p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 26 Aprile 2021

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Da questo bel racconto del buon pastore, a cosa siamo chiamati? Siamo chiamati a rispondere con la nostra mente, col nostro cuore, con la nostra volontà. È questione di vita, tutto questo.

Gesù, quest’oggi grazie a questo brano evangelico, ci dice parole che sono rivelazione di verità e di libertà. Proprio perché non vogliono salvare nessuno, diventano salvezza vera e liberante. È grazie a questa autorità che è autorità di vita ed è autorità di servizio e liberazione, che si manifesta il vero dell’amore con cui Lui gestisce il suo rapporto con noi.

Gesù si rivolge ai farisei e a coloro che sono pastori ciechi: realtà non occasionale e non rara. Gesù parla del cortile del tempio dove vi sono pecore, è la navata della chiesa e, soprattutto, della vita dove emerge che le pecore sono il popolo di Dio. Quelle pecore che nel recinto, normalmente, stanno di notte. Quando viene il giorno, infatti, arriva il pastore, colui che le ama e le conduce fuori, al pascolo. Senza tale uscita non vi può che essere la morte per inedia.

È bello cogliere il rimprovero che Gesù fa ai capi del popolo, coloro che gli stanno dinnanzi. Li accusa di non essere pastori, di essere gente che non entra dalla porta. Loro infatti, entrano subdolamente e costantemente, con la scelta di aggirare e raggirare l’intelligenza e la libertà delle persone. Intelligenza e libertà che sono la porta dell’uomo verso Dio, da cui loro non vogliono entrare. Il loro potere sul popolo, come spesso quello democratico è abusivo. Loro non rappresentano Dio: ne hanno usurpato il posto e agiscono in modo contrario a Lui. Si sono messi al suo posto evidenziando che sono per Lui, quando in realtà usano la sua immagine per fare i propri interessi, alla faccia di ogni libertà da parte delle persone che a loro sono state affidate.

I capi del popolo, come spesso i nostri politici, hanno rubato a Dio il suo gregge: sono ladri. Possono apparire bene ma sono più preoccupati di rubare il volto di Dio e il suo amore per usare la loro faccia contro il prossimo, manifestando falsamente quanto dicono di essere: l’amore di Dio. Sono ladri e briganti usano il loro potere per opprimere ed esercitare violenza.

Che sia Giuda, che sia Barabba, che sia chi vogliamo, si presenta, in realtà, come un brigante fallito, semplicemente perché non abbastanza potente da vincere chi ha il vero potere. È un bandito, tale potente usurpante della libertà del popolo, diventato vittima, perché non è riuscito a prendere il posto del capo, facendolo sua vittima.

Sembra proprio una contraddizione continuamente presente: il modello che regge la società, è quello del ladro brigante, impersonato dai capi. Gesù ha proposto un nuovo modello di uomo, a immagine di Dio. Questo uomo è tale perché non ruba ma dona; è tale perché non opprime né uccide donando invece libertà e vita.

Il pastore, differentemente dai ladri e dai briganti, entra per la porta perché è di casa. Ai capi Gesù oppone se stesso come pastore legittimo e unico. Infatti la sua opera di liberazione consiste nell’illuminarci: ci fa vedere la realtà mostrando quanto sono falsi i modelli di vita che ciecamente seguiamo. 

Il pastore in fondo ci chiama, con quello che Lui è, e non tanto per quello che dice, ad aprire il nostro cuore alla libertà, quindi all’amore, quindi alla vita che ci mostra la bellezza del sapere distinguere l’amore dalla schiavitù, dall’egoismo e dalla morte.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM