p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 15 Luglio 2020

“Queste cose” i piccoli le sanno accogliere, i sapienti no. Sembra che il vuoto sia l’elemento più adatto per potere accogliere le novità.

Il pieno spesso risulta ripetitivo, sicuro di sé e dei propri risultati. Il pieno di fronte alla crisi reagisce mettendo in campo tutte le sue forze per salvaguardare quanto ha conquistato e quanto è. Il vuoto di fronte alla crisi si lascia inondare dalla stessa.

Al di là del vuoto o del pieno, della piccolezza o della sapienza umana, mi pare importante evidenziare che l’accoglienza della crisi diventa terreno fertile e fecondo. L’accoglienza della crisi ci rende piccoli e ci libera dalle nostre presunte sicurezze. L’accoglienza della crisi muove il cuore all’ascolto perché possiamo comprendere. Lo sguardo ritorna a guardare ciò che sembra così evidente ma che non riuscivamo più a vedere. L’abbandono delle nostre sapienze apre vista e udito alla Luce che viene nel mondo e alla Parola che si fa carne. Accogliere la Luce ci rende capaci di riscoprire il nostro essere figli di Dio. Ascoltare la Parola ci rende adatti all’essere inseminati e a generare, in tal modo, il Salvatore, oggi.

Per la nostra umanità è sapiente chi comprende e sa. Il piccolo è malvisto e disprezzato. Eppure certe cose le coglie il piccolo. Chi più del malato di demenza senile sa cogliere un gesto di attenzione e di bontà? Sembra di ritornare a quando eravamo piccoli, bambini. Chi più del rifiutato sa cogliere un gesto gratuito di bontà nei suoi confronti? Quando noi siamo capaci di cogliere un gesto di amore? Non certo quando siamo pieni e autosufficienti. Il gesto di amore lo cogliamo e lo apprezziamo e lo capiamo nel momento del vuoto che non necessariamente si identifica col momento di difficoltà.

Nel vuoto riusciamo a scorgere “queste cose”, vale a dire il rapporto stretto e di amore tra Padre e Figlio. Il rapporto Trinitario lo cogliamo lì, non durante le nostre prosopopee. Per questo è tempo di silenzio per potere fare emergere la nostra piccolezza e la nostra fragilità. Lì si apre la porta all’accoglienza della vita vera.

Noi, al di là di ogni apparenza, non sappiamo come vanno le cose. Noi siamo intelligenti e sapienti nel momento in cui riusciamo a dirigere le cose come vogliamo. A noi questo sembra essere un punto importante per la nostra umanità, mentre invece è solo un punto di passaggio. Se ci fermiamo lì, siamo bloccati nella vita e dal potere sulla vita che ci sfugge di mano. L’andare oltre questo momento che tutti attraversiamo significa entrare in quella piccolezza, in quel vuoto, che apre il cuore alla sapienza della Croce e alla relazione di amore e di comunione tra il Padre e il Figlio, grazie allo Spirito, e dunque tra Loro e noi.

Dio Padre è tale perché tutto dà, non perché è onnipotente o onnisciente. Dio Figlio è tale perché tutto perde per noi e si fa uomo, non perché Lui sapeva già tutto facendo finta di essere divenuto uomo. Dio Spirito è tale non perché potente ma perché sempre amore e suscitatore di amore nei nostri cuori.

Questo siamo chiamati ad accogliere: il dare e il ricevere è la vita. La vita non è il prendere e il conservare, ma, appunto, il dare e ricevere, il condividere, il pane nostro quotidiano, nostro e non mio. Non prendere rubando i doni di Dio nella creazione, ma accogliere come dono da condividere. In questa piccolezza sta la sapienza della Croce.

Allora possiamo cogliere come la conoscenza sia semplicemente amore e sia possibile solo grazie all’amore. Amore: questa cosa indefinita e bistrattata, incompresa e usata, che vela spesso la verità di ciò che siamo e viviamo. Amore da svelare, amore che non è una cosa mia, sarebbe egoismo travestito da altruismo, ma è cosa nostra, “queste cose” appunto.

Accogliere questa sapienza perché svuotati dalla nostra è la via della salvezza che ci rende capaci di accogliere le beatitudini, il dono del compimento della Legge e dei Profeti. Ci rende capaci di ascoltare il Signore che ci dice “seguimi” e di chiedere a Lui di seguire noi per potere guarire e sanare e risuscitare.

La parola e realtà Abbà è la nostra eredità, se accettiamo di essere figli. Al di là di ogni ricchezza c’è la bellezza della dignità del figlio. Il piccolo la conosce e la vive pieno di passione e di vita, per questo vive di dono, vive di grazia, vive di vita, quella vera.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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