La questione del male non è una questione secondaria che noi pensiamo di potere risolvere negandola con un bello smartphone o un’auto teleguidata o con l’ultima legge sulla privacy. Il male non può essere vissuto come una “brincadeira”, una buffonata: il male va vissuto in modo serio perché è cosa seria.
Sembra che la pubblicità abbia la meglio su qualsiasi problema da affrontare. La povertà, se non scelta e vissuta ma subita come miseria, è un male. Quante persone povere noi troviamo per strada con l’ultimo i-phone o il penultimo? Ci viene da dire: ma non è povero? Forse è ancor peggio: è talmente misero dentro da non sapere distinguere il bene dal male e il fatto che vi sono delle priorità nella vita che non possono essere messe in secondo piano. Il più povero diventa la vittima preferita della pubblicità. Proviamo a pensare a quante famiglie si sono indebitate perché con un bel finanziamento della banca tu puoi avere di più pagandolo un po’ per volta, fino a non avere più possibilità di pagare.
Il prendersi cura delle cose e delle persone chiede di prendere posizione di fronte a ciò che è bene e ciò che è male: non possiamo fare finta di nulla dicendo che “ma sì se è quello che vuole lui”, oppure “cosa ci vuoi mai fare”, o, peggio ancora, “mah è lo stesso, una cosa vale l’altra”. Sono falsità che nella piccolezza della loro falsità rovinano la vita, poco alla volta, giorno dopo giorno. Mi viene da pensare: cosa guardiamo di più un video o il cielo? Stiamo più a contatto con la terra, con una pianta oppure col catrame e una scrivania?
Ci siamo illusi di poterci costruire dei posti e degli stati sicuri alla faccia dei più poveri e ci troviamo terrorizzati di fronte alla ferocia di coloro che abbiamo tentato di annientare. Ciò che è peggio è che siamo impauriti perché parte di una società in decadenza che ha paura della sua ombra, che cerca sicurezze anziché vita. Mi viene da dire che la gran parte dei migranti che vengono a noi sono la nostra salvezza perché ci portano quella vita che noi non siamo più capaci né di dare né di vivere, soprattutto quando siamo “fissati” sulla Covid.
Prendersi cura di qualcosa e di qualcuno chiede amore e tenerezza, ma deve essere un amore e una tenerezza feroce che non accetta la manipolazione, che non accetta le falsità, che non accetta il buonismo ma ricerca l’autenticità. Non possiamo lasciarci attraversare da qualsiasi cosa pensando che questo sia bontà, questa è una presa in giro della vita per asservire la vita alle vendite promozionali o ai giochini del lotto, schiavi di risultati sempre meno veri e sempre più disumani.
Il no deve essere feroce, convinto, fermo, non può indietreggiare. Il fuoco che Gesù è venuto a portare sulla terra la dice lunga sulla vera bontà del nostro essere. Vuole che si accenda questo fuoco che è il dono dello Spirito Santo che divide il bene dal male e che unisce intorno al bene. È fuoco che purifica come il fuoco nella fornace che divide le cose spurie dal buon metallo. È fuoco che brucia e scotta. Non condanna ma evidenzia ciò che è bene e ciò che è male. E scotta, scotta e brucia in noi ciò che è male. Questo fa male ma alla lunga fa bene perché ci rende più veri e autentici.
Il fuoco è il frutto della missione di Gesù e deve essere il frutto della nostra missione di vita per noi e per il prossimo. Nell’eucaristia noi riceviamo lo Spirito non per la scomunica ma per la salvezza, per il risveglio del nostro desiderio più vero e umano. È fuoco, questo, che neanche le acque degli inferi possono estinguere, come leggiamo nel Cantico dei Cantici (8,6). È l’amore di Dio per l’uomo e dell’uomo per l’uomo, che sgorga dal costato trafitto del Crocifisso.
Il fuoco acceso è il desiderio di Gesù di potere fare pasqua con noi, come passaggio di salvezza che chiede la sofferenza del dono della croce. L’amore divide dal male. Solo chi ama sa dire di no perché nell’amore si accende quel desiderio di bene che non ha bisogno di giudicare e condannare, ma chiede giudizio e discernimento per scegliere un bene più grande. Questa divisione crea guerra, ma è guerra pacifica che non accoglie il male della violenza. È guerra pacifica che affronta il male con fermezza sapendo che la tentazione della violenza bussa 24 ore su 24 alla porta delle nostre giornate.
Lasciarci avvolgere dal fuoco dello Spirito di amore che brucia in noi spingendoci alla ricerca sempre nuova e quotidiana di ciò che è bene, bello e buono per la nostra vita, è cosa buona e giusta. Non mi interessano le vittorie elettorali, mi interessa il bene che una persona fa indipendentemente dall’attesa di avere più voti alla consultazione successiva. È cosa difficile da accettare ma è cosa veritiera: la divisione è via per potere vivere e accogliere quanto ci viene donato dall’alto per ritrovare oggi una nuova unità di vita, seguendo il Bel Pastore che è il Buon Samaritano che da ricco che era si è fatto povero, per prendersi cura di noi, di tutti noi.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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