Cosa è il male per noi? Qualcosa da eliminare dalla nostra esistenza. A volte lo vorremmo eliminare nascondendolo, a volte lo vorremo eliminare negandolo, a volte combattendolo. Il male per noi è la sconfitta del bene. Le cose vanno male perché non vanno bene. Il male avanza mentre il bene svanisce come neve al sole. Siamo per questo convinti che essere buoni significhi sbagliare di meno, essere ogni giorno un po’ sempre più perfetti.
In realtà così non è. Il male non è la sconfitta del bene, ma luogo di un bene maggiore. Ogni situazione di male, cosa che non siamo chiamati a scegliere ma siamo chiamati a vivere, è occasione di bene, di maturazione, di crescita.
È importante che tentiamo di uscire dalla dinamica del padre che castiga i figli e da quella bestemmia, questa sì che è vera bestemmia, dove Dio Padre permette che i figli soffrano. È importante che camminiamo verso una fede e una umanità adulta. Questa realtà adulta ci dice che il male è parte della nostra esistenza, a volte addirittura siamo noi il male. Il male fa parte della nostra vita, ma ciò che importa è come noi viviamo questo male non se noi lo sconfiggiamo o facciamo finta che non vi sia o non vi sia più.
L’adulto è colui che non cede alla tentazione delle illusioni e crede che le cose finalmente andranno a posto una volta per tutte. Questa è non fede ed è, soprattutto, negazione della vita stessa. Le cose a posto una volta per tutte sono cose da morti, sono cose morte.
Se questo è vero, come credo lo sia, allora essere perfetti come è perfetto il Padre nostro, non significa essere gente che sbaglia di meno quanto invece essere gente che ama di più. Coscienti del fatto che a chi più è perdonato più sarà in grado di amare.
Dio Padre è medico che cura le ferite non di coloro che non ne hanno o che pensano di non averne. Il medico privilegia chi sta peggio: fanno così anche al pronto soccorso!
Per questo misura della grazia di Dio non è la bontà della persona o la nostra cattiveria che è tante volte utile per fomentare le chiacchiere dei cosiddetti buoni. L’amore gratuito del Padre è per noi l’unica cura e per Lui l’unica rivelazione della Buona Notizia.
Per questo è importante che finalmente cominciamo ad essere coscienti che la comunità cristiana non è cosa da puri, ma di peccatori che accolgono e di perdonati che perdonano. Gli ultimi sono i primi nella Chiesa, non i cardinali o chi per loro.
Pensiamo che quel trasgressore di Gesù ha offerto personalmente la prima eucaristia a Giuda che lo tradisce, a Pietro che lo rinnega, agli altri che lo abbandonano. Per partecipare all’eucaristia non è chiesto di essere giusti, come abbiamo sempre pensato e come troppo spesso continuiamo a pensare. Anzi coloro che si pensano giusti sono coloro che tornano a casa loro non perdonati. Ciò che importa è riconoscere il proprio peccato non di non averne. Non possiamo continuare a pensare al sacramento della Confessione come ad una lavanderia dove noi andiamo per essere lavati. La Confessione è l’incontro col Padre Misericordioso. La forza del perdono viene dal dono di Cristo in croce, dono che viene celebrato nell’eucaristia che non è cosa da puri o perfetti, ma è cosa da peccatori.
All’inizio della messa chiediamo perdono per i nostri peccati e al momento cruciale della comunione andiamo a ricever il dono, non il salario della mia fatica, non la ricompensa della mia bravura vera o finta che sia, dicendo Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola e io sarò salvato.
Solo così oggi diverremo capaci di vederci seduti al banco delle imposte e di sentire Gesù che passa e ci dice “seguimi”! Solo così avremo il coraggio di alzarci, di mollare tutto e di seguirlo. Lasciare ciò che non è buono e andare verso ciò che è buono, bene e bello.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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