p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 25 Maggio 2021

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Ognuno di noi si organizza la vita scegliendo le proprie priorità e perseguendo uno scopo che a lui sta più a cuore. Qualcuno si cerca una moglie e su di lei poggia tutte le sue speranze; qualcuno si cerca un marito e crede a questa scelta come alla scelta della sua vita; qualcuno punta sulla carriera, qualcuno sulla casa, qualcuno sulla famiglia, qualcuno sul divertimento. Sono tutte realtà finite che prima o poi manifestano il loro limite perché il marito si imborghesisce e perde ogni creatività nella coppia; la moglie delusa per non essere riuscita a raddrizzare il marito, come era sicura di poter fare, si ritira e si chiude sempre più; i figli se ne vanno per i fatti loro; la carriera si presenta a noi con dei fallimenti.

Sono tutte realtà, queste, che fanno parte della nostra esistenza e che in sé non sono un problema insormontabile o assoluto. Tutto dipende dall’importanza che noi abbiamo dato a queste realtà. Sono per noi realtà ultime o sono realtà penultime? Se sono realtà ultime, vale a dire le più importanti, allora la delusione sarà assoluta, il fallimento è totale, non avremo né la forza, né la voglia di rialzarci per riprendere il cammino. Se invece, sono realtà penultime, allora, c’è qualcuno altro al di là che assicura la nostra tenuta. Noi viviamo tutto per amore di quelle persone o realtà ma basando la nostra esistenza e il significato della nostra esistenza su Dio e sul suo amore, non sui nostri successi o insuccessi.

Noi siamo chiamati ad amare fino in fondo nostra moglie, nostro marito, i nostri figli, il nostro lavoro non facendo diventare degli idoli queste persone e queste realtà. Dio deve rimanere al suo posto perché rimanendo al suo posto noi possiamo trovare la forza e la motivazione per affrontare le realtà che ci si parano davanti. L’assolutezza donata alle cose finite e limitate, è sempre fonte di illusione prima e di delusione poi.

Il vangelo di quest’oggi è un richiamo alla necessità di vita della povertà. La povertà intesa come un lasciare tutto per seguire Gesù. Una delle caratteristiche del lasciare tutto è quella di mettere Dio al primo posto, perché solo in lui può riposare il nostro animo inquieto. Un animo che è sempre alla ricerca di un significato di vita che noi però cerchiamo nelle creature anziché nel creatore. È come se una madre o un padre cercassero il significato della loro unione nei figli anziché nell’altro/a, sarebbe un’aberrazione. Infatti: il marito si sentirà trascurato; la moglie non si sentirà più apprezzata come donna; i figli coccolati all’estremo rimarranno rimbambiti e insicuri per tutta la vita e diventeranno un dramma quando se ne andranno di casa.

Il nostro animo è assetato di infinito e l’unico infinito è Dio che viviamo lasciando tutto.

Lasciare tutto nel senso di mettere in secondo piano ciò che va in secondo piano; lasciare tutto nel senso di abbandonare tutto quello che è superfluo e ci porta a legarci sempre più alle cose dimenticandoci del nostro Dio.

Senza questo abbandono la sequela è atrofizzata e bloccata, non può essere realizzata. È necessario farsi poveri se si vuole ricevere la vita al seguito di Gesù mettendosi alla sequela di Gesù.

Questo vangelo ci invita a constatare che all’uomo, proprio a causa dell’attaccamento ai beni materiali, è praticamente impossibile cogliere le nuove possibilità di vita che Dio gli prospetta nell’incontro con Gesù. Se infatti il nostro cuore e la nostra mente sono tutti presi da altro non possono lasciarsi coinvolgere da un’altra realtà, anche se questa è più grande, più vera e più profonda, anche se questa darebbe senso e significato a tutto il resto del nostro vivere. Uno non può servire a Dio e a Mammona, o amerà l’uno e odierà l’altra, o odierà l’uno e amerà l’altra.

Questa realtà evidenzia la difficoltà di questa scelta per ognuno di noi. Noi che viviamo in questa società che ha fatto del ben-avere lo scopo della sua esistenza, senza il quale non può vivere e sussistere, senza il quale tutta l’impalcatura del mercato, con le sue leggi che poi non sono le sue, ma le nostre, andrebbe a rotoli.

È una delle scommesse per il cristiano al giorno d’oggi. Una volta non poteva essere una gran scommessa per gran parte della gente, perché gran parte della gente era povera. Oggi, sì! Non c’è alcuna risposta preconfezionata. Siamo chiamati a scoprirla giorno per giorno tenendo presente che mai e poi mai questa realtà potrà dare significato al nostro vivere.

Questo mette in risalto l’assoluta necessità di rivolgersi a Dio per essere convertiti, perché tutto è possibile presso Dio. Nella scelta della povertà noi diciamo un sì a Gesù, e questo è un sì detto a Dio per ricevere il dono della vita.

La logica del regno ci porta alla donazione totale di noi stessi, la logica dell’uomo mondano ci porta a ricercare solo l’interesse. Se noi vogliamo cercare di comprendere le profondità delle logiche del regno di Dio, la povertà è una via di libertà interiore ed esteriore ineguagliabile. Madonna povertà è fonte di una fantasia di vita che noi nemmeno ci immaginiamo.

La povertà proposta all’uomo da Gesù è rinuncia al dio di questo mondo. Non è una povertà stoica o cinica: sarebbe un altro idolo farisaico! È una povertà di chi dà tutto ai poveri. Non è povertà che ha come fine una libertà reale o morale da qualcosa, ma è povertà che mira alla libertà per qualcos’altro, per la solidarietà. Tutto questo è ancora una semplice premessa all’aspetto essenziale della stessa povertà: povertà per seguire Cristo. È in lui infatti che la nostra libertà si realizza e diventa libertà liberata in tutte le sue potenzialità, nel dono stesso della vita.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM