Ci fa soffrire sentirci dire da una persona che abbiamo amato: non ti conosco! Ci rimaniamo male quando camminando per strada una persona, magari un fratello o una sorella, si gira dall’altra parte o cambia strada per non incontrarci e per non doverci salutare. Sappiamo di fare stare male quando noi, a nostra volta, agiamo così verso le persone care.
Rinnegare Gesù significa dire che non lo conosciamo. Pietro di fronte alla serva che lo indicava come uno della congrega di Gesù, afferma di non conoscerlo, di non essere dei suoi. Lui che poco prima aveva detto al Signore “con te sono pronto ad andare anche in prigione e a morte”, afferma di non conoscere colui che diceva di amare.
Questo rinnegamento non è per la condanna ma per il giorno del Natale, è il sole che sorge prima che il gallo canti tre volte, è il nuovo giorno, è il giorno del perdono. Cosa che Pietro non capirà subito, come non capiamo noi. Il giorno del rinnegamento è il giorno della fede dove possiamo sperimentare chi veramente è il Signore. Il rinnegamento di Pietro, come i nostri, è l’annuncio del nuovo giorno, il giorno della bontà misericordiosa del nostro Dio che viene a visitarci nel Figlio come sole che sorge dall’alto. Pietro che dovrà confermare i fratelli nella fede, deve passare attraverso il rinnegamento diversamente non potrà confermare nessuno. Al massimo potrà vivere l’esperienza della condanna, non certo della conferma nella fede, proprio nel “non conoscere” Gesù.
Pietro non può che rinnegare Gesù di fronte all’incalzare della donna, una giovane serva, perché quel Gesù lui non lo conosce, come non lo conosciamo noi. Pietro conosce il Gesù potente, quello che fa miracoli. Pietro non sa cosa significhi in realtà stare con questo Gesù. Il Gesù impotente condotto alla croce.
È la prima tentazione di ogni credente, se siamo onesti, quella di non conoscere o dimenticare Gesù crocifisso. Stiamo con Lui fino allo spezzare il pane, poi lo abbandoniamo. Finché si tratta di andare a messa la domenica passi, ma poi gli affari sono affari, eh!
Il nostro problema è conoscere il vero volto di Gesù, che non è il Gesù dei miracoli, e poi stare con Lui. Non girare la testa dall’altra parte, non fare finta di non conoscere, non accorgersi che passa, far finta di non averlo visto.
La nostra professione di fede, con la vita, è la professione di Paolo, il quale afferma: “io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Gesù Cristo e questi crocifisso” (1Cor 2, 2).
Rinnegare Gesù appartiene a noi che vogliamo salvarci anziché rinnegare noi stessi. È l’egoismo che ci spinge per paura ad affermare noi stessi. L’ora della prova evidenzia questo peccato che è già nostro da prima. Questo è un modo di vivere più che un’azione. Il rinnegare è il contrario del confessare.
Confessare non è questione solo di parole, è questione di vita. Confessare, non voltare la testa dall’altra parte e non dire che non ti conosco e che non ti ho mai visto, è questione di vita. È questione di accogliere e credere vivendo, quanto riusciamo, la stolta sapienza della croce nel seguire il Signore. Il dies natalis in cui rinasciamo, grazie ai nostri tradimenti perdonati, di nuovo rientrando nell’utero misericordioso di Dio Madre e rinascendo a vita nuova.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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