E ti ritorno a cercare. Mi sento vuoto eppure sono pieno. Ho lo stomaco pieno, anche troppo; ho la casa piena, non so più dove mettere la roba. E passando il passante, nei luoghi presso la piana di Catania, si chiedeva “Qui di chi è? – sentiva rispondersi: – Di Mazzarò!”. Era tutta roba di Mazzarò. È tutto talmente pieno che tutto ciò che mi appartiene, mi accorgo sempre più, mi domina. È roba mia, ci ricorda il Verga, ma in realtà è roba che mi comanda e mi domina a bacchetta, perché se non posso averne ancora di più, che ci sto a fare con la roba che non rende e non cresce?
Eppure ogni volta che entro in casa la casa mi sembra vuota. Che dico: è vuota! Talmente piena da non potere passarci neppure un soffio d’aria. Non c’è spazio per un respiro di desiderio. Io, novello Zaccheo, che giustifico il mio possedere come cosa necessaria e bella, ho bisogno di liberazione. Ciò per cui ho perso la vita non mi basta più. Non voglio più continuare a perdere la vita, voglio riprendere a donarla.
Il cieco alle porte di Gerico ha evidenziato tutta la nostra cecità e ha scosso il mio desiderio di ritornare a vedere, mostrandomi la mia cecità che non sa vedere neppure il mio essere cieco. Guarda in alto, contempla, e vedrai ciò che il centurione ha visto mentre si trovava sotto la croce dopo avere crocifisso la Luce che viene nel mondo: Costui era veramente il Figlio di Dio.
Io cieco che giustifico la mia cecità e la chiamano veggenza e preveggenza, sono oramai sommerso da questi chicchi di oro e di diamante, abbagliato, sommerso fino quasi a non vedere più nulla, ma convinto, come morto vivente, che la mia vita abbia senso. Non mi accorgo che da lì non nasce nulla, che per dare vita ci vuole un chicco di grano che cade in terra, dona se stesso morendo sotto terra, premessa di una risurrezione dove la spiga di grano nasce e cresce fino a maturazione.
O Signore, donaci la grazia di risvegliare la vita, liberaci dalla schiavitù del di più e, ridonandoci la vista, mostraci la bellezza del pane quotidiano, dell’avere ciò che mi basta oggi. Tutti gli accumuli sono false garanzie che svaniscono nel nulla e che non bastano, sono refurtiva per il ladro della vita che si chiama crescita.
Il più, il di più, è oramai tempo di svegliarci dal sonno, è la disgrazia della nostra vita. Anche il di più spirituale. Anche il di più di gente in chiesa. Il successo, il di più, è maledizione che chiede liberazione. Follemente schiavi dei nostri bisogni, obbligati alla conquista di nuove cose e possibilità, è tempo di ritornare ad ascoltare il desiderio che c’è in noi: “il pubblicano e ricco, cercava di vedere Gesù”.
Uno spiraglio nel cuore, un bagliore di luce in mezzo al caos delle cose che non ci bastano. Un soffio di Spirito che passa tra le cose accatastate nella nostra mente, tra le preoccupazioni che intasano il nostro fegato, tra lo sguardo che è affollato dalla folla osannante di successo e mi spinge a cercare, mi spinge a compiere una follia, mi spinge ad ascoltare il mio desiderio, non quello reale ma quello vero, e a salire sull’albero. Finalmente lo posso vedere, finalmente sono visto!
Quello sguardo, che brilla dopo il cieco che ha riacquistato la vista, evidenzia la mia tristezza, la mia insoddisfazione. Sembra che tristezza e insoddisfazione si ingigantiscano, in realtà solo ora vengono alla scoperta, non mi interessa più di tenerle nascoste. Sono in fibrillazione e tutto il non senso che mi travolge nel vortice delle corse folli di cui sono pieno, manifesta tutta la sua vuotezza. E ti ritorno a cercare! Salgo sull’albero e, speranzoso di vederti, sono visto da Te.
Siamo soli col nostro senso di fallimento che finalmente viene alla luce, ma la Luce sei tu e appena ci lasciamo toccare da Lei ci accorgiamo che in realtà questa illuminazione crea relazione, svuota la mia vita, mi rende capace di essere guardato e di accogliere il Tuo sguardo. Il tuo volto compare in mezzo alla folla, pienezza di cose che oscurano il cuore e la capacità di amare: non abbiamo più tempo e perdiamo l’unica cosa essenziale per vivere questo tempo.
Ciò che è senso di colpa diventa desiderio. Liberi finalmente di salire sull’albero ma, soprattutto, di incontrarti in mezzo alla folla che ora non mi può più impedire di essere visto. La roba di Mazzarò diventa roba di cui svuotarci, non più orgoglio ma richiamo a non salvare più la mia vita usando cose e persone, quanto invece luogo e mezzo per perdere la mia vita e ricevere in dono la salvezza.
Anche oggi ricerchiamo un piccolo albero di desiderio che ci faccia vedere da Te. Anche oggi vogliamo sentire che vuoi fermarti a casa nostra. Anche oggi vogliamo scorgere il poco o tanto che affolla la nostra esistenza. anche oggi vogliamo diventare dono per essere liberati e ricevere vita da te. Noi, novelli Zaccheo, noi novelli Mazzarò! Noi, vogliamo che tu venga a dimorare da noi. Tu povero a cui abbiamo dato da mangiare, tu nudo a cui abbiamo donato il vestito, tu malato da noi visitato, tu prigioniero che siamo venuti a trovare. Tu, fratello nostro!
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19, 1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Parola del Signore