“O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Così, all’inizio di questo capitolo del vangelo di Luca, prega al tempio il fariseo. Lui non è cieco, lui è un giusto, lui è un fedele alla Legge, lui sta bene in piedi davanti a Dio. Lui davanti a Dio non è giustificato.
“Gesù allora disse: “È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: “Siamo ciechi anche noi?”. Gesù rispose loro: “Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane”; così Gesù al capitolo nono del vangelo di Giovanni evidenzia la vera cecità dopo avere donato la vista al cieco nato.
Mi pare che il problema non sia il vedere o il non vedere ma il non vedere credendo di vedere e giustificando il nostro vedere grazie al non vedere degli altri, dei ciechi, del pubblicano al tempio. Siamo alle solite: pensiamo di potere gestire il male del mondo eliminandolo da noi e addossandolo al prossimo. Il risultato è che ci illudiamo di non essere nel male, ci autogiustifichiamo e ci neghiamo la possibilità di vedere, di vedere con gli occhi veri, con gli occhi di Dio. Ci neghiamo di vedere oltre l’apparenza, non potendo penetrare così nelle profondità delle cose e della vita.
La negazione del nostro bisogno di luce e di vedere è la nostra vera cecità. Da questa cecità neppure Gesù ci può guarire perché noi diciamo che noi vediamo, così che il nostro peccato rimane.
Nel brano di oggi tutti sanno che quel tale seduto lungo la strada a mendicare era cieco. Lo sapevano gli altri e lo sapeva lui. Sa di essere cieco, per questo agisce da cieco. Sente passare un gruppo di gente strano, non abituale. Per questo chiede che cosa succede. Appena gli dicono cosa succede è come dargli fuoco, comincia ad urlare. Urla come il pubblicano al tempio. Il pubblicano al tempio urla sottovoce il suo disagio, il cieco lo urla ad alta voce. Entrambi si rivolgono a Dio, l’uno a Dio Padre e l’altro al Dio Figlio. Entrambi chiedono pietà e perdono per i propri peccati, il primo, e semplicemente pietà, il secondo. Pietà che specificherà, il cieco, essere richiesta di vederci di nuovo.
Il cieco che chiede luce, da cieco vede, pur non vedendolo ma udendo la sua presenza, nell’umile Pellegrino il Figlio di Davide. Quel Davide da cui sarebbe disceso il Messia.
Il cieco guarda in alto, proprio da cieco, affinando l’orecchio e tendendo tutti i suoi sensi. Leva gli occhi, ma è cieco. Ma levando gli occhi chiede la vista, quasi volendo mostrare i suoi occhi bui a Gesù.
Era seduto lungo la strada. A forza di urla si fa condurre da Gesù. Si alza in piedi come lo storpio e come la donna ricurva: sta ritto e chiede risurrezione e vista. Nell’incontro l’uomo cieco vede di nuovo Colui che non vide fin dall’inizio. Da Dio l’uomo accecato da se stesso si nascose perché era nudo e timoroso. Ora si mostra a quello stesso Dio e chiede di vederlo di nuovo, chiede di non nascondersi più, chiede di non avere più paura del Padre Nostro che è nei cieli.
Non vede più il Dio dell’antico testamento, terribile e vendicatore dei giusti, ma vede il Padre delle Misericordie che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Gesù continua ad essere il Verbo creatore del Padre. Dio disse: Sia la luce! E la luce fu! Gesù dice: “Abbi di nuovo la vista. La tua fede ti ha salvato! Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio”.
Tu Signore sei luce alla mia lampada, lampada ai miei passi. Perciò accolgo il tuo invito, o Signore: “Svegliati o tu che dormi nell’illusione del tuo essere giusto; destati dai morti tu che sei morto dentro; Cristo ti illuminerà facendoti vedere la tua cecità; evidenziando la trave nel tuo occhio che ferisce la tua capacità di vedere, e rendendoti di nuovo capace di vedere.
Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me: che io veda di nuovo!
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM