p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 21 Dicembre 2021

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Incontriamo ogni giorno troppe persone. Troppi saluti di circostanza, fatti per necessità e convenienza: sarei un maleducato se non li rivolgessi. Quanti incontri mediati da altri interessi che non sono la tua persona, che non sei tu. Quante voci fastidiose, quante voci vuote, quante voci che non ti ricordano altro che un vuoto o un’esperienza amara. Quante cose entrano in noi con musiche che ci mettono sulle spine o con musiche che celebrano la morte col sorriso sulle labbra: la morte degli altri, naturalmente, mai la propria.

Dove è la gioia dell’incontro, un incontro disinteressato e libero, un incontro che non sia la solita cena aziendale o pranzo di lavoro. Non ci sentiamo più con gratuità, ci sentiamo se abbiamo una necessità o un interesse. Non parlo solo del sentirci con una telefonata, ma anche del sentirci dentro, sentirci col cuore.

Quanto un incontro è desiderato, tanto sprigiona gioia e amore. Tanto un incontro è amorevole e tanto può diventare una nuova Pentecoste, dove lo Spirito Santo di Amore scende su di noi.

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“Una voce! L’amato mio! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. (…) Ora l’amato mio prende a dirmi: “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!”. Questo bellissimo cantico di amore del libro dei Cantici dei Cantici, celebra l’amore di Dio per ogni uomo, l’innamoramento di Dio per ognuno di noi attraverso le parole di due innamorati.

La voce di Dio è piena, è pregna, è esplosiva quando entra in noi. La Voce di Dio è Giovanni Battista che grida nel deserto: “Preparate le vie al Signore”! Perché il Signore possa entrare in noi, perché la sua Parola, Gesù Incarnato, possa esplodere nel nostro orecchio e nel nostro cuore come seme di amore che germina e porta la vita, quella vita che noi siamo ogni giorno chiamati a partorire. È una voce, quella di Dio il mio diletto, piena di amore, piena di attesa, piena di desiderio. Quando la voce trabocca della pienezza del cuore, l’incontro diventa una danza di gioia.

Quanta attesa e quanto desiderio nel viaggio di Maria attraverso la montagna, verso la casa di Elisabetta. Quanto desiderio di incontro e di servizio nella fretta con cui Maria si mette in cammino verso la montagna. Niente a che vedere con la nostra fretta. È una fretta che non vuole finire nulla, che non deve portare ad alcuna consegna. È una fretta per avvicinare un incontro e un servizio: Maria con Elisabetta, la sterile che è incinta. Nella pienezza di questa passione, scoppia la vita, scoppia la danza del visibile – le due donne che si salutano e si abbracciano – e dell’invisibile – i due bimbi, Giovanni Battista e Gesù, che esultano e danzano di gioia nel grembo delle due donne. E la Pentecoste si rinnova, lo Spirito scende e danza tenendo per mano queste donne e facendo sobbalzare nei loro uteri i due bimbi. E la Pentecoste si rinnova, si rinnova ogni volta che i nostri non sono incontri di circostanza ma incontri tra fratelli. E la Pentecoste si rinnova ogni volta che abbiamo il coraggio e la forza di mettere la nostra pancia e il nostro desiderio anche negli incontri di circostanza.

In tal modo ci possiamo riconoscere come fratelli e sorelle. In tal modo l’Amore di Dio trova il suo canale privilegiato per raggiungere ogni uomo rinnovando l’incontro tra Padre e figli e tra fratelli.

Non più estranei, ma conosciuti perché riconosciuti. E la voce! La voce si fa emozione. La voce, pur estranea ci parla dell’Infinito che si fa finito. La voce ci parla del Dio incarnato, Amore che si fa uomo perché l’uomo possa essere Amore. È Lui che si fa come noi perché noi possiamo farci come Lui.

E lo Spirito Santo, l’amore di Dio che aleggia sul creato, non è più relegato ai momenti sacri e ben definiti, non è più rinchiuso in liturgie sempre più aride e sempre meno espressione dell’amore di Dio. Lo Spirito Santo non è più qualcuno da ricordare nel giorno della Pentecoste o nel giorno della Cresima, un paio di volte all’anno. Lo Spirito Santo diventa l’abitante per eccellenza dei nostri desideri, dei nostri incontri e dei nostri saluti, delle nostre voci e dei nostri orecchi, dei nostri uteri e delle nostre pance, del nostro abbandonare il terreno arido e sterile dei nostri deserti per ritrovarci rinnovati nel verde rifiorire dei nostri incontri.

“Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna” (Ct 2, 11-12).

Perché “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi – dice Elisabetta a Maria – il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

Beati noi ogni volta che i nostri incontri saranno un grido di gioia e di amore di Dio che riempie, col suo Santo Spirito, i nostri cuori, le nostre pance, i nostri uteri, i nostri orecchi, la nostra voce vibrante di Lui.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM