Siamo una generazione malvagia e adultera che vogliamo essere comprati da Dio con un segno. Siamo una generazione perversa perché anziché guardare a Colui che si dona oggi a noi con tutto se stesso, guardiamo le sue mani per vedere se ci sgancia qualcosa, un segno, un miracolo, qualcosa che migliori la nostra vita. Siamo per-versi, guardiamo in un’altra direzione perdendo di vista l’essenziale, vale a dire il nostro rapporto, la nostra relazione con Lui.
L’invito di Gesù a con-vertirsi è invito a volgersi a Dio: solo così ne potremo cogliere i segni. Toglieremo il nostro sguardo cieco dalla sua mano e cominceremo a vedere, a vedere il volto dell’Amato. Non quello che mi dà, non lo stipendio che mi porta a casa, non le prestazioni casalinghe, ma il suo volto e nel suo volto l’amore del suo cuore. Se non ci decidiamo a compiere questo moto del cuore saremo sempre anche noi generazione adultera. Generazione che non ama il suo Sposo ma che segue altri amori. Generazione che preferisce idolatrare i suoi idoli piuttosto che lasciarsi amare dal proprio Padre.
Se vogliamo ritrovare noi stessi dobbiamo ritornare a vedere la bellezza del ritrovare il nostro Dio. Solo accogliendo Lui che ci ama, non ricercando i suoi doni, Lui che ci ama di amore eterno, possiamo ritrovare noi stessi.
Vi sono realtà dove continuamente si sente la necessità di decantare i miracoli che avvengono in una data situazione, di partecipare ad incontri dove c’è tanta gente e dove sembra che la cosa più importante sia contarsi: quando sento parlare di questo sento un fastidio dentro che mi richiama al peccato di Davide quando, perdendo fiducia in Dio, ha avuto bisogno di fare il censimento del suo popolo, ha avuto bisogno di contarsi per cogliere fin dove arrivasse il suo potere. Quante volte abbiamo bisogno di contare quanti sono a messa, oppure quanti sono venuti ad un incontro, oppure quanti vengono ancora a catechismo, oppure … facciamo diventare la nostra fede una questione di numeri che è la base della fede nell’economia e nel potere, non nel Signore nostro Gesù.
Così con tutta la buona fede di questo mondo pretendiamo che il Signore avvalli la nostra perversione con dei segni. I farisei che gli chiedevano un segno erano gli stessi che tentavano di ucciderlo. Questa è la nostra perversione: usare i segni e i miracoli per ribadire la nostra fede o per ribadire la nostra mancanza di fede. Fede e non fede sono accomunate dall’unica perversione: non vedere più il volto di Dio nella nostra esistenza.
Di fronte a questo rapporto adulterino Dio non risponde. Il suo silenzio è di un’eloquenza formidabile. Il nostro Dio davanti al male estremo tace. Tace davanti a quel male estremo che è negazione del rapporto di amore con Dio per ricercare favori e miracoli. Davanti a quel male perverso che ci porta a guardare i doni perdendo di vista il donatore, a guardare le mani non il volto dell’Amato/a, Dio risponde col silenzio: tace per misericordia estrema. Un silenzio che sarà grido di amore dall’alto della Croce.
Dio ci chiama alla conversione e noi rispondiamo rivelando tutta la nostra resistenza a Dio e alla sua misericordia infinita verso tutti. Come Giona non ci va bene che Dio perdoni Ninive perché convertita. Peggio di Giona noi non ci convertiamo neppure davanti al Signore che ci ama e ci porta prima del nostro convertirsi, ben conscio che solo da perdonati noi diveniamo capaci di conversione.
Non ci sarà dato che il segno di sé da parte del Signore Gesù: il suo amore crociato. La croce è la risposta divina alla provocazione dell’umanità.
Gesù entra per tre giorni e tre notti nel cuore della terra: questo è l’unico segno. Questo è l’unico segno silenzioso che può guarirci dalla nostra cecità e dalla nostra sordità, di noi generazione perversa e adultera.
Volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto anche il nostro cuore sarà trafitto. Entrando nel cuore della terra il Figlio di Dio entrerà nel cuore dell’uomo, che è humus, terra. Lasciamoci convertire oggi volgendo lo sguardo sul volto del Servo sofferente, segno e realtà di amore di Dio per noi.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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