p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 22 Gennaio 2021

Gesù chiama i suoi e li manda, li sceglie, chiede loro di essere con lui per. La vocazione è un dono di tutti.

Spesso si sente in giro che la vocazione, quella vera, è solo dei preti. Oppure che siccome è un dono di Dio che ti ha costituito nel presbiterato, allora tocca a te comandare ed è chiaro che tu hai sempre ragione. Niente di più falso.

Innanzitutto il Signore non chiama solo i preti ma chiama tutti nel battesimo ad essere sacerdoti della buona notizia. In seconda battuta anche i preti vanno fuori strada e sono chiamati ad essere vigili per cogliere la loro vera realtà e riconoscere se stanno camminando con Cristo oppure se vanno per i fatti propri. Il cristianesimo non può essere questione di chi comanda: se così fosse saremmo dei poveri cristiani.

Si racconta che un buon imperatore soffriva perché non tutti i suoi sudditi avevano un cappello per ripararsi dalla pioggia. Confidò questa preoccupazione al suo ministro, che a sua volta ne parlò con gli amministratori, che a loro turno informarono la polizia. La polizia arrestò tutti quelli che camminavano senza cappello e venne solennemente annunciato all’imperatore che nel suo impero non c’era più nessun cittadino senza cappello.

Questo è il rischio che corriamo noi cristiani nell’accogliere e nel trasmettere il vangelo. Diventiamo stupidi nel preoccuparci dell’esteriorità dicendo che vogliamo ribadire il primato di Cristo in mezzo a noi, mentre invece vogliamo solo ribadire il nostro primato e, stupidamente, farci belli sulle spalle degli altri.

Questo non capiterebbe se anziché crederci capi e unici interpreti del vangelo, ci mettessimo realmente a servire facendo come Gesù ha fatto e come ci ha chiesto di fare. Servire non è comandare in modo stupido e senza preoccuparci di mantenere una vita in rapporto diretto con la Vita, come il tralcio è legato con la vite.

Gesù sceglie liberamente gli uomini per la sua missione, chiede a loro di stare con lui per divenire capaci di andare. Senza questo stare con lui non c’è reale capacità di andare. Meglio ancora: questo andare diventa un girovagare senza senso e senza orientamento. È un girovagare a vuoto che stanca molto, porta a poco, crea un sacco di recriminazioni sul fatto che noi ci diamo da fare e poi guarda la gente come risponde. È un girovagare, non seguendo Gesù, che crea grandi delusioni e uccide la gratuità.

I discepoli che vengono chiamati da Gesù sembrano tutti uguali perché ricevono la stessa chiamata, ma in realtà sono profondamente diversi. Sono profondamente diversi nella risposta che loro stessi danno alla chiamata di Gesù.

Un esempio su tutti: la diversità con cui rispondono alla passione di Gesù: uno tradisce, l’altro rinnega, altri scappano, uno vuol fare la guerra, l’altro rimane ai piedi della croce. È inutile che vogliamo impacchettare il mistero dell’uomo in sacchetti preconfezionati e congelati: siamo diversi. L’uomo è diverso da un altro uomo e l’uomo è diverso dalla donna. Questa caratteristica che a noi dà così fastidio tanto che vorremmo tirare gli altri dalla nostra parte, tanto che vorremmo rendere tutti uguali, tanto che vorremmo togliere ogni differenza fra uomo e donna, fra padre e figlio, fra madre e figlia, fra educatore ed educando, è un elemento essenziale alla vita dell’uomo. È un segno di libertà e di unicità. È un segno che non tutto è frutto del caso o della determinazione biologica o sociale.

L’uomo è diverso ed in questa diversità sta il seme della sua libertà, e in questa diversità sta la vita, nell’uguaglianza non c’è vita.

Noi viviamo in una realtà di relativismo puro dove una scelta vale l’altra, dove il bene vale il male, l’inganno vale la verità, dove la falsità equivale all’onore. Sembra che sia scomparso ogni segno che metta in evidenza ciò che è vero, onesto e buono. L’ipocrisia e l’astuzia, la malizia e la seduzione nell’ingannare sono poste sullo stesso piano dell’amore e della bontà. Tutto è inganno e tutto è diffidenza e tutto è letto a partire da queste due categorie. Per cui non si può dire che esista il bene e il male se non a partire da quello che piace a me.

C’è una caratteristica che supera le nostre allucinazioni razionalistiche e anti vita che è l’amore. Noi sentiamo se uno ci ama, ci accorgiamo se in una realtà c’è amore vero. Qualcosa dentro di noi si muove in modo diverso di fronte ad una persona buona e saggia. Di fronte ad una persona che sa contemplare e che sceglie di vivere il suo tempo in un certo modo anziché in un altro.

La superficialità di approccio alla vita è causa dell’indifferentismo dilagante. Solo uno sguardo superficiale non sa riconoscere la differenza fra un’automobile ed un’altra. Un occhio attento non solo ne vede la differenza esterna ma anche interna, di motore, di potenza, di sistemi frenanti, di sistemi di sicurezza.

La differenza è il sugo della nostra esistenza e della nostra libertà, è ricchezza pura. Due figli che provengono dalla stessa famiglia compiono scelte differenti e in queste scelte sta la loro vita. Due persone religiose, della stessa religione, di fronte a realtà uguali scelgono in modo diverso e alle volte opposto, ma questa è vita.

Riscopriamo la differenza di essere e di scelta come essenziale alla nostra esistenza. Così riscopriremo una nuova e vera morale dove l’una cosa non equivale all’altra, dove un gesto non equivale ad un altro. Differenza che dona vita e che fa nascere vita.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM

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