gli disse: ora vai e raccogli tutte le piume che hai sparso per il paese se ne sei capace.

La maldicenza una volta fatta non la si può più recuperare, gira, si ingrassa, si ingrossa, diventa incontrollabile e continua a fare il male del prossimo e ad inacidire gli animi.

Non possiamo cooperare alla morte del nostro prossimo, al suo fallimento, al suo disfacimento.

Da ultimo siamo chiamati a non covare nel nostro cuore risentimento e odio verso il fratello: siamo chiamati a dire personalmente le cose che pensiamo anche se possono fare male. Infatti, se non lo facciamo, prima o poi cominceremo a sputare rabbia e veleno alle spalle, ad allontanarci da lui, a distogliere lo sguardo, a ritardare il saluto, a pensare male di lui. Dicendo quello che non va, può risultare difficile, ma tutto questo però si smonta perché la chiarezza e l’onestà non danno adito a fraintendimenti. Magari non viene accettata, ma non fraintesa.

Amen!

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