HomeVangelo del Giornop. Giovanni Nicoli - Commento al Vangelo del 25 Novembre 2023

p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 25 Novembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: Lc 20, 27-40

Ciò che distingue un cristiano dagli altri uomini non è una morale eroica, ma la certezza di essere unito a Cristo e di essere destinato a passare dalla morte alla vita, come lui vi è passato. I sadducei, erano contrari alla risurrezione, affermavano che non esisteva e tentavano, attraverso il brano di quest’oggi, di ridicolizzarla. I sadducei appartenevano all’aristocrazia sacerdotale, il sommo sacerdote era sempre un sadduceo, ed erano una classe di ricchi possidenti. Erano gente con in piedi per terra, che negavano ogni fantasia sull’al di là. Erano gente concreta, che non correva dietro a sogni, Erano gente tradizionalista, legata al potere romano.

Questa gente, è simbolo di gran parte di noi oggi: su di loro la risurrezione, elemento essenziale del nostro credere, non faceva presa; su di noi la risurrezione, non ha incidenza pratica sul nostro modo di vivere. Se ne avesse non saremmo così impegnati a competere a tutti i costi, su tutto e su tutti, ma vivremmo una vita di ringraziamento godendo dei doni di cui Dio riempie la nostra vita. Ci verrebbe più spontaneo il dono piuttosto che l’accumulo, la condivisione piuttosto che la separazione della proprietà privata. Questo atteggiamento si manifesta anche nella storiella che hanno inventato ad hoc per deridere chi crede nella risurrezione.

Mi fermo su un particolare: la donna! Per come ne parlano, la donna era oggetto di possesso del marito, acquistata con regolare contratto dietro scambio di beni. La donna era un oggetto che ci si passava di fratello in fratello, per ottenere una discendenza.

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Dietro questo atteggiamento troviamo l’atteggiamento del ricco possidente sadduceo: il prendere e l’accumulare, in vista del godere, che non verrà mai perché non ne avremo più tempo, come simbolo di potere, l’unica cosa che ha valore in questa vita. Potere religioso (sacerdoti), potere economico (ricchi possidenti), potere politico (alleanza coi romani).

Noi vediamo che il “prendere” non genera vita, ma morte sterile. La fecondità viene dal dare. Il possesso e il dono esprimono rispettivamente egoismo e amore, e stanno tra loro come morte e vita.

Il nostro mondo attuale è sotto il segno del prendere e del morire. Lo sposarsi e il generare sono solo una protesta impotente contro la morte: più vivi si generano, più crescono i mortali. La donna viene usata solo per questo scopo, per il resto è un pacco postale. La conclusione è sotto i nostri occhi: morte e sterilità!

Il futuro, è sotto il segno del dono e della vita: non ci si sposa più perché non si può più morire. La grossolanità con cui a volte pensiamo alla vita futura come una semplice proiezione dell’oggi, non fa giustizia al dono di Dio. La vita futura non è una presa in giro: per cui recuperiamo quello che abbiamo perso e lo recuperiamo per sempre. Alcuni rabbini pensavano che la donna nella risurrezione, siccome la cosa più bella che poteva fare era generare, avrebbe messo al mondo un figlio al giorno. Fantasia bacata che pensa che nella ripetizione ossessiva di certi gesti che ci danno piacere, noi possiamo trovare felicità. Questo è un atteggiamento tipicamente da drogato o da avvinazzato.

Il matrimonio dà la vita a chi poi muore. La risurrezione invece dà a chi è morto una vita nuova, ormai libera dalla morte e dalla generazione. Il matrimonio cristiano non è conservazione della specie, ma testimonianza dell’amore e della fecondità di Dio. È segno transitorio di quello che sarà per sempre.

Dunque la risurrezione non è un morire per ritornare alla vita precedente: sarebbe una presa in giro. Non è una continuazione migliorata di questa vita.

Sarà vita nuova in Dio e nel suo amore. Come sarà? Nessuno lo sa!

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