p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 15 Aprile 2022

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Il fallimento di una vita! Oggi celebriamo questo: Dio ha fallito secondo gli uomini.

Un fallimento che scaturisce dal dono totale di sé. Il sangue, simbolo di morte, è divenuto simbolo di vita, simbolo di dono.

Il sangue è il dono della vita di Dio a noi. Da cruento diventa realtà di pace. Non più sangue sarà versato senza che tutto sia raccolto da Dio perché nessuna goccia di vita vada più persa.

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Sangue dell’uomo, sangue della creazione. Sangue che non ha alcuna riconoscenza, dono di vita che è tale perché dono fatto da Dio all’uomo, perché dono fatto con gratuità, perché dono fatto con un’unica risonanza nell’uomo: quella del fallimento.

Tutto ciò è inaccettabile, ma ancor più tutto ciò è incomprensibile.  Eppure la croce, che è stoltezza per i Greci e scandalo per i Giudei, è espressione più alta della sapienza di Dio.

Quel Dio che è stato venduto come schiavo, il cui prezzo sono trenta monete d’argento, e come schiavo è morto. Lui che si è fatto schiavo, a nostra insaputa, è stato trattato da schiavo divenendo servo in tutto per amore dell’uomo.

Tanti sono i dolori da contemplare, tanti sono i momenti macabri e sadici da passare, ma ciò che siamo chiamati a lasciare entrare nel nostro cuore non è tanto questo, quanto invece il dono di amore gratuito che possiamo riscoprire nel dono di Gesù.

È il suo sacrificio, non nel senso che rinuncia a qualcosa o cerca il dolore. È il suo sacrificio nel senso che compie cosa sacra. E la cosa sacra è proprio questa: il dono di sé fino alla morte e alla morte di croce.

O ritroviamo questo atto sacro nella passione, oppure diventa solo cosa macabra e di cattivo gusto. Allora sì che i crocifissi dovrebbero toglierli da ogni locale. Ma se è dono sacro, allora i crocifissi dovrebbero continuare a riempire le nostre strade, le nostre case, le nostre vite.

Grazie, Signore, perché non solo ci hai detto che non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Grazie perché lo hai fatto e hai donato la tua vita per noi.

E non si è tirato indietro. Questo il senso della morte di Gesù: non si è tirato indietro.

La croce non è un caso. Non è un caso il fatto che lui sia stato crocifisso, perché è Lui che non si è tirato indietro. Voleva donare la propria vita per tutti, e non si è tirato indietro.

Lui che metteva al centro non la Legge ma Dio; Lui che metteva al centro non il rispetto per delle norme ma l’uomo. Lui che cercava il sorriso dei bimbi, Lui che cercava le mani rattrappite. Lui che cercava piedi che non si muovevano più e gambe paralizzate. Lui che cercava sguardi persi e volti spenti. Lui che cercava occhi spenti e occhi che cercavano Lui. Lui che cercava carezze e lacrime di donne da condannare, Lui che cercava pietre da lasciare cadere di mano. Lui che cercava … Lui che cercava … non si è tirato indietro.

Sapeva che questo suo cercare era percepito come un cercare pericoloso, ma non è tornato indietro. Non è tornato indietro e non si è lasciato fermare. Troppa era la sua passione per l’uomo e per il Padre, da potersi lasciare fermare. Non si è lasciato fermare neppure quando lo invitavano a scendere dalla croce: non è sceso! È rimasto fedele sul legno dei malfattori compagno dei silenziati, compagno di chi è lontano, compagno dell’abbandonato, compagno di passione quando il cielo si fa buio.

Lui, cuore massacrato, non è sceso. Lui cuore squarciato non è sceso. Lui cuore rotto, simboleggiato già dal vaso di nardo rotto da Maria a Betania, non è sceso. Il suo cuore si è rotto e il profumo di nardo dell’amore di Dio si è espando per tutta la casa di Dio, che è poi la creazione intera. Ma Lui non è sceso e non si è tirato indietro. Su tutto e su tutti ha vinto la sua passione per noi umani. Di fronte a tanta passione non ci rimane che fermarci. Fermarci e contemplare il fatto che non è vero che non si sa più cosa sia l’amore. Fermarci e contemplare che più forte della morte è l’amore. Non c’è morte che tenga. Lui si è rotto e da allora il profumo amorevole del cuore di Dio, si espande su tutta la terra.

Il suo cuore si ruppe e con il suo si ruppe il cuore del centurione, il cuore dei soldati, il cuore dei discepoli, il cuore di coloro che vedevano da lontano.

Contemplando il cuore rotto di Gesù non può che sgorgare la preghiera di colui che è in croce con Lui, di coloro che sono aperti ad andare in croce con Lui perché anche il loro cuore, rotto, possa espandere il profumo dell’amore di Dio: “Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno!”.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM