Quanto è grande il bisogno di essere ben visti e benvoluti nella nostra esistenza di cristiani. Quanto ci teniamo poi a che il potente di turno possa avere una buona impressione di noi. Quanto teniamo al fatto che il vescovo, il prete, il marito e la moglie, l’amico e il confratello abbiano una buona idea di noi. Quanto immoliamo sull’altare dell’“essere visti” quando facciamo il bene. Quante volte, anche nelle nostre comunità cristiane, si compiono delle scelte in nome della volontà di Dio per salvare il salvabile, per bene apparire, perché gli altri possano avere una buona idea di noi. Quante volte un capo ci fa una bella proposta, anche a fin di bene, perché gli altri possano avere fiducia di noi o possano avere una buona concezione di noi.
Tutte cose belle e socialmente utili. Tutte cose che tradiscono il vangelo. Quindi: tutte cose che vanno contro la persona, la sua libertà, la giustizia a cui è chiamata.
Gesù lo dice chiaramente: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”. Qual è la ricompensa del Padre? L’uomo realizzato è la gloria di Dio. Quale la ricompensa davanti al Padre, davanti a qualsiasi padre, se non il fatto che i propri figli siano felici e liberamente realizzati. È chiaro, secondo Cristo, che questo non è via percorribile fino a che agiremo per essere ammirati dagli uomini. Fino a che cercheremo uno sguardo benevolo a tutti i costi, sguardo benevolo che non fa schifo a nessuno, noi saremo schiavi dell’altro e della sua approvazione. Approvazione che non dipende dalla bontà di quello che siamo e che facciamo, ma dal come noi sapremo presentare quanto siamo e quanto facciamo.
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La nostra giustizia è la giustizia di Dio, è la sua volontà. La giustizia di Dio è un corretto rapporto con i fratelli, con il Padre e con le cose tramite tre gesti: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Gesti buoni se non fatti per essere sotto lo sguardo dell’altro ma semplicemente felici perché sotto lo sguardo di Dio.
Noi siamo sempre sotto l’occhio di qualcuno. Stare sotto gli occhi di Dio significa vivere secondo la verità dell’essere figli e dunque fratelli. Stare sotto gli occhi dell’altro, significa ricercare sempre e comunque la sua approvazione fino a che la nostra vita non diventa un inferno di menzogna. Noi compiacciamo l’altro, ma nel momento in cui lo compiacciamo noi entriamo in un circolo illusorio dove ciò che vale è come l’altro ci vede. Accontentando lo sguardo dell’altro noi ci aspettiamo che l’altro prima o poi ricambi o cambiando o ridonandoci indietro fiducia e comprensione. Ma questo normalmente non funziona. L’altro diventa fonte di delusione e dalla delusione alla rabbia il passo è corto. L’altro diventa nostro nemico, non più nostro fratello.
Compiere dei gesti di carità, di preghiera e di digiuno, con libertà, semplicemente perché ne siamo convinti, ci fa crescere perché ci immette in una dinamica di gratuità dove ciò che facciamo, lo facciamo dimenticandoci di averlo fatto, lo facciamo quasi dicendoci “non l’ho fatto apposta”. Così ci possiamo sentire fratelli e figli, nella giustizia del Padre, perché come da Lui abbiamo ricevuto gratuitamente così noi doniamo gratuitamente. Non facciamo nulla per ingraziarci nessuno, neppure il Padre.
L’ingraziarci qualcuno, Dio compreso, è un atto di ingiustizia e di mancanza contro la volontà di Dio. A quel Dio a cui interessano i figli, a quel Padre che è più interessato alla libertà dei propri figli che non a una rettitudine morale che è dei figli dell’ipocrisia e che altro non è che manifestazione velenosa di ipocrisia.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM