Guai a voi scribi e farisei ipocriti! Perché? Perché guai a voi e perché, soprattutto, ipocriti? San Paolo era irreprensibile nell’osservanza della Legge. Più di così, più bravo di così non poteva essere. Ma questo che era da lui ritenuto un guadagno, il massimo che poteva fare, l’ha considerato una perdita. Essere osservante della Legge era divenuto per lui una perdita, addirittura spazzatura, ci dice, di fronte alla conoscenza di Gesù, suo Signore.
In Paolo possiamo cogliere un passaggio dall’alleanza antica a quella nuova: è la sua conversione, è la sua caduta da cavallo, dal cavallo della Legge al camminare pellegrinante dell’amore. A questo tutti noi siamo chiamati, a questa conversione. In cosa consiste questa conversione? Invece della Legge e della violenza della stessa Legge e della trasgressione impossibile da evitare della stessa Legge, siamo chiamati a passare alla relazione di amore. La Legge non può che essere violenta, l’amore, se vero, non può che essere perdente. È il passaggio dall’essere bravi per potere esercitare un potere e una violenza su chi non ritengo essere bravo, roba da inquisizione per intenderci, all’essere persone che vivono perché amate dal Padre. In altre parole è il passaggio dall’essere schiavi della Legge usando il nostro fariseismo per fare la guerra al prossimo, ad essere figli che vivono semplicemente di fraternità. Questa violenza della Legge ci porta a volere dei proseliti. Al giorno d’oggi quando sento parlare di vocazioni sacerdotali e religiose, sento molto questo odore, questa puzza. È un odore che manifesta la preoccupazione di mantenere un potere e di potere esercitare questo potere, non un gesto di amore perchè ognuno, preti e religiosi compresi, trovino la loro chiamata ad essere figli dello stesso Padre in modo diversificato. La chiamata del Signore a noi è chiara: siamo chiamati ad essere uomini e donne del nostro tempo, che non disdegnano dell’amore e che continuamente lo cercano senza dare nulla per scontato. Gente che sa quanto il proprio amore è limitato e che, per questo, si affida alla sorgente dell’amore che è il Padre che manda a noi il suo Spirito Santo d’amore.
Matteo non si rivolge a scribi e farisei Ebrei dei tempi di Gesù. Matteo si rivolge alla sua chiesa, quindi a noi, per svelare quella ipocrisia religiosa così difficile da scoprire.
Noi possiamo fare il male in due modi.
Il primo è quello che ci porta a trasgredire le cose giuste. Di fronte a questo male sentiamo la predica dei buoni che ci dicono che siamo cattivi, ci persuadiamo di essere peccatori, magari andiamo a confessarci e cerchiamo di convertirci. Questo è il nostro male banale fatto di trasgressioni, un male reale ma banale, facile da scoprire e da negare.
C’è un secondo male, un altro male, più sottile che si maschera dietro l’osservanza. Questo male è tale perché la propria presunta giustizia, quella irreprensibilità alla Legge, ci porta a perseguitare gli altri, come faceva Paolo contro i cristiani prima della sua conversione. È la violenza sugli altri mediante la propria giustizia, la propria osservanza, il proprio essere bravi. Così noi schiacciamo gli altri e giustifichiamo il nostro intervento criminale in qualsiasi parte del mondo. Ci inventiamo il terrorismo e rompiamo le scatole al mondo intero perché noi che siamo i buoni, abbiamo subito un’azione cattiva da parte dei cattivi. A causa di questo sono vent’anni che l’occidente fa la guerra al mondo per tenere soggiogato il mondo e potere intervenire a suo piacimento, anche alla faccia dell’ONU, in ogni parte della terra.
Questo è il peccato più grave di ogni trasgressione. Forse, assieme ad un bambino che muore di fame, è il vero peccato cosiddetto mortale, perché uccide la nostra umanità, e quindi la nostra fede, oltre che la vita del prossimo.
Così tu uccidi l’altro come fratello e uccidi te come figlio. Cadi nella tentazione di volere entrare dalla porta larga dell’autosufficienza, con quella supponenza religiosa che diventa violenza allo stato puro. Una violenza sacrale, ben giustificata, tanto che neghi pure che sia violenza. Ti sembra cose da gente zelante il cui fine, che è creare il proprio ambito di potere anche se religioso, giustifica i mezzi.
Ogni nostra osservanza della Legge che non è dettata dall’amore è dettata da questo spirito di ipocrisia che diventa violenza allo stato puro, con tutte le giustificazioni sacrali di questo mondo.
È per smascherare questa ipocrisia che il vangelo si rivolge a noi, oggi, come i nuovi scribi e farisei ipocriti nella loro convinta bontà.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
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Guai a voi, guide cieche.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 23, 13-22
In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Parola del Signore