p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 26 Agosto 2020

Vivere aspettando con speranza è una virtù che non ci è spontanea né tantomeno facile. Se aspettiamo qualcuno ci accorgiamo quando viene. Se non lo aspettiamo ci può passare sui piedi che nemmeno ci accorgiamo che è arrivato.

La beatitudine prima è proprio nel sapere attendere, nel desiderare di attendere. L’attesa non è un semplice stare seduti a guardare l’orizzonte. L’attesa è innanzitutto una questione di cuore, una questione che coinvolge e avvolge tutta la nostra persona, tutta la nostra vita.

L’attesa del Signore che viene, chiede un atteggiamento di cuore che è la nostra professione di fede, è il nostro credere. Noi attendiamo il Signore se viviamo da figli e dunque da fratelli, non se la facciamo da padroni.

Vivere l’attesa significa cogliere ciò che è bene in quel dato momento per me e per l’altro, e servire a questa dinamica di vita. Fare ciò che in ogni momento giova al bene: questo è attendere. Farla da padroni, godendosela anziché vivere la beatitudine, chiude la nostra capacità di vedere Colui che passa perché non capaci di attesa.

Non attendere è il corrispettivo del considerarci padroni e del credere di possedere noi stessi, la nostra vita, il nostro lavoro, i nostri beni. Questo atteggiamento da padrone non apre alla beatitudine ma ci spinge sulla via del servo malvagio che vive l’attesa come ritardo del Signore che viene e che, per questo, mangia e beve ma non serve.

Per noi che ci crediamo padroni e da padroni viviamo, la morte arriva come un ladro, non come dono del nostro Signore che viene a noi. Vivere in tal modo è non saperlo riconoscere, non saperlo vedere, non sentire la sua presenza. Non ci rimane che dire che Lui non c’è o al limite che non è il Dio incarnato ma il Dio lontano.

La sintesi di tutte le beatitudini è proprio quella del servo che vive di quanto il Signore gli ha donato e gli ha chiesto. Beato è il discepolo che segue il Signore servo dell’umanità. Questo ci mette in attesa e questo atteggiamento ci rimette per via, sulla Via Vera che è Gesù, sulla Via della Vita.

Così ci apriamo all’eredità, ad accogliere quanto il Signore Gesù ci ha lasciato di se stesso. Così possiamo vivere da risorti. Solo così i fratelli non diventano oggetto di violenza e il mangiare e il bere uno stordimento.

Il Signore viene a visitarci, stiamone certi, e non solo nei giorni ultimi ma anche oggi. Più beatitudine di questa: riconoscere la sua presenza e saperlo vedere ed incontrare!

È l’esperienza che viviamo nell’Avvento, che così bene viene descritta da Erri De Luca:

“Arrivò senza essere aspettato, venne senza essere stato concepito. Solo la madre sapeva ch’era figlio di un annuncio del seme che sta nella voce di un angelo. …. Solo le donne, le madri, sanno cos’è il verbo aspettare. Il genere maschile non ha costanza né corpo per ospitare attese. Risento l’aggravante di ignorare fisicamente la voce del verbo aspettare. Non per impazienza, ma per mancanza di tenuta.”


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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