La prima conversione a cui siamo chiamati noi ricchi, è la conversione dello sguardo. Sembra, dal racconto del povero Lazzaro e del ricco, che la cecità sia cosa all’ordine del giorno. Ciò che appare è che la cecità ci rende tutti più tristi, incapaci di vedere il bello, incapaci di cogliere la realtà delle cose. Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, ci dice il profeta Geremia. Alla ricerca di qualcuno che ti favorisca non riesci a vedere il bene della tua e altrui vita. Siamo come alberi nella steppa e viviamo in luoghi dove nessuno può vivere. Questi luoghi sono luoghi disumani dove ci si aspetta che il potente di turno risolva i nostri problemi. Siamo da compiangere più del povero Lazzaro: ciechi che si lasciano guidare da altri ciechi. Ritornare a vedere è ritornare a piantare l’albero della nostra vita lungo corsi d’acqua che ci permettano di portare frutti. Non sono le cose che ci raccontano i nostri telegiornali o che ci raccontano i nostri politici o che ci raccontano i santoni di turno che sarà acqua buona che alimenta la nostra pianta di vita. Siamo tutti pieni come uova eppure sono riusciti a convincerci che siamo poveri, che abbiamo poco, distogliendo lo sguardo che, pur non essendo veramente poveri, noi non vediamo chi è causa di tutto ciò.
Ma torniamo a noi e al povero Lazzaro. Il ricco non vede se non quello che è suo e che può diventare suo. È maledetto non perché qualcuno lo maledice, ma perché si maledice da sé obbligandosi a non vedere la vita e tantomeno a gustarla. Gestisce la disonesta ricchezza come padrona della sua vita, ne consegue che perdendo la sua libertà per la disonesta ricchezza, non vede più il centro della sua vita, l’amore libero, e non vede più neanche chi è chiamato ad amare con ben poca cosa: il povero Lazzaro.
Conversione è alzare lo sguardo dalle proprie cose e dal proprio ombelico e vedere colui che non hai mai visto. Il primo che non hai mai visto sei tu, sono io. Con lo sguardo coperto di cose non ci vediamo per quello che realmente siamo e quello che siamo chiamati ad essere. Poi non vediamo né il nostro vicino e neppure il nostro lontano. Solo quando ci troviamo nell’inferno, dell’al di qua o dell’al di là poco importa, noi possiamo cominciare a vedere. Il ricco alzò lo sguardo e vide colui che non era mai stato libero di vedere: Lazzaro. Lui non aveva disprezzato né Lazzaro e neppure Dio: semplicemente non li aveva mai guardati, troppo occupato come era a guardare il proprio interesse.
Gesù alzò da subito il suo sguardo sui poveri. Ha potuto fare questo perché si era messo all’ultimo posto per servire i poveri, non per usarli. Per questo vede. Quando è stato liberato dai propri interessi e dalle proprie cose, il ricco vede quella grande distanza che prima non aveva percepito, vede Lazzaro, vede Abramo, vede Dio. Convertirsi è ritornare a vedere la realtà vera per tempo, non quando è troppo tardi.
Ricordati, ci dice Abramo, ciò che tu sei e quello che fai. Ricordati che la lettura e la visione della realtà a partire dallo sguardo di Dio, è diversa.
Il nostro modo di valutare la vita quale è? Lo ricorda a noi Abramo parlando col ricco epulone: “Tu hai avuto i tuoi beni nella tua vita; ti sei dato ai lauti banchetti e alle vesti di lino e di porpora; tu hai guardato alla vita come i miei beni, i miei magazzini, la mia vita”, hai vissuto come un ricco stolto. Vedere per ricordare e, ricordando e non facendo i dimenticoni, convertirci a ciò che è essenziale per vivere, a ciò che è acqua buona per alimentare l’albero della nostra vita: questa è la chiamata. Ciò che sembra acqua buona al nostro sguardo è troppo spesso acqua piena di salsedine: fa morire.
Convertirci allo sguardo di Dio non fidandoci troppo dello sguardo dell’uomo, sguardo troppo spesso cieco e maledetto, è cosa bella e buona, è cosa vitale.
Lazzaro ha avuto i suoi mali, che tra l’altro non erano suoi; tu hai avuto i tuoi beni che hai lasciato a casa tua. L’abisso tra noi e il povero Lazzaro, lo scaviamo noi con le nostre scelte, non riconoscendo Lazzaro come fratello. Se la salvezza del figlio maggiore è accogliere il fratello minore, per il ricco è ospitare il povero. Da questo dipende la salvezza dei ricchi: il povero Lazzaro già salvato da Dio, che abita la casa di Dio, salva chi lo accoglie ospitandolo a sua volta nelle tende eterne, vale a dire nelle tende di vita, della nostra vita.
Vedere che la vita è un ponte effimero, vale a dire che ha fine, è cogliere ciò che è salvezza per noi e ciò che è perdizione, già da oggi. Il passaggio, il ponte fra le due sponde, è la misericordia verso il povero. Ritorniamo a discernere la vita, ritorniamo a vedere, ritorniamo a scegliere il bene e il bello che è sempre con, mai solo per me.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
Vangelo del giorno:
Lc 16, 19-31
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.