p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 17 Giugno 2023

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Giurare è chiamare Dio a testimone della propria veridicità. Spergiurare, in ebraico, è giurare in-vano, giurare nel nulla, invece che in Dio.

È peccato perché si chiama colui che è a testimone di ciò che non è (vero). I giuramenti e le promesse in nome di Dio, vanno mantenuti per non disonorare chi si è chiamato a testimone.

Questo ci dice il libro dei Numeri 30, 3: Quando uno avrà fatto un voto al Signore o si sarà obbligato con giuramento ad una astensione, non violi la sua parola, ma dia esecuzione a quanto ha promesso con la bocca. 

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Così il Deuteronomio al capitolo 23 versetto 22: Quando avrai fatto un voto al Signore tuo Dio, non tarderai a soddisfarlo, perché il Signore tuo Dio te ne domanderebbe certo conto e in te vi sarebbe un peccato.

Gesù vieta di giurare, perché la parola deve essere di per sé vera, mezzo di comunicazione e di comunione. Diversamente è falsa, mezzo di dominio e di divisione. E in questo non giurare va rispettata sia la terra come il cielo, sia Gerusalemme luogo della dimora di Dio.

Anche la nostra testa non può essere oggetto del nostro giuramento, perché non è nostra ma di Dio.

Su nulla si può giurare perché qualunque giuramento facciamo noi chiamiamo in causa Dio.

La nostra parola non può chiamare a testimone Dio, ma deve testimoniare Dio. Il nostro parlare deve essere sempre di più, o tendere sempre di più, ad essere come il parlare di Dio, che è un parlare che è trasparenza del cuore.

La verità vi farà liberi, ci dice s. Giovanni.

Ci dice il Siracide: Sulla bocca degli stolti è il loro cuore, i saggi invece hanno la bocca nel cuore. Noi non dobbiamo fare come lo stolto, che ha il cuore sulla bocca, ma come il saggio, che ha la bocca sul cuore.

Cosa sarebbero i nostri rapporti interpersonali, familiari, comunitari, sociali, politici, nella chiesa se la nostra parola fosse così? Il mondo diventerebbe un paradiso.

La lingua è come il timone, ci dice s. Giacomo (3,5), governa la barca. Può condurre in porto, oltre ogni burrasca; può anche distruggere ciò che nel porto è già.

Nel libro dei Proverbi troviamo scritto: morte e vita sono in potere della lingua e chi l’accarezza ne mangerà i frutti (18,21).

Diciamo noi: ne uccide più la lingua che la spada.

  1. Giacomo aggiunge: se uno non manca nel parlare, è un uomo perfetto (3, 2).

Gesù prende occasione dal divieto di spergiurare per dire di non giurare affatto e per restituire alla parola il suo valore.

La menzogna del serpente portò la morte nel mondo, la parola di Dio riporta la vita.

La parola ascoltata e detta, è il principio della vita dell’uomo: con essa capisce, interpreta e trasforma la realtà. Se è comunicativa, vera e liberante, è divina: ci unisce ai fratelli e ci fa figli di Dio. Se è possessiva, menzognera e intesa a catturare, è diabolica: ci divide dagli altri e ci relega nelle tenebre della solitudine.

Al giorno d’oggi, i mass-media tendono ad usarla come trappola per accalappiare intelletto e volontà. Il suo uso perverso è il male peggiore, proprio perché tende a togliere la capacità di intendere e di volere, la libertà.

Il maligno è menzogna. La menzogna, spesso, ha bisogno di molte parole, per confondere e persuadere. L’imbroglione è sempre un abile comunicatore, che cerca di avere in mano l’altro dicendo il minimo di sé, possibilmente niente. La politica poi è da sempre l’arte dove il sì diventa no e viceversa, secondo il proprio vantaggio.

Nel moltiplicarsi, inoltre, le parole perdono il loro significato e sono ridotte a fragore assordante e assurdo, senza senso.

La parola è origine di ogni bene se è sì al sì e no al no; è principio di ogni male se è no al sì e sì al no!

Ad ogni parola, poi, dovrebbe precedere e seguire il silenzio: se facessimo silenzio, forse qualcosa capiremmo ancora! La capacità di silenzio ci ridarà la vita!?!

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