p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 19 Agosto 2020

Volere essere i primi della classe comporta la necessità di accumulare tesori sulla terra. Tesori di riconoscenza, tesori economici, tesori di persone che dipendono da noi e che noi schiavizziamo.

I primi quando arrivano a prendere il denaro pattuito sono definiti dal vangelo “questi ultimi”, non tanto perché non hanno fatto bene quanto invece perché di fronte alla differente modalità di agire del padrone del campo rispetto al nostro buon senso, essi manifestano tutta la loro mancanza di cuore.

Al centro del loro lavoro vi è il denaro di compenso, non vi è né la bellezza del lavoro e neppure la bellezza del rapporto con chi il lavoro te lo dona. A livello di giustizia sociale del quanto fatto, tanto pagato, hanno ragione loro. A livello di amore sociale dove sappiamo che per vivere una giornata è necessario un denaro, la ragione è del padrone che vuole dare la possibilità a tutti di vivere e di dare da vivere alla propria famiglia.

Quando il popolo di Israele uscì dall’Egitto ad un certo punto, iniziò a nutrirsi della manna. Della manna potevano raccoglierne solo quello che bastava per una giornata, ciò che prendevano in più andava a male.

Ciò che noi abbiamo in più non solo va a male, perché tanto non ce lo portiamo dietro, ma fa andare male perché crea disparità, perché affama, perché provoca litigi e separazioni fra gli eredi.

Cosa è questo denaro necessario per vivere una giornata se non Dio stesso? Dio promette all’uomo se stesso, Lui è com-promesso in ogni sua promessa.

Se un denaro è ciò che serve come paga per vivere una giornata, possiamo chiederci che cosa è necessario per vivere una vita umana oggi? Non ci interessa il sempre perché il sempre comporta potere e distacco. Ci interessa oggi, perché ogni giorno siamo chiamati a cogliere il dono del Padre, di se stesso, a noi e a mangiare l’amore quotidiano necessario per vivere anziché sopravvivere. Se oggi siamo gli operai della prima ora domani, se non ci approprieremo del nostro lavoro, ma lo vivremo come dono, potremo essere gli operai dell’ora sesta o dell’ultima ora. Ma stiamo sicuri che non ci mancherà comunque il dono della vita di Dio, se non vorremo appropriarcene. Se continueremo a mettere al centro del nostro vivere oggi la nostra relazione con Lui e non ciò che Lui ci dona per vivere pensando di averlo meritato.

Ciò che è necessario per vivere è dunque riconoscerci figli di Dio amando Dio e il prossimo compimento della Legge e dei Profeti, non come merito ma come dono di gratuità che espande la vita e ci fa ritrovare la nostra vera identità.

Ma noi siamo invidiosi, il nostro occhio è cattivo di fronte alla bontà del prossimo e di Dio. Siamo pronti a negare il bene e ad evidenziare l’errore e il male dell’altro, ma non a riconoscere il bene che lui è.

Così vivendo, come per Pietro e gli Apostoli che avendo lasciato tutto e avendo seguito Gesù si chiedono cosa ne otterranno, noi andiamo alla ricerca del riconoscimento e della ricompensa: abbiamo bisogno di vedere cosa ci guadagniamo. Normalmente il nostro occhio torvo si ferma al guadagno oltre ciò che è bene e bello per vivere. Gesù ci invita ad andare più in profondità e cogliere ciò che è bene e bello per vivere: il dono della vita da parte di Dio oggi. Vita non conquistata, vita non meritata: semplicemente vita amata.

Così il dono gratuito è per tutti, operaio della prima come dell’ultima ora. Così il Signore, il solo buono, sovverte la dimensione economica della società e fa alla perfezione ciò che aveva chiesto al giovane ricco: dà tutto ciò che è ai poveri, tutto ciò che è suo.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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