Chi è Dio per noi è domanda fondamentale per potere accogliere un vangelo come quello di oggi. È importante pure che ci domandiamo dove si volge il nostro sguardo quando guardiamo gli avvenimenti della vita e che cosa cerchiamo col nostro sguardo. Non da meno è importante che ci possiamo chiedere cosa e come ascoltiamo quando prestiamo il nostro orecchio a qualcuno.
Di fronte agli avvenimenti della vita, volenti o nolenti, anche noi pensiamo come i Giudei: coloro che muoiono in disgrazia sono gente maledetta. Se uno si ammala è perché ne ha combinate nella sua vita. La disgrazia noi la rifiutiamo come condanna quando capita a noi e ci diciamo: ma che male ho fatto nella mia vita per meritarmi tutto questo?
Ritorna la domanda: ma chi è Dio per noi? Dio è il giudice giusto che tramite Pilato ci ammazza sull’altare dei sacrifici? Oppure Dio per noi è Colui che fa crollare la torre godendo di orfani e vedove di quei diciotto che ci hanno lasciato la vita sotto quella torre maledetta, probabilmente mal costruita?
Chi è Dio per noi? È quel tale che pianta il fico nella sua vigna e che poi, siccome non trova frutti su di esso, viene e decide di ordinare il taglio del fico stesso?
A ben guardare, non in teoria ma in pratica, noi crediamo e pensiamo che questo sia il nostro Dio. Dunque un Dio da tenere buono con le nostre preghiere, un Dio da tenere buono con i nostri sacrifici più o meno convinti. Ma il nostro Dio non sa che farsene di tutte queste cose, né di preghiere né di sacrifici, al nostro Dio interessa essere Padre e Madre e potere avere figli che vivano da fratelli.
Ma noi, con quello che pensiamo e crediamo di Dio, con quello che facciamo gli uni contro gli altri, noi neghiamo la sua Paternità e Maternità, lo uccidiamo nella sua stessa identità.
Ma allora chi è questo Dio? Il nostro Padre è il Vignaiolo che si prende cura del fico. È il vignaiolo che vive la pazienza che non è “ci vuole pazienza, che ci vuoi mai fare”! Vive la sapienza che è la virtù del futuro, è la concretezza della virtù della speranza. Una virtù che si concretizza con il prendersi cura della vita. I risultati sono nemici sia della speranza come della fede. La mania di misurare quanto facciamo è l’esatto opposto della carità.
Dunque Dio è il vignaiolo che si prende cura del fico, delle situazioni sporche e delle situazioni drammatiche. Pilato e i costruttori della torre è gente di morte, Dio Vignaiolo si getta nella mischia di questa situazione drammatica e comincia a zappare intorno al fico sterile della nostra esistenza. Non teme la morte che Lui non vuole, si gioca nella vita curandosi di ciò che la morte provoca. Si prende cura delle vedove e dei figli dei diciotto morti sotto la torre di Siloe; prende per le orecchie i governanti che dicono maledetti coloro che attraversano il mare condannandoli ai campi di concentramento della Libia. Non ci toglie la libertà ma si prende cura di noi e ci ricorda che tutto ciò che sale prima o poi scende e cade, compresi i nostri governanti che fanno il bello e il brutto solo perché hanno ricevuto dei voti, non cercando il bene della vita e il bello della vita. Non governano, sfruttano il consenso per i propri interessi provocando crolli di torri di Siloe e naufragi in mare.
Dio è Vignaiolo che si prende cura della vita, del nostro fico sterile. Questo è quanto fa il nostro Dio, questo è quanto siamo chiamati a fare noi. Dio non c’entra con morti e disgrazie e neppure le permette. Dio non può intervenire in un certo modo nella vita degli uomini: dovrebbe togliere loro la libertà e uccidere l’unica cosa bella che possiamo essere: amore! Senza libertà non c’è amore: farebbe morire la nostra identità. Ma Dio si prende cura del cuore sterile di ognuno di noi, si sporca le mani con noi, perché, a forza di massaggi cardiaci, il nostro cuore ritorni a battere, ritrovi la via della vita, della libertà, che è via di amore.
Tale vita ha una concretizzazione per noi e per Dio: quello di prenderci cura sporcandoci le mani. Guardiamo il suo volto di Vignaiolo Padre e rispecchiamoci nel suo volto ritrovando in Lui i tratti della nostra identità. Ritroviamo la via della bellezza del prenderci cura della vita, anche laddove le cose sono drammatiche e difficili. Diventeremo gente di speranza armata di pazienza vitale che non molla di fronte a qualsiasi difficoltà, perché questo è il bello della vita. Naturalmente: liberi da ogni bisogno di risultato. Il fico può ancora rimanere sterile, ma sterili non possiamo rimanere noi non prendendoci cura della vita!
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
Vangelo del giorno:
Lc 13, 1-9
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.