Gesù esce, cosciente del fatto che è nell’uscire che si incontra e si può annunciare la buona notizia.
I confini sono fatti per essere superati, fino a che i confini servono per chiudere, chiudono, chiudono alla vita. I confini servono per distinguere e per creare incontro. Come la soglia di casa, confine della nostra proprietà, serve per essere aperta nell’essere superata. I confini distinguono, come la soglia di casa, ma servono per essere aperti, per entrare ed uscire.
Triste e cupa una casa sempre chiusa: a cosa serve? Bella e luminosa una casa aperta, abitata. Benedetta quella casa la cui soglia viene continuamente superata. È nell’uscire, dunque, che il discepolo diventa tale: annunciatore come il Maestro.
Uscire! Uscire dai nostri conventi, andare nelle periferie uscendo dalle nostre città e dai nostri centri. Uscire dalle nostre case e dalle nostre sicurezze. Uscire dalla propria cerchia di parentela e di amici, perché “fratello, sorella e madre sono coloro che ascoltano la Parola e la mettono in pratica”.
Uscire è la salvezza dell’uomo.
L’altra faccia della medaglia dell’uscire è l’accogliere.
In questi due movimenti c’è la salvezza e la fede, c’è la realizzazione profonda e più vera della nostra umanità.
Ogni scelta che chiude questo movimento è scelta disumana e malsana.
Le chiese non sono state fatte per noi; i conventi non sono per noi; le case non sono per noi; le piazze non sono per noi. Se tutto è apertura tutto è incontro. Che le nostre porte, ci auguriamo servano per chiudere e per aprire, per uscire e per entrare, non per rimanere chiuse.
Gesù esce di casa, luogo di vita dove si ritira coi suoi discepoli, come esce il seminatore a seminare. Esce di casa come è uscito dal Padre per venire ad incontrare l’uomo, per farsi accogliere dall’uomo, per farsi da lui mangiare così che l’uomo, l’umanità, possa diventare suo fratello e dunque figlio dello stesso Padre.
Gesù esce dalla casa del Padre per dimorare presso tutti. Lui è l’Emanuele, il Dio con noi, che ha messo la sua dimora fra di noi. Noi sappiamo che a quanti lo hanno accolto ed ascoltato, ha dato il potere di diventare figli di Dio.
Gesù esce dalla casa del Padre e siede lungo il mare, luogo dell’esodo. Il mare è il male per eccellenza, è il grande mostro che uccide le nostre vite e aumenta in noi le nostre paure. Il male è il grande maligno che inghiotte chi si avventura su di Lui. Ebbene il mare in Gesù diventa luogo di passaggio e campo da seminare. Abbandonando dietro di noi le paure noi siamo chiamati a seguirlo uscendo di casa per entrare nella casa del Padre di cui siamo figli. Entrare in quella casa per poi uscire ad andare a dire a tutti che il Padre ci chiama ad entrare da Lui: più seminagione di questa.
Gesù è il Figlio di Dio, seminatore uscito dal Padre a seminare la fraternità fra gli uomini. Ciò che semina è Lui stesso, Parola seme di verità che chiama in nome del Padre. Lui è il seme Verbo eterno che seminato e ascoltato, accolto dal terreno, rende figlio l’incontrato, l’amato.
È Lui anche la terra che accoglie questo seme che viene dal Padre. È il Cristo che esce dal Padre e che si incarna, si fa uomo, si fa terra seminata dalla Parola divina, quel Verbo che in principio era presso il Padre, era faccia a faccia con Lui.
Lui è il figlio dell’uomo in tutto simile a noi che come seme incarnato finirà nella terra, nel sepolcro, dove da morto ritornerà alla vita, da seme marcito porterà frutto.
Quel frutto che è Lui stesso, grano da mietere che porta pane sulle nostre mense. Grano macinato e impastato e cotto perché chi lo mangia, chi lo ascolta, chi lo accoglie, chi a Lui apre la porta, chi da Lui entra sapendo che Lui entra in noi, possa portare frutto di vita, possa ricevere la vita di Dio, possa diventare lui stesso Dio, figlio del Padre.
In Lui la terra dona il suo frutto. A Lui che è seminatore, in Lui che è terreno che accoglie il seme uscito dal Padre e pronunciato nei secoli dalla voce Giovanni Battista, in Lui che è seme e terra noi ritroviamo la nostra identità. In Lui infatti che è vigna, noi tralci riceviamo linfa vitale.
Ed è uno stare che è andare ed è un andare che è stare. Non vi è differenza fra il dentro e il fuori, fra il rimanere e l’andare perché tutto è ormai vita in Lui.
La soglia della casa del Padre è importante per vivere l’Incarnazione e per riconoscere quando ritorniamo nella casa, noi che spesso ce ne allontaniamo non per uscire ma per fuggire.
Così la soglia della chiesa, il sagrato, diventa luogo di incontro perché nella distinzione non c’è rifiuto, non c’è chiusura, ma nell’incontro c’è vita, vita vera, quella che viene da Dio.
Noi suoi discepoli usciamo e abbandoniamo le false sicurezze delle nostre case. È il prossimo la nostra vita, sono i poveri le nostre banche. Sono loro quel regno di Dio dove siamo chiamati a porre i nostri tesori certi che nessun ladro ce li porti via – chi vuoi che ci rubi i poveri – e dove né tignola né ruggine potranno mai raggiungerci.
Così seminati e seminatori, campi e aratori, entranti e uscenti noi vivremo fino a che Dio sarà tutto in tutti, oggi e non domani!
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM