Abbiamo lasciato Gesù, nel vangelo di ieri, che si lamentava del male che è fondamentalmente non riconoscere il male e non convertirsi al bene. Ritroviamo oggi Gesù che gioisce e benedice il Padre per il bene che c’è sulla terra.
Gesù è il grande danzatore della vita che viene sulla terra per danzare la danza di gioia del Padre nello Spirito. Forse diamo troppo poca importanza alla danza liturgica che abbiamo ridotto ad essere delle belle statuine che stanno ferme e non si muovono. Abbiamo in tal modo escluso il corpo dalla liturgia di vita e abbiamo impoverito lo spirito che è diventato qualcosa di disincarnato.
Gesù danza! Danza il lamento perché il dono del Padre è rifiutato. Danza la gioia perché i piccoli accolgono il dono dell’essere figli dello stesso Padre. Gesù danza il duplice gioco del Padre che danza il lutto per il rifiuto della sapienza della sua Paternità e danza la gioia per l’accoglienza della sua Paternità. Danza il lutto per l’uomo che non vive il male come male ma lo scambia per bene; danza la gioia per l’uomo che riconosce il male e si affida all’abbraccio del Padre.
Gesù nel Padre, si lamenta del male e gioisce del bene. Ciò non significa fare il lamentoso ma significa invece essere persona che chiama le cose col loro nome, che non cede alla tentazione insipiente che serpeggia in noi e fra di noi, di chiamare bene ciò che è male e male ciò che è bene.
Noi che siamo abituati spesso a gioire del male, facendoci prudere fino alle dita dei piedi, e a contristarci e a lamentarci del bene perché non lo comprendiamo; noi che siamo abituati a fare un misto fra i due atteggiamenti per confondere meglio le carte; noi siamo chiamati a benedire il Padre perché ci invita a conversione come le città visitate da Gesù entrando nella danza gioiosa del Figlio per il bene e il bello e danzando la danza di lutto di fronte a ciò che è male.
Riconoscere e vedere il bene non è cosa scontata soprattutto ai nostri giorni. Come non è cosa scontata chiamare il male col suo nome senza scandali inutili ed ostracismi anti cristiani.
Forse odiare il male perché fa male e godere del bene perché fa bene, è un modo di essere semplicemente umano che ci siamo scordati di vivere e di danzare.
Ti benedico Padre; ti lodo Padre; perché ai grandi hai fatto perdere la ragione e ai piccoli fai cogliere la bellezza della danza di amore vitale, è forse una delle preghiere più belle che possiamo fare nostre. Benedire il Padre, benedire il bene, benedire l’uomo, benedire: che bello. Benedire e benedire nel nome della Trinità inchiodata sulla croce della vita.
Gesù realizza, in questa benedizione, il discorso del monte, il discorso delle beatitudini. Gesù realizza l’umanità del povero che è l’unica vera umanità umanizzante e dunque cristiana. Concretizza la danza dell’afflitto e del puro di cuore, di colui che realizza il Regno in queste condizioni, non in perfezioni disumane, inutili e inesistenti. Questa danza di umanità di Gesù per noi è scandalo e inciampo e diventa giudizio contro Gesù stesso, incomprensione della sapienza del Padre.
Mi sembra chiaro che accogliere questa danza di gioia e questa danza di lutto è accogliere la salvezza, è ritornare umani nella divinità e divini nella nostra umanità. Perdere tale danza è perdizione: rendiamo la nostra vita e le nostre liturgie cosa triste, statica, piena di regole aride e inutili, allontaniamo chiunque ha voglia di vivere la vita con le gioie e i dolori di ogni giorno. Lamento e lutto di Gesù per chi non accoglie; danza di gioia di Gesù per chi accoglie; è l’invito orante a cui siamo chiamati quest’oggi.
Cosa significa questo per la nostra vita? Significa accoglienza del dono di Gesù che dona a noi la sua umanità! Dire sì all’amore del Padre è conoscere il Padre stesso e danzare la vita con Lui nel ritmo vitale della danza della Trinità. Questa è la nostra dignità: essere figli che ricevono la vita del Padre, vale a dire tutto ciò che il Padre è e ha!
Da ultimo non dimentichiamoci che la benedizione non è cosa magica e non è cosa per le cose. La benedizione del Padre ci salva dall’idolatria. Salutarci con la benedizione è dono dall’alto che scende su di noi. È ritornare a vedere la bellezza del benedirci a vicenda non perché roba da preti, quanto invece perché è umanizzazione delle nostre relazioni.
A questo il Padre ci chiama. Benedire i propri figli e insegnare loro a fare altrettanto, è cosa bella che rende la vita più bella e più buona. La benedizione ci rende capaci di passione che grida Abbà, Padre! Anche se lo sappiamo appena balbettare questo nome, noi balbettiamo perché piccoli e figli. Va bene così, è bello così! Con questa parola di benedizione noi entriamo in comunione col Padre, lo facciamo esistere come tale. Rivolgere la parola al Padre è farlo esistere, è donare la vita a Dio dopo averla da Lui ricevuta. Benediciamo e ritorniamo ad essere figli del Padre nostro che è nei cieli.
Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.
Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore
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Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11, 25-27
In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Parola del Signore.