La pace che il Signore risorto ci dona, è una pace che va oltre le apparenze. È una pace che non dipende da alcun trattato internazionale e da alcuna firma di contratto. La pace che il Risorto ci dona è una pace del cuore che nasce da un dono e che ha come radice il non affidarsi alle apparenze.
I discepoli erano turbati perché Gesù gli aveva detto “Vado e tornerò”. Vado, dal Padre, ritorno a casa, rifaccio unità completa con Lui e lo Spirito. “Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre”, dice Gesù ai suoi discepoli. Perché in fondo a questo siamo chiamati: a fare unità con noi stessi, per poter vivere in unità con Dio e i fratelli. Qui, e solo qui, noi possiamo incontrare quella pace che non è la pace del mondo, non è la pace del salvare le apparenze, non è la pace che nasce da un contratto o da un accordo internazionale, non è la pace che possiamo avere momentaneamente quando firmiamo dal notaio un accordo che mette fine a problemi ereditari o di ogni sorta.
No, la pace di cui ci parla Gesù, e che Lui ci dona, è la pace dell’unità interiore che Lui ha vissuto prima di noi. Ritornare al Padre significa ritornare in pieno nella dinamica di unità della Trinità. Questa è la natura di Gesù, questa è la natura di ognuno di noi: questo è quello a cui siamo chiamati.
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Per cogliere questo dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le apparenze e oltre le strade che dobbiamo intraprendere per giungere a questa unità di vita. Alle volte dobbiamo lasciare qualcuno di caro per andare verso questa unità. Ma la pace che nascerà diventerà dono anche per chi ci è caro.
Alle volte dobbiamo passare momenti di angoscia e di passione. Ma se il frutto di tutto questo è la nostra pace, vale la pena passare questi momenti che così tranquilli non sono.
Questo andare è un moto di tutti i giorni. Tutti i giorni siamo chiamati ad uscire e ad andare, a lasciare. Ogni giorno ci consegniamo in mano alla Parola e lasciamo i nostri sogni, o incubi, le nostre sicurezze più o meno vere, e siamo chiamati ad incamminarci verso il Padre, vale a dire sulla via della vita, quella vera, quella che non si affida alle apparenze.
Tutto questo può comportare momenti di felicità come momenti di angoscia, momenti di turbamento come momenti di allegria. Ma anche questo rischia di essere solo apparenza. Ciò che vale è che il nostro cuore sia in pace e sia col Padre: che il nostro cuore e la nostra persona viva in unità di mente e di cuore.
Ciò che vale è che non ci sentiamo divisi dentro, tra il lasciare e l’andare, tra il perdere e il ritrovare. L’unità del cuore, la pace interiore, è sicurezza non che tutto andrà bene, ma che la via che ci è stata tracciata, è stata tracciata anche oggi. Non importa se gli altri ci comprendono, non diventa un problema e neppure motivo di divisione. Se il mio cuore è in pace non avrò paura di accogliere chicchessia né di incontrare il mio fratello. Se non fuggo da me, non fuggirò neppure da lui. Non avrò paura delle voci che cantano fuori dal coro; non temerò che qualcuno la pensi diversamente da me. Tutto sarà una esplosione di colori che rendono la vita bella e variegata. Se infatti, temo gli altri, sarò obbligato ad irrigidirmi e ad eliminare chiunque non la pensi come me o mi faccia notare un modo diverso di essere e di fare.
Questo andare è un fatto quotidiano ed è un fatto del nostro trapasso da questa vita all’altra. Questo trapasso, pur traumatico, sarà un parto ad una nuova vita più piena, in totale unità.
Oggi il Signore ci dice: “Alzatevi, andiamo via di qui”. Lasciamo, lasciamo dietro di noi tutto ciò che non fa parte dell’interezza della vita; abbandoniamo tutto ciò che è apparenza e affidiamoci al suo amore misericordioso camminando con Lui e dietro di Lui.
Travolti dal fuoco del suo amore ci lasceremo accendere da quella pace che non dà pace e non lascia in pace, perché mette a nudo la violenza nascosta nel cuore, che è ciò che più temiamo.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM