“Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (Cfr. Rm 10, 8)”, così scrive Origene, uno dei padri della chiesa.
Oggi possiamo cogliere che questo Regno è in mezzo a noi grazie a Cristo Re, il Crocifisso. È in mezzo a noi grazie ai Crocifissi della storia. È in mezzo a noi sul volto del morto in mare a causa del naufragio; è in mezzo a noi sul volto del migrante che non è considerato umano; è in mezzo a noi grazie al prigioniero dei campi profughi che sono peggio dei campi di concentramento; è in mezzo a noi grazie ai Crocifissi della storia.
Ma come mai questa presenza noi bravi, noi che siamo meritevoli, noi che abbiamo potere sul mondo, non la vediamo? Davanti al Crocifisso “il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù”, il Crocifisso appunto.
Lo stare a vedere di noi, popolo del mondo d’oggi, sa tanto di indifferenza, non certo di interesse. L’indifferenza non parla di vita, non parla di regno, non ascolta il grido del crocifisso, sia esso il Figlio di Dio come del figlio del mondo, per questo non sappiamo più riconoscere la sua presenza. Il Regno di Dio non siamo noi, il Regno di Dio sono i poveri. Sapere riconoscere tale presenza è salvifico per noi. Non siamo noi a salvare loro, sono loro che ci salvano grazie alla Croce alla quale noi li crocifiggiamo, grazie al nostro stare a guardare che parla di indifferenza ad ogni angolo della strada. Il Regno di Dio sono loro. Noi magari abbiamo la pretesa di essere Chiesa, ma il Regno di Dio che la Chiesa dovrebbe servire, sono loro. Senza di loro noi Chiesa non abbiamo senso. Non abbiamo bisogno di nuovi crocifissi, abbiamo bisogno che i crocifissi dell’oggi ci guardino con lo sguardo di amore di Cristo Re Crocifisso. Il loro sguardo a noi che abbiamo uno sguardo di indifferenza verso questi Cristi incarnati, diventa salvezza per noi. Se non stiamo solo a guardare con la nostra indifferenza, come se niente fosse. Questo è il nostro dramma.
Come è nostro dramma il nostro essere capi che deridono o soldati che angariano piccoli e grandi lungo la storia. Deridere e stare a guardare noi pensiamo che sia salvezza per noi perché non ci immischiamo in cose che non ci riguardano. Il regno della morte in tal modo cresce fino a scoppiarci in mano. Il nostro stare a guardare, il nostro deridere i Crocifissi, è morte per noi prima ancora che per loro: questo non è il Regno di Dio. Il Crocifisso, i Crocifissi, stanno in mezzo ai due ladroni, stanno in mezzo a noi, che ne facciamo? Loro sono la nostra storia, loro sono la nostra salvezza se abbiamo ancora desiderio di sporcarci le mani per una cosa bella e giusta, così come fa il Padre, così come fa la Madre, così come soffia lo Spirito di amore su di noi.
Non è vita guardare, guardare sempre e solo, guardare con un cuore ebete e distaccato, come se niente fosse, dentro il tempo che passa. Guardare la morte di un Dio con indifferenza nella morte dei fratelli: questo è il vero dramma. Non urlare, non piangere, non ridere, “stare a vedere” con indifferenza. Non interessa chi quell’Uomo sia, interessa che noi continuiamo a guardare disinteressati e abulici, sazi delle nostre interpretazioni che non sanno più di nulla e servono solo per non prendere posizione buona di fronte al Crocifisso di turno. Al Crocifisso di turno noi possiamo solo chiedere “ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”, ma possiamo fare questo se non siamo indifferenti, se abbiamo ancora in noi una parola silenziosa e umile di vicinanza, di cuore che batte.
Sembra che tale indifferenza possa solo cedere il passo alla derisione nostra e dei capi di Giudei. La derisione non ha nulla a che vedere con la compassione. Il non drammatizzare è cosa buona, l’avere un sorriso di compassione è cosa bella, il deridere è cosa feroce. I crocifissi derisi per la loro povertà, trattati come se non fossero carne umana, trattati da nulla e “stragiati” dopo essere stati sfruttati e derisi come se non fossero. Il grido di questi crocifissi della storia di noi potenti è il grido di Cristo Re dell’universo: se li deridiamo, se passiamo loro accanto con indifferenza, siamo da compatire più di qualsiasi altro peccatore della storia. Non nascondiamoci dietro la scusa del “ma che cosa posso fare” di fronte a un problema così grande? Al Crocifisso non interessa che tu faccia qualcosa, interessa che tu ci sia, che il tuo sguardo sia vivo di contemplazione, che il tuo cuore batta di compassione, che tu abbia ancora il coraggio di tendergli la mano, di non lasciarlo solo. I chiacchieroni al bar ti derideranno? Buon segno, vuol dire che sei sulla bella e buona strada.
Spogliamoci, come il Crocifisso, andiamo nudi come i Crocifissi, senza le nostre beghe di palazzo, così nudi saremo liberi da ogni costrizione di potere e saremo anche noi Regno di Dio grazie alla salvezza che i Crocifissi della storia portano in casa nostra. Casa che luccica di vuoto e disumanità, di ricchezza che è dito puntato perchè figlia di ingiustizia, roba che odora di morte.
Entriamo in questa dinamica del Regno con libertà, non avremo più bisogno di schiavi, di gente che muore a causa dell’alto forno, di gente che dai ricchi viene derubata ma non servita col lavoro. Con uno sguardo libero e un cuore pulsante ritorneremo a riconoscere il Regno di Dio in noi e in mezzo a noi, tutte le volte che il Crocifisso non sarà né deriso né trattato con indifferenza. Il Crocifisso, non quello appeso nelle scuole, ma quello che incontriamo per strada.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore