Dio è amore! Amore è essere fuori di sé per essere nell’altro! È uscire da se stesso per andare verso l’altro! È sacrificio, dono e consegna di sé. Così si esprime e si vive l’amore.
In Gesù, che volontariamente si consegna al Padre per amore degli uomini, si fa presente la sovrana libertà di Dio nel suo amore che si dona. Gesù consegnato e ucciso non è altro che l’esistenza storica e concreta di Dio nel mondo: l’esistenza di Dio che si consegna agli uomini e dà loro e per loro la sua vita.
Questo è un Dio debole e vulnerabile. Se un Dio che sta in alto può essere al massimo dimenticato, un Dio che scende così in basso può essere ucciso.
Questo però non impedisce, anzi accresce, la rivelazione di Dio che è amore e che proprio nell’uccisione si mostra paradossalmente tale, realizzando la sua massima manifestazione per l’uomo. Dio è colto come amore e dono incondizionato proprio nella sua morte. Dio si addossa il volto negativo dell’altro al quale dà in cambio la propria gloria.
A noi capita di cogliere come ogni uomo consideri se stesso come il centro di tutti e di tutto. Il criterio, che regola il suo rapporto con il «resto», è quello dell’utilità e del profitto: a che cosa mi serve e che vantaggio ne traggo, in che modo io mi posso innalzare di un gradino e primeggiare?
Il valere di una persona è il prevalere sull’altro: più uno «possiede», più alto è il monte di persone e cose su cui uno si appoggia, più egli vale.
Un piedistallo del mio valere: se non serve a questo lo scarto, se si oppone lo distruggo, se serve l’ho già calpestato e distrutto. Questa è la legge, secondo la quale sono regolati i rapporti tra gli uomini che reciprocamente sono ridotti a cose, piacevoli, utili o dannose: il valore d’uso.
In un tipo di società simile è indispensabile che ci siano divisioni e gerarchie ben precise: bisogna che ci sia l’inferiore perché ci sia il superiore!
Il regno di Dio è il capovolgimento di questo mondo di disvalori. L ‘atteggiamento di fondo non è più quello dell’asservimento, ma quello del servizio. L ‘altro (comprese anche le cose!) non è mezzo o strumento, ma è fine: l’altro è il valore in sé, che io devo promuovere, servire e far crescere nel suo valore, in quanto altro, proprio nella sua irriducibilità a me. Questo rompe sempre i miei progetti, le mie pianificazioni, i miei interessi anche sacrosanti: per l’altro bisogna che io sappia interrompere il viaggio, fermarmi, rimandare o scartare le mie realizzazioni, dare e perderci del tempo, come il samaritano della parabola. Dare e perdere infine anche se stessi, come Cristo, accettando di mettere tutto ciò che è nostro e noi stessi ai piedi dell’altro. […]
Continua a leggere il commento sul sito della Scuola Apostolica.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM