La relazione di coppia, come la relazione con la vita nata, come il nostro rapporto con i beni non può prescindere da una dinamica di amore e di perdono.
Noi che siamo più abili a prendere lui e lei, ma non a comprenderlo/a; noi che possiamo fare all’amore dimentichi che amare è tutt’altra cosa; noi siamo più disposti ad idolatrare le leggi del mercato più che a usare il mercato per l’uomo; ebbene, noi, siamo chiamati a divenire cristiani sovvertendo questo modo di essere e di agire nefasto e omicida. Basta con le riforme, ci vuole la rivoluzione dell’amore e del perdono. Riformare le leggi del mercato è solo un modo per togliere i diritti conquistati di giustizia e di equanimità, solo per salvare il mercato e le sue leggi nefaste e fraternicide.
“Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri; vieni e seguimi!”, è il passo oltre la giustizia. La giustizia è già un passo alto del rapporto con gli altri e con le cose, ma questo passo, lascia il passo all’amore come passo ben più alto e più comprensivo di tutta la realtà.
C’è una cosa che compie giustizia ed è la morte. Nudi siamo usciti dal ventre di nostra madre e nudi ritorneremo alla terra. Porteremo con noi solo noi stessi. Il precetto del Signore di lasciare tutto lo compiremo almeno una volta in vita nella morte, portando con noi il vero tesoro che non sono le ricchezze accumulate, ma quella vendute e condivise. Se siamo figli non possiamo non vivere i beni come doni da condividere con i fratelli.
Accumulare significa rendere schiavi noi stessi dell’egoismo e divenire fratelli schiavi della miseria. Saremo liberi solo se sapremo usare i beni a servizio dei fratelli, coscienti del fatto che questo è l’unico modo per non essere usati dai beni e schiavizzati ad essi. Il grande inganno è proprio l’attaccamento ai beni: rovina la vita e il mondo. È la brama delle ricchezze il principio di tutti i mali. La vediamo tutti i giorni la distruzione che crea tale brama per il mondo.
I beni del mondo non sono il fine a cui sacrificare la vita propria e altrui. I beni sono il mezzo che serve per vivere da figli e da fratelli, con piena libertà senza lasciarci condizionare. Ciò che teniamo in proprio ci divide dagli altri, ci rende sospettosi e diffidenti degli altri. Ciò che doniamo ci unisce, crea un ponte, avvicina, apre la porta della relazione e della condivisione. Non è tutto ma è un passo essenziale per potere camminare sulla via della condivisione.
I beni materiali sono in sé benedizione e vita a condizione di viverli bene condividendoli con libertà. Sono invece maledizione e morte se accumulati in modo ossessivo e compulsivo.
Cosa ci chiede in fondo Gesù se non di accogliere il dono di essere uomini liberi. Gente che si serve di tutte le cose invece di servirle ed esserne asserviti dalle stesse? Siamo figli non servi del creato: nel momento in cui con esso serviamo i fratelli manifestiamo l’apice della nostra libertà.
Se possedere e accumulare è dunque distruggere la radice stessa della creazione, divenendo violenza per appropriarsi dell’altro e delle cose; condividere è aprire le porte alla fraternità di ciò che siamo e di ciò che abbiamo ricevuto in dono.
L’uomo maturo e completo, dunque, è colui che concretamente vive tutto come dono ricevuto e donato. L’amore per la ricchezza e per il possesso danneggia i fratelli e uccide la nostra identità. La libera condivisione di quanto siamo e abbiamo, diventa motivo di crescita della fraternità e concretizzazione della nostra identità. In altri termini diventa la nostra professione di fede nel Padre e vita di quanto preghiamo nel Padre Nostro.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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